L’anno scorso, gli elettori di San Francisco sono riusciti a fare qualcosa che sembra davvero straordinario nella nostra America drogata di automobili: si sono chiusi tre chilometri di strada panoramica realizzando un parco sulla spiaggia a cui possono accedere solo pedoni corridori o ciclisti. Naturalmente subito alcuni abitanti inferociti dei quartieri lungo quella ex arteria di traffico hanno tentato di invertire quella decisione premendo sul Consiglio comunale perché «risolva il problema della congestione di traffico nelle trasversali»: nonostante i rilievi sui tempi degli spostamenti in realtà parlino di pochissimi minuti in più da quando la panoramica è stata chiusa. Sembra emblematica, questa battaglia nella Città sulla Baia, di una tendenza di tutto il paese. Mano mano si diffondono i mezzi a propulsione elettrica, cresce l’idea di investire massicciamente in nuove infrastrutture — cioè strade, autostrade, parcheggi — per mantenere lo status quo gerarchico secondo cui le automobili contano più delle persone. Ma c’è anche il parallelo mercato delle e-bike a impennarsi — secondo parecchie ricerche molto più di quello delle auto elettriche — e a segnalare un’alternativa di mobilità assai più ambientalista. La questione è quindi cosa faranno gli amministratori delle città: ancora scatenarsi in trasformazioni urbane auto-centriche, o ripensare gli spazi in modo tale da promuovere il passaggio dalle quattro ruote alle due?
Sia le città che gli Stati del paese stanno prendendo alcuni provvedimenti per adeguare le infrastrutture esistenti a chi preferisce pedalare. Si abbassano i limiti di velocità per le auto, si costruiscono piste dedicate, accessi regolamentati, interventi per evitare che alcuni quartieri e zone vengano esclusi o penalizzati. Tutto questo è molto progredito a partire da una decina d’anni fa, visto che sino a tempi piuttosto recenti non si pensava proprio ad alcuna regola per le e-bikes, spiega Leigh Ann Von Hagen, responsabile del Voorhees Transportation Center alla Rutgers University. «Pare che in tutti gli Stati si sia letto quel messaggio» ovvero che in qualche misura la bicicletta elettrica poteva servire ad ogni fascia di età. Genitori che possono portarsi in giro i bambini anche caricati su qualche massiccio rimorchio. Pendolari che vanno e vengono da casa al posto di lavoro. Consumatori che caricano le borse piene di spesa sul pianale. O anziani che inizialmente dubbiosi sulla propria capacità di gestire una bicicletta tradizionale, si affidano a quella elettrica invece di guidare. «Mio zio in Tennessee ha iniziato a usare la e-bike quando è andato in pensione e non aveva nessuna voglia di prendere l’auto solo per andare a fare qualche commissione» ricorda Von Hagen.
Oltre a ridurre le emissioni — di quanto dipende da quante biciclette elettriche si sostituiscono alla mobilità automobilistica ma si calcola grosso modo di un 12% — ci sono anche i vantaggi per la salute perché comunque le persone fanno più moto. Meno auto significa anche meno inquinamento e quindi ancora più salute collettiva. Perché anche le auto elettriche a modo loro inquinano: più pesanti di quelle a motore, inducono gli pneumatici ad emettere molte più microplastiche (anche se per esempio la frenata in sé inquina meno) dannose per l’aria e l’acqua. Se l’automobilista elettrico può provare ansia perché il veicolo arrivi a destinazione con la carica, col pedalatore di e-bike l’ansia diminuisce. Anziani e persone con problemi vari di salute hanno tradizionalmente evitato la bicicletta perché temevano gli mancasse l’energia sufficiente a raggiungere la propria meta, specie se c’erano di mezzo delle salite. Ma quando l’autonomia di una e-bike supera di gran lunga quella di qualunque spostamento medio (una decina di km) l’ansia può anche spostarsi direttamente ai ciclisti tradizionali che usano la propria energia. «Parlando con le persone scopriamo come sfruttino la modalità eco a basso consumo, o tengano addirittura spento il dispositivo, finché stanno in pianura, cambiando sul massimo appena si arriva ad una pendenza» spiega Jessica Bourne, ricercatrice di mobilità attiva all’università di Bristol nel Regno Unito. «Per dirla come uno degli intervistati: con la bicicletta elettrica si spiana lo spostamento».
Il potenziale di sostituzione delle auto con le biciclette a propulsione assistita lo si capisce paragonando l’utenza a quella delle bici tradizionali. Sulla e-bike si può lasciarsi portare dal motore, e quindi consumare meno calorie. Ma le ricerche mostrano che chi le usa va molto più lontano, e quindi finisce per fare altrettanta attività fisica. Detto in altri termini: mano fatica ma più tempo di esercizio nel fare commissioni. «Se calcoliamo la maggiore frequenza e durata, e le distanze coperte, si passa più tempo in sella, e su base settimanale si consuma più energia – continua Bourne – ecco il potenziale di sostituzione dei veicoli a motore».
E sono parecchi gli studi che mostrano quanto si stiano sostituendo spostamenti in auto con quelli in e-bike. Man mano le città riescono a rendersi più bike-friendly, sono sempre di più le persone che scelgono le due ruote: tra il 2009 e il 2014, sono raddoppiati gli spostamenti pendolari sia in bicicletta tradizionale che elettrica a New York City e Washington D.C., anche grazie alle migliori infrastrutture. Raddoppiate anche le vendite di e-bike in tutto il Nord America tra il 2018 e il 2021. (e ahimè anche gli incidenti stradali che coinvolgono biciclette e monopattini elettrici soprattutto a causa delle carenze infrastrutturali). In contesti dalla grande tradizione ciclistica come l’Olanda — dove in media una persona pedala un migliaio di km l’anno nonostante il freddo invernale — si dimostra quanto incida il contesto sui comportamenti di mobilità. «Noi in Olanda usiamo dire che non esiste il brutto tempo, ma solo l’abbigliamento sbagliato» commenta Joost de Kruijf, ricercatore al Dutch Cycling Intelligence. «Superata una certa soglia di abitudine a spostarsi in bicicletta tutto diventa normale».
Ma la vera sfida sono i prezzi ancora piuttosto elevati di una e-bike — da un migliaio di dollari fino a dieci volte tanto — che la rendono fuori portata proprio per chi potrebbe avvantaggiarsene di più. Persone a bassi redditi che così potrebbero accedere a posti di lavoro migliori con una bici elettrica, spiega Bourne, viste le maggiori distanze che si possono percorrere. O i giovani che potrebbero scegliere scuole non raggiungibili a piedi o coi mezzi pubblici. Problemi noti soprattutto dove le persone vivono senza auto e senza buoni mezzi pubblici, e riassunti dagli studiosi nel concetto di transport poverty. La soluzione, dice Bourne, sta nei sussidi all’acquisto di una e-bike. In California, per esempio, si garantiva un contributo di 2.000 per i redditi più bassi, anche se quel programma al momento non accetta più nuove richieste. Anche la città di Denver offre qualcosa di simile. «Se si deve far bene al pianeta e ridurre il numero di auto nelle strade, perché non si danno sussidi alle biciclette elettriche come si fa con le automobili elettriche? – si domanda Bourne – mi pare una cosa tanto ovvia».
In realtà, gli studi mostrano una efficacia identica tra i due filoni di incentivi, in entrambi i casi con una tonnellata di anidride carbonica in meno per ciascun dollaro, almeno secondo calcoli effettuati in British Columbia. «La grande differenza sta nel fatto che gli incentivi per le e-bike portano oltre a quello parecchi altri vantaggi» secondo Alex Bigazzi, ricercatore di ingegneria dei trasporti e programmazione all’Università della Columbia Britannica. «Mentre con le auto elettriche ci sono delle controindicazioni, perché si sostiene l’uso dell’auto e l’incremento del traffico, degli ingorghi, degli stili di vita sedentari, maggiori costi per le infrastrutture». (alcuni ricercatori chiamano tutto questo effetto rimbalzo: la gestione di un veicolo elettrico costa meno di uno a motore e questo fa aumentare le distanze percorse).
In uno studio appena pubblicato Bigazzi rileva che i sussidi alle e-bike in Columbia Britannica hanno allungato le distanze percorse di 40 km la settimana riducendo l’uso dell’auto di 15 km. Riducendo le emissioni da trasporti del 17% l’anno, e facendo crescere del 13% l’attività fisica. L’amministrazione di Denver sostiene che il proprio programma di sostegno all’acquisto abbia contribuito al taglio di 250.000 km complessivi la settimana percorsi in auto. Secondo gli esperti le città potrebbero anche iniziare a pensare alla e-bike come estensione della propria rete di trasporto pubblico in condivisione. «È un grande vantaggio per tutti spostare qualcuno da origine A a destinazione B senza dover guidare e parcheggiare un’auto» commenta Kendra Ramsey, della direzione di California Bicycle Coalition. «Esistono tutti i motivi per qualche genere di sostegno pubblico come avviene per il trasporto collettivo, cosa che potrebbe aumentare moltissimo le persone utenti».
da: Grist, 1 ottobre 2025; Titolo originale: E-bikes could cut carbon, congestion and costs – if cities take them seriously – Traduzione di Fabrizio Bottini



