Il vertical farming rappresenta un pensiero propositivo verso la sostenibilità urbana attraverso una maggiore sicurezza alimentare. Le popolazioni cittadine già hanno di fronte problemi di approvvigionamento, e i prezzi si impennano a causa dei costi dei carburanti, della scarsità d’acqua, consumo di suolo, degrado degli habitat. Gli attuali metodi di rifornimento alimentare delle città hanno gravi problemi sia economici che ambientali, a partire dall’inefficienza del trasporto su lunghe distanze. Rispondendo a queste questioni, la vertical farm produce in modo efficiente e sostenibile risparmiando energia, acqua, carburanti, riducendo gli inquinamenti e contribuendo alla tutela degli ecosistemi, oltre a creare nuove attività e posti di lavoro. Si è verificata una rapida crescita del modello di coltura verticale a dimensioni contenute, progetti che costituiscono ottimi esempi di riuso di edifici industriali dismessi.
La vertical farm dunque è un’occasione per operare su tre capisaldi della sostenibilità: ambiente, società, economia. Offre un modello di produzione alimentare sostenibile a coprire tutte le stagioni dell’anno senza interruzioni e interferenze del cambiamento climatico o eventi estremi (uragani, siccità, alluvioni). Può aumentare enormemente la produttività per unità di superficie (1:4–1:6, a seconda del tipo di coltura). Coltivare high-tech riduce la pressione sull’acqua potabile. Efficienza nell’irrigazione gestita agendo direttamente sulle radici e contenendo l’evaporazione. Si riciclano le acque di scarico (bianche, grigie, nere) e si sfruttano le precipitazioni piovose. Nel caso di integrazione con l’itticoltura, gli scarti vengono riciclati dal pesce in sistema chiuso. La vertical farm può produrre energia grazie al metano da compost, come negli esempi del Plant Vertical Farm a Chicago o in Sud Corea la VF.
Confrontata all’agricoltura tradizionale quella verticale riduce la necessità di uso dei combustibili fossili come carburante per macchine nel campi e nei trasporti. Si calcola che in Nord America si consumi il 20% dei carburanti di origine fossile per arature, seminagioni, raccolti, fertilizzazione e via dicendo. Con la vertical farm si può ridurre la distanza di trasporto promuovendo processi di produzione-consumo locale. Come già citato l’agricoltura convenzionale richiede spostamenti dei prodotti in media di oltre duemila chilometri. Quella verticale riduce anche la necessità di confezione degli alimenti per quei trasporti a lunga distanza.
La coltura indoor non dipende dagli effetti del cambiamento climatico che invece si fanno avvertire in quella tradizionale con le maggiori temperature, la disponibilità di acqua, l’intensità luminosa. Fattori che possono ridurre le rese, basta pensare alle distruzioni dovute alle siccità in tutto il mondo. Si tratta di un metodo che si rivelerà importante per la sicurezza alimentare man mano gli effetti del cambiamento climatico si manifesteranno nelle città. Ricordiamo come l’impianto Gotham Greens si sia dimostrato l’unica fonte affidabile per la fornitura di prodotti freschi a New York durante l’uragano Sandy. Tra gli altri vantaggi della vertical farm l’essere ambiente ideale su misura per migliorare le rese di certe colture. Le tecnologie avanzate (il cui costo sta rapidamente calando) come l’illuminazione LED, possono fare molto in questo senso ottimizzando la fotosintesi di varie specie. L’organizzazione in verticale tecnologicamente avanzata libera dai parassiti, riduce e tendenzialmente elimina la necessità di fertilizzanti minerali, erbicidi, pesticidi, azoto, fosforo, causa di tanto degrado ambientale da inquinamento.
La vertical farm contribuisce a rinfrescare l’ambiente, sequestrare CO2, ridurre l’Isola di Calore Urban, contrasta il cambiamento climatico. Aiuta a ridurre il fabbisogno energetico necessario a rinfrescare ambienti indoor d’estate e ridurre le emissioni di anidride carbonica. Contribuisce anche ad assorbire i rumori dato che la vegetazione riduce il rimbalzo sonoro. Vegetazione e suolo agiscono insieme nell’isolamento acustico. Nel caso vengano anche applicate le colture sui tetti i rumori si riducono ulteriormente assorbendo le elevate frequenze di traffico, aeroplani, meccanismi vari in funzione.
Tra i vantaggi socioeconomici quello di creare occasioni di lavoro. Costruire una vertical farm ri chiede competenze multidisciplinari, dagli architetti, agli ingegneri, studiosi di vari campi, coltivatori, orticultori, ambientalisti, esperti di mercato, economisti. Saranno necessarie competenze ingegneristiche nelle branche industriali, meccaniche elettriche, per progettare il riciclo d’acqua, l’illuminazione, riscaldamento, ventilazione, condizionamento, il controllo dalla seminagione al raccolto. Esperti di computer per costruire le banche dati e le applicazioni di programma. La vertical farm apre vere e proprie stimolanti nuove opportunità di esperienza professionale in biochimica, biotecnologie, costruzioni, gestione-manutenzione di impianti complessi, marketing, ingegneria, ricerca e sviluppo a orientamento tecnologico. Per non menzionare gli esperti di robotica e programmatori. L’edificio multiuso che comprende anche strutture commerciali e di distribuzione garantisce anche tutti i posti di lavoro connessi a quelle attività.
La coltura verticale è anche una occasione di relazioni sociali urbane in grado di creare e rafforzare rapporti sia di lavoro che oltre, unendo produttori e consumatori. C’è il vantaggio per gli operatori di potersi rivolgere direttamente al consumo sviluppando queste relazioni. La vertical farm ha un ruolo importante nell’istruzione e informazione sulla propria attività tecniche e prodotti rivolto ai cittadini. Ad esempio, Gotham Greens a New York invita spesso gruppi di studenti e cittadini interessati a cicli di conferenze. La nostra buona salute dipende dalla qualità dei prodotti freschi che consumiamo e la coltura verticale pensa soprattutto ad una produzione biologica e locale. Argina ed elimina la trasmissione di infezioni che piaga l’agricoltura tradizionale coi suoi prodotti che veicolano batteri spesso pericolo per milioni di abitanti. Dato che la produzione non avviene su un normale suolo meno probabilmente sarà contaminata come avviene con la terra e l’acqua di irrigazione dell’agricoltura tradizionale. I prodotti della vertical farm sono particolarmente ricchi di sostanze nutritive. L’avvicinare i cittadini in qualche modo alla natura con gli impianti urbani contribuisce a ridurre lo stress e ha positive influenze psicologiche.
A tutti questi elencati potenziali vantaggi vanno però aggiunti gli innegabili problemi e ostacoli all’attuazione dei progetti. La ricerca ad esempio rileva come esista una resistenza collettiva ad accettare in massa l’allontanamento dall’agricoltura convenzionale, che sarebbe quella per così dire naturale per produrre alimentazione umana. Ma l’argomento centrale contro la vertical farm è coltivare in quel modo al chiuso richieda grandi quantità di energia e risorse rispetto alla produzione tradizionale. Riassumendo «È più costoso costruire una serra sviluppata in altezza o una normale?». Despommier riconosce che i costi di una vertical farm siano elevati, specie quelli iniziali, e auspica interventi pubblici di sostegno ai progetti. La sfida sembrerebbe quella di raccogliere capitali di investimento: un impianto di quel tipo per essere sostenibile deve garantire profitto.
Le grandi città sono la collocazione ideale per questi impianti grazie alla vicinanza di grandi quantità di popolazione e mercati di distribuzione. Ma qui emerge la questione economica perché il terreno edificabile è molto costoso. Basta pensare a quanto sono valutati gli immobili nelle zone centrali di Hong Kong, o Melbourne, o Sydney, o Londra e via dicendo, per capire le difficoltà finanziario-commerciali. Ma abbiamo già accennato come in alcune città come New York o Chicago esistano grandi quantità di edifici inutilizzati che possono essere riconvertiti al vertical farming. Progetti come The Pant a Chicago, Illinois, o AeroFarms a Newark, New Jersey.
Certo appare più economicamente conveniente destinare gli edifici ad attività residenziali, commerciali, o amministrative rispetto alla coltivazione. E quindi una direzione per il futuro potrebbe essere quella di accrescere la produttività e profittabilità della vertical farm. «Se la resa per unità di superficie indoor diventa molto molto più elevata delle attività di coltura, anche fino a cinquanta volte tanto, questo arriva a ripagare i costi iniziali di acquisizione del terreno … e immaginandosi produttività del genere possiamo calcolare in 6-7 anni il tempo per arrivare a fare dei profitti». Superando così l’ostacolo di partenza, per acquisto o affitto. Altra barriera è l’impossibilità di alcune produzioni: oggi ci si limita a lattuga, pomodori, fragole, e in quantità minori ad altro dalla soia all’uva. Anche le quantità sono relativamente piccole. È stato rilevato come esista un grosso squilibrio tra la produzione delle vertical farms e i loro bacini di utenza, con tana popolazione residente e sottoservita, concludendo che almeno per il prossimo futuro gli alimenti in cià dovranno continuare ad essere importanti da zone rurali lontane.
Per ragioni economiche, accade che la maggior pare degli impianti produca e distribuisca cose prelibate ai ristoranti preferiti alla popolazione locale. Mentre parallelamente prodotti a basso valore aggiunto come i cereali vengono trascurati. Da qui la ragione delle basse quantità e limitata gamma. Complessivamente pochi volumi, specie se li paragoniamo a quelli degli «sterminati territori» delle colture tradizionali. E investire in quella direzione appare complesso e costoso. Altro limite è quello della scarsa disponibilità di energie rinnovabili, dal fotovoltaico all’eolico, che rende difficile non appoggiarsi alla rete cittadina. Solo ciò che si colloca lungo il perimetro o in cima all’edificio può approfittare dell’irraggiamento solare, e per questo appare importante organizzare spazi e colture in modo che possano a rotazione collocarsi ad approfittare della luce naturale.
Di conseguenza, sinora per questo non esistono torri grattacielo vertical farm, nonostante tutti gli sforzi progettuali in quesa direzione si resta al tavolo da disegno. Despommier immagina una soluzione affermando che «La produzione alimentare nelle torri può funzionare solo simulando processi ecologici, e più precisamente riciclando in modo efficiente materiali organici, acqua, scarichi da attività umane ritrasformati in acqua potabile».
Conclusioni
Esiste una enorme quantità di ricerche e progetti pilota a dimostrare il potenziale della vertical farm in quanto idea, prototipo, produzione teorica. Esiste il potenziale di svolgere un ruolo fondamentale nella sostenibilità alimentare delle aree urbane. Un aspetto sostanziale se pensiamo a un futuro di popolazione in crescita esponenziale delle città. Queste colture tecnologiche hanno numerosi vantaggi rispetto a quelle delle zone rurali, considerate secondo i tre criteri base della sostenibilità: ambiente, società, economia. I nuovi metodi di coltivazione, idroponia, aeroponia, acquaponia, aggirano in gran parte la necessità di un suolo di coltura per tanti prodotti. Gli avanzamenti nella gestione delle serre, dai sistemi meccanizzai multilivello, al riciclaggio, illuminazione LED, energia solare ed eolica, batterie di accumulazione, droni e computer, applicazioni software, banche dati e Internet delle Cose, probabilmente convergeranno entro un unico filone produttivo nel futuro prossimo. Esiste sempre più la necessità di ricerche interdisciplinari e collaborazioni a promuovere una diffusa riflessione e sperimentazione per la vertical farm.
Forse in un futuro lontano esiste anche la possibilità di sviluppare sistemi totalmente automatizzati. Che ipoteticamente anche integrati alla grande città potrebbero nutrirne l’intera popolazione. Ma oggi occorre pensare invece ad aumentare la fattibilità economica e commerciale e il ritorno degli investimenti. C’è la necessità di ricerche sui vari tipi e dimensioni degli impianti di coltura verticale. Occorre studiare approfonditamente secondo una analisi dell’intero ciclo di vita degli impianti della loro produzione degli impati ecc. quanto e cosa possa portare sul medesimo piano delle colture tradizionali.
La riuscita del modello vertical farm dipenderà non solo dalle innovazioni tecnologiche ma anche dai contesti locali dentro cui si vengono a collocare, dalla domanda delle popolazioni per alcuni prodotti, dalla compatibilità e disponibilità di lavoratori, dalle condizioni operative. Altri fattori di grande importanza sono una efficace struttura organizzativa e gestionale. Innovazione, costanza, apertura, sono fattori critici di iniziative che si avventurano di fatto in un campo totalmente inesplorato. Nel mondo globalizzato la concorrenza può essere spietata ma chi emerge può anche approfittare del vantaggio acquisito. Per questo occorre perfezionare il modello gestionale-commerciale, adeguandolo a un mondo caratterizzato da crescente complessità, non-linearità, reti di scambio glocal. Secondo l’Instituttet for Fremtidsforskning di Copenhagen «I leader innovativi del futuro non sono necessariamente coloro che stanno alla guida con idee nuove, ma soprattutto coloro che sanno individuare personalità e idee di avanguardia, promuoverne organizzazione e contesti di sviluppo». Cresce comunque l’interesse per la vertical farm anche a causa degli effetti del cambiamento climatico, con la riduzione progressiva delle superfici coltivabili, con la crescita della popolazione che quelle superfici dovrebbero alimentare.
Resta un ulteriore ostacolo: quella specifica crescita di popolazione dei paesi in via di sviluppo. Esistono in quei paesi tecnologie e competenze indispensabili per attuare progetti di vertical farm? Si tratta di paesi poveri. Si può riuscire a rendere i prodotti delle colture verticali accessibili a chi è povero? Molte di queste popolazioni abitano lo slum, i deserti alimentari, lontani dalla vita moderna. Come è possibile rendere disponibile la produzione di una vertical farm alla popolazione dello slum? E concludendo, l’efficacia di qualunque iniziativa dipenderà da molteplici fattori locali, dal rapporto domanda-offerta di prodotti alimentari, da densità e composizione delle popolazioni urbane, dagli sviluppi tecnologici, da culture e abitudini alimentari, dalla disponibilità di acqua ed energia, dalle condizioni climatiche.
Prospettive di ulteriore ricerca e sperimentazione
Il vertical farming cresce rapidamente, e questa rassegna ha potuto a malapena descriverne alcuni aspetti, di un percorso che è e sarà lungo e complesso. I progetti descritti possono essere considerati riassuntivi di alcune varianti di modelli. Ma altri studi dovrebbero approfondire per esempio le caratteristiche di altri: Green Sense Farms (Portage, Indiana e Shenzhen, in Cina), AeroFarms (Newark, New Jersey, Metropolis Farms (Filadelfia), Plenty (San Francisco) VerticalHarvest (Jackson, Wyoming), Lufa Farms (Montreal, Canada), VertiCropTM (Vancouver, Canada), e un interessante progetto ancora senza nome a Suwon, in Corea del Sud. Un altro ambito di ricerca per il futuro potrebbe riguardare le tecnologie specializzate e i sistemi di coltura indoor. L’idroponico si articola in diverse branche, Nutrient Film Technique (NFT), Wick System, Water Culture, Ebb and Flow (allaga-prosciuga), Drip Feed System e Aeroponic Systems. Occorre inoltre esplorare e valutare vantaggi e svantaggi delle varie tipologie di vertical farm. Di particolare importanza il rapporto tra sistemi avanzati e paesi in via di sviluppo dove la loro applicazione potrebbe presentare problemi economici, con l’obiettivo di individuare tecniche attuabili: dal riciclaggio che riduce la dipendenza dalla risorsa acqua, allo sfruttamento di quella piovana, alla valorizzazione della luce naturale e dell’energia da fonti rinnovabili.
da: Buildings, Vol. 8 n.2, febbraio 2018; The Vertical Farm: A Review of Developments and Implications for the Vertical City – Traduzione di Fabrizio Bottini – Sul sito della Rivista il testo originale e integrale completo sia dei paragrafi omessi in questa versione italiana sia dei Riferimenti bibliografici, sia degli schemi grafici tabelle figure che meglio illustrano alcuni passaggi logici. Qui la Prima e la Seconda parte di questa versione in italiano