Per fare il burro non mungiamo le mucche ma l’atmosfera terrestre

foto F. Bottini

Il burro sin dall’antichità è circondato da un’aura magica. Molte culture lo consideravano dotato di proprietà divine, e nei tribunali contro la stregoneria fino al XVII secolo veniva usato come prova inconfutabile di magia nera. Da allora se ne sono scoperte scientificamente le qualità chimiche, ma oggi ne esiste una nuova versione di grasso decisamente extraterrestre: prodotta dai gas serra. Gli scienziati di Savor, azienda fondata nel2022, hanno sviluppato un metodo per convertire quei gas in molecole di grasso, e poi in burro, secondo quanto affermano essere «il percorso più efficiente, resiliente, meno inquinante conosciuto». L’obiettivo è produrre grassi sostenibili senza usare animali o piante, contenendo consumo di suolo ed emissioni che pesano il 12% sul totale. Savor parte dall’anidride carbonica o metano naturali e attraverso un processo termochimico ne ricava del burro, sego, addirittura del gelato. Non è l’unico caso di conversione alimentare del gas. Novozymes, del grande gruppo Novo Nordisk, e Air Protein, usano entrambe un sistema di fermentazione che converte CO2 in proteine, e anche AIR Vodka viene prodotta dall’anidride carbonica.

La CEO di Savor, Kathleen Alexander, definisce quesa filiera aria-cibo «un nuovo paradigma», ma il concetto non è affatto nuovo: durante a seconda guerra mondiale la distruzione dei sistemi di approvvigionamento obbligò il governo nazista a sperimentare la produzione di «burro dal carbone». Mettendo in pratica conoscenze scientifiche perfezionate nei primi anni del ‘900 sulla sintesi chimica applicata alla medicina, all’alimentazione, ai carburanti. Savor prende spunto addirittura da conoscenze e pratiche di ricerca per alternative al burro dell’epoca di Napoleone III, quando i chimici francesi sperimentavano le prime margarine. Alla Savor si pensa anche all’insicurezza alimentare, spiega Alexander, di fronte a «trasformazioni irreversibili» che potrebbero anche incidere sulla nostra capacità di sopravvivenza: «Cosa potremmo inventare per far sì che nel 2100, su un pianeta radicalmente cambiato dal clima, la nostra specie continui a prosperare?».

Calcola che almeno il 5% delle emissioni di gas serra si debba alla produzione di grassi e oli alimentari. Scaricare le superfici di suolo dalla pressione agricola può ridurre l’inquinamento e la deforestazione, a aprire la strada a grandi riassorbimenti di gas serra, in cui le aree naturali sequestrano anziché emettere CO2. Sulla base di uno studio di due fondatori Savor, pubblicato da Nature Sustainability nel 2023, sintetizzare grassi alimentari in laboratorio dimezza la CO2 rispetto a quella della produzione tradizionale di burro. Calcolando l’anidride carbonica ricatturata (come a volte fa già Savor) e lo sfruttamento di energie rinnovabili (come oggi ancora non si fa), secondo gli Autori si potrebbe anche arrivare a un burro a emissioni zero.

Anche se i calcoli sono esatti, a Savor resta comunque da convincere abbastanza persone a comprarlo e consumarlo quel burro sintetico, per non parlare dell’ingresso dentro mercati sedimentati da tanto tempo, e produrre in quantità tali da costituire un’alternativa valida, continuando a contenere al minimo le emissioni. E non è certo una cosa facile ed economica. Savor sinora ha raccolto più di 33 milioni di dollari, anche da Bill Gates, che investe molto in alimentazione e agricoltura alternative. «Non sarei in grado di distinguere il burro sintetico da quello naturale» dichiara molto convinto in un video promozionale. Michael Hansen, esperto ricercatore alimentare di Consumer Reports, contesta l’utilità effettiva di investire in questi esperimenti di biotecnologia, che richiedono poi di costruire intere nuove filiere di produzione e distribuzione, quando quelle copiose risorse finanziarie potrebbero essere meglio messe a frutto migliorando sistemi agricoli esistenti, promuovendo pratiche come l’agro-forestazione, o la diversificazione delle colture, in grado di sequestrare anidride carbonica e migliorare la resilienza ai disastri ambientali.

Juan García Martínez, ricercatore della Alliance to Feed the Earth in Disasters, nota quanto occorra considerare con la massima cautela i grandi riallineamenti di sistema proposi da Savor. «Mancano conoscenze sufficienti sugli effetti economici per i lavoratori dell’agricoltura». Ma il percorso di Savor verso le scansie dei negozi alimentari è iniziato. L’anno scorso, il suo burro ha superato l’ostacolo degli esperti di sicurezza alimentare e potrà essere commercializzato negli Stati Uniti. Aspetta l’autorizzazione della Food and Drug Administration. Secondo la CEO Kathleen Alexander si può concorrere alla pari su prezzo e sapore col burro comune. Magari può essere difficile convincere i consumatori a cambiare, soprattutto col montante scetticismo verso gli alimenti troppo manipolati «con una immagine negativa» commenta Elaine Khosrova, autrice di Butter: A Rich History. «Ma viste tutte le crisi che attraversiamo sul pianeta credo sia importante mantenere una mentalità aperta».

da: Mother Jones, giugno 2025; Titolo originale: Scientists Are Ditching Cows to Make Butter From Greenhouse Gases – Traduzione di Fabrizio Bottini

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