L’Isola di Calore Rurale

foto F. Bottini

Inizia ufficialmente l’estate col paese spazzato da ondate di temperature spaventose. Il servizio Meteorologico Nazionale avverte di «caldo estremamente rischioso» in grado di arrostire 160 milioni di persone sotto una cappa che si estende dal Midwest alla Costa Orientale, per il resto della settimana. E si è già dimostrata fatale. È il primo assaggio di temperature estreme per le città nord-orientali, ma in altre zone del paese come il Texas il forno si è acceso già a maggio. L’Alaska ha emesso da poche settimane la sua prima storica ordinanza anti caldo. Le previsioni parlano di altri sforamenti di massime per tutta l’estate. Le stagioni si fanno più calde, man mano sale la temperatura del pianeta. Cambiano il clima e l’intensità dei fenomeni, la frequenza, l’anticipo.

Ma non si tratta di problemi concentrati là dove normalmente si ritiene debbano manifestarsi gli effetti più vistosi. Temperature più elevate della media significano più emergenze e ricoveri là dove rappresentano un divario più avvertibile, ovvero nelle regioni più fresche. Compresa l’Alaska o il Nord-ovest Pacifico, dove in genere non si superano mai i 26 gradi e nella maggior parte delle case non esiste l’aria condizionata. Adesso si rileva che fra le zone più colpite di fatto da caldo estremo ci saranno quelle rurali. Uno studio di Headwaters Economics e Federation of American Scientists individua oltre la metà delle circoscrizioni statistiche rurali del paese, dove abitano undici milioni e mezzo di persone, come «a vulnerabilità elevata» non specificamente per le sole temperature elevate ma per i rischi impliciti del collocarsi fuori dalle grandi città. Il termometro non la racconta tutta su chi subisce di più le temperature estreme, né la raccontano le immagini, tutte dalle arroventate città. Ma dobbiamo comprendere ciò che causa disagio per contribuire a salvare vite.

Il dibattito ruota sempre attorno all’effetto isola di calore urbana. Cemento, asfalto, acciaio, vetro, nelle dense aree metropolitane agiscono come spugna che assorbe i raggi del sole. La temperatura è intrappolata dall’inquinamento atmosferico dei veicoli, fabbriche, impianti, e in più l’aria rovente accelera la formazione di altri inquinanti come l’ozono. In una calda giornata estiva un’area cittadina centrale può risultare più calda fino a oltre 7 gradi rispetto alla fascia circostante. E ciò significa ovviamente un enorme carico sulla concentrazione di abitanti. Ma se usciamo da questi nuclei centrali, man mano l’edificazione si fa più sparsa e via via la regione diventa rurale, non finiscono comunque i problemi e i pericoli del caldo estremo.

Un fattore determinante: l’età media della popolazione rurale è superiore a quella delle città. Una variabile che pesa, perché fisiologicamente parlando un anziano fatica assai più di un giovane a rapportarsi con le temperature elevate. Nelle zone rurali i tassi di malattie croniche che aumentano il rischio, dalla pressione alta all’enfisema, sono più elevati. Altro fattore di vulnerabilità sono le infrastrutture. Insomma magari più alberi e terreni coltivati a rinfrescare l’aria, ma gli edifici sono meno isolati e moderni, inadeguati ad affrontare il cambiamento climatico. Particolarmente esposte le case prefabbricate e mobili, che qui sono molto diffuse. In Arizona, nella Maricopa County, dove sta anche Phoenix, le case mobili rappresentano il 5% del totale ma pesano per il 30% sul totale dei decessi da caldo in ambiente chiuso.

Certo ci sono ventilatori e condizionatori, ma i redditi più bassi significano una quota maggiore di spesa in elettricità rispetto ai residenti delle città, più del 40%: stare al fresco è meno abbordabile. Sempre che l’elettricità ci sia: qui è maggiore il rischio di blackout da reti vecchie, o semplicemente da alberi caduti. Secondo l’Ufficio Censimento, il 35,4% delle famiglie nelle zone rurali ha subito una interruzione di energia nell’anno, contro il 22,8% delle aree urbane. L’insediamento sparso è anche più povero di spazio pubblico, dalle biblioteche a un banale centro commerciale, dove ci si possa rifugiare in un caldo giorno estivo. Si lavora di più all’aperto, e non esistono regole federali sulle temperature. Lavoratori nei campi, nell’edilizia, nelle consegne, sono tra i più esposti al calore, con oltre 40 decessi l’anno in media per le temperature estreme.

Mancano anche infrastrutture sanitarie. «Esiste una crisi di lungo periodo della sanità rurale» commenta Grace Wickerson, esperta della Federation of American Scientists. Difficile trovare subito un centro qualificato per le emergenze di questo tipo. «E in caso di colpi di caldo occorre intervenire nel giro di pochi minuti» conclude Wickerson. I pompieri di Phoenix hanno iniziato a usare in emergenza l’immersione nel ghiaccio quando trasportano pazienti agli ospedali, per guadagnare tempo prezioso. Cosa più difficile da farsi in una ambulanza di area rurale. «In Montana, dove non si era mai verificata alcune emergenza caldo, non esistono strumenti sui mezzi e non si sa cosa fare nel caso. Qualcuno deve essere trasportato molti chilometri per l’assistenza a un colpo di caldo, e sicuramente le sue condizioni peggioreranno».

Gli interventi di emergenza nelle aree rurali sono più lenti, fino a 25 minuti e oltre. Incidono anche i redditi più bassi e il tipo di assicurazioni sottoscritte. Per non parlare degli ospedali che chiudono. Così quando il caldo colpisce è facilissimo far collassare il sistema per eccesso di domanda. Usando i dati del Center for Disease Control and Prevention e quelli dell’Ufficio Censimento, Wickerson e altri studiosi hanno ricostruito il modo in cui le variabili in campo convergono a determinare una crisi da cambiamento climatico. Rilevando come altamente vulnerabili il 59% delle circoscrizioni statistiche urbane, e il 54% di quelle rurali, che secondo i criteri standard di valutazione esprimeranno anche più problemi da caldo estremo. Quindi abbiamo zone magari più fresche ma in cui la popolazione residente è esposta più o meno ai medesimi rischi di quelle calde, e che poi geograficamente sono assai più estese.

Insomma le isole di calore urbane galleggiano su un oceano di calore rurale assai vulnerabile. Certo esistono modi per ridurre i pericoli delle elevate temperature in queste grandi regioni, ma non sono né facili né economici. Ci vogliono investimenti in infrastrutture – dalle reti energetiche agli spazi pubblici e verdi, al migliore isolamento degli edifici, all’impiantistica i rinfrescamento. Va invertita la crisi del sistema sociosanitario rurale, la carenza di operatori, di ospedali, di strutture di emergenza. Ma pare che le intenzioni di spesa della maggioranza Repubblicana vadano nella direzione diametralmente opposta, tagliando la sanità a milioni di americani, chiudendo ospedali specie nelle aree di campagna.

Tutelare i cittadini dal pericolo delle ondate di caldo è una questione politica. Gran parte degli Stati è ancora priva di misure di tutela dei lavoratori in queste situazioni estreme. La Occupational Safety and Health Administration sta cercando di elaborare le prime norme federali in materia perché le imprese forniscano almeno pause, acqua, ombra, all’occasione. Ma non è chiaro cosa succederà visto che l’amministrazione Trump tende a indebolire ogni regola. Anche le amministrazioni locali cittadine e non possono imporre norme, come il divieto di staccare l’elettricità anche in caso di inadempienza contrattuale durante le ondate di calore, analogo a quanto già in vigore nel caso dei mesi invernali. Ma esistono limiti a ciò che si può fare in termini di adattamento. Anche là dove esiste una lunga tradizione di gestione del caldo atmosferico crescono ospedalizzazioni e decessi. Ciò vuol dire che è indispensabile sia agire sugli effetti, sia operare nella riduzione delle emissioni di gas clima alteranti per rallentare almeno il cambiamento climatico.

da: Grist, 28 giugno 2025; Titolo originale: It’s not just the cities. Extreme heat is a growing threat to rural America – Traduzione di Fabrizio Bottini

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