Urbanistica a Bari tra le due guerre mondiali: una «bibliografia ragionata»

«Le opere del Regime a Bari nell’Anno VI», Il Popolo d’Italia, 27 novembre 1928

«Chi vuol ricercare il motivo della impressione provata dai forestieri, che ora vengono a Bari, e del senso di meraviglia con cui gli stessi baresi seguono il movimento di rinnovazione e di trasformazione della vita di questa città, deve riportarsi per un momento alla mentalità che informava l’azione di governo cittadino fino alla instaurazione in Bari della istituzione fascista del Podestà, avvenutasi con l’assunzione a tale magistratura di S.E. di Crollalanza. … Bari – salita per lo sviluppo demografico dai 34 mila abitanti del 1800 ai 151 mila del 1926 e agli attuali 180 mila circa dopo la recente aggregazione di alcune frazioni – ha ritratto tale espansione intrinseca ed estrinseca quasi totalmente dall’attività individuale dei cittadini, sospinti e premuti dalla energia – che può dirsi nativa – di questa città, il cui destino di grandezza è segnato dalla sua posizione. Era naturale, anzi necessario, che il trapasso della potestà civica nelle mani di un fascista come S.E. di Crollalanza, segnasse l’avvento lo spirito della rivoluzione fascista … In un primo tempo, compiutosi nel V Annuale della Marcia su Roma, furono realizzate … Compimento della sistemazione del primo tratto del Lungomare “Nazario Sauro”, magnifica passeggiata a mare, con la creazione di quattro bellissimi giardini, e per la spesa di oltre un milione. … In questo primo tempo furono gettate le basi solide e sicure di altre opere pubbliche, le quali si sono venute compiendo nel secondo tempo che si chiude in questo VI Annuale … Nuovo edificio destinato a sede del R. Istituto Commerciale al Lungomare “Nazario Sauro”. … Prolungamento e sistemazione del lungomare “Nazario Sauro”, di seguito al primo tratto già precedentemente compiuto, con relativa grande rotonda saliente nel mare, con la spesa di oltre un milione. … Queste sono le opere compiute … ma occorre aggiungere che altre ve ne sono in corso di compimento per parte del Comune, ed altre compiuto o in corso di compimento per parte di altre Amministrazioni pubbliche o di altri enti o di privati. … Ora, chi voglia concepire in una sintesi tanta molteplicità e grandiosità di opere, non potrà non sentire nell’animo il profondo ed imponente ritmo, col quale Bari – dall’avvento del Podestà – si è lanciata nel vortice febbrile di volontà e di lavoro. Quando si pensi che il processo evolutivo delle realizzazioni dovrà concretarsi nell’avvenire ininterrottamente e gradualmente nella … sistemazione integrale della costiera urbana, col prolungamento del Corso Trieste fino a S. Cataldo e con la congiunzione del Lungo Mare “Nazario Sauro” al Corso Venezia coronante le antiche mura sul mare … quando si pensi a tutto ciò si sarà trasciti, non senza commozione, a considerare quanta potenza creativa sia contenuta nella nuova civiltà fascista».

Alfredo Violante, «Bari la città più nuova d’Italia», L’Economia Nazionale, gennaio-febbraio 1935

«Bari vecchia caratterizzata dalla mancanza di aria e di luce, tanto le case, anche quando diventano palazzo, si addossano l’una all’altra, ha vie strette e contorte e le piazze poco ampie; Bari nuova è tutta piena invece di aria e di luce, e sulle strade lunghe e larghe, sulle piazze ampie e luminose, corrono parallelamente case e palazzi, cheise ed edifizi, poco alti e spaziati per una area di oltre 2 milioni di metri quadrati … Se … lo storico volesse attentamente esaminare lo sviluppo della città, troverebbe che le più alte curve del progresso sono segnalate nell’ultimo periodo borbonico e in quello fascista, mentre nel periodo di mezzo, dalla unità nazionale alla guerra, il progresso si svolge più lentamente» (p. 64). «Mussolini ha posto e risolto il problema di Bari e della Puglia come problema nazionale: indica Bari “anello di congiunzione fra l’Occidente e l’Oriente, strumento della pacifica espansione italiana nel Mediterraneo ed oltre”. … Araldo Di Crollalanza in questa crociata di giustizia e di progresso pone la sua operosità la sua intelligenza e la sua gloria nel creare il nuovo volto di Bari così come l’ha intuito la genialità di Mussolini» (p. 65). «Dalla marcia su Roma al settembre 1934 si sono … eseguiti o iniziati lavori in Puglia per un ammontare di circa due miliardi e 100 milioni dei quali circa un miliardo e mezzo a carico dello Stato per opere marittime, idrauliche, edilizie, di bonifiche, di costruzione e sistemazione stradale, per ricostruzione di paesi terremotati e per l’Acquedotto Pugliese. A questa cifra veramente imponente ha attinto specialmente Bari per darsi il nuovo volto di metropoli mediterranea e per assumere l’onore e la responsabilità della funzione nazionale che il Regime le assegna in questa grande ora storica» (p. 66).

«In un giornale umoristico … a Bari ebbe buon successo di propaganda una vignetta che disegnava un cittadino montato su un’altissima scala … e che dall’ultimo piolo di essa dichiarava: Ho scoperto che a Bari vi è il mare. Oggi invece … nel 1932, il lungomare recinge la città dalla zona del vecchio macello fino a San Francesco all’Arena per una lunghezza di circa chilometri cinque. Su di esso nei magnifici vesperi pugliesi una fiumana di gente si riversa cercando il ristoro tanti anni anelato» (p. 69). «Lo Stato, gli organi provinciali e comunali, gli enti, le organizzazioni di qualsiasi specie e i privati cittadini sono in gara per dare a Bari una sempre crescente magnificenza. La Provincia costruisce il suo Palazzo, l’Acquedotto Pugliese la sua sede, il Ministero delle Comunicazioni il suo Palazzo delle Poste e Telegrafi su … un’area di quattromila metri quadrati; le organizzazioni sportive vedono inaugurato il loro Stadio della Vittoria capace di 30 mila posti, la organizzazione scolastica ha nuovi edifizi, mentre i privati sui meravigliosi lungomare, nell’interno della città elevano superbi palazzi» (p. 70).

«Nell’ottobre del 1925 – quasi dieci anni or sono – il Duce ricevendo le rappresentanze baresi diceva: Bari è una delle più grani città del Mediterraneo, e, nel giro di pochi anni raggiungerà certamente il mezzo milione di abitanti. Essa non è una cittadina parassita, poiché tutti lavorano e producono. Me ne sono convinto fin da quando, parecchi anni fa, visitai la città che definii, nella sua parte nuova, la Torino delle Puglie. Si può dire di Bari ciò che si dirà di Genova, che pur essendo una città marinara, non ha il mare. Perciò il problema dello sventramento risponde, oltre che ad esigenze di carattere sociale, anche alle necessità del commercio, per il quale occorre che le vie scendano al mare» (p. 78).

Angela Colonna, Fotografie di Francesco Mezzina, Architetture a Bari nel ventennio fascista, Capone Editore, Lecce 1997 [Per il periodo fino al 1930 e l’ampia contestualizzazione nel dibattito urbanistico nazionale, Livia Semerari, Una vicenda urbana. L’architettura a Bari dal 1900 al 1930, Schena editore, Fasano (BR) 1990]

«Negli anni Trenta, a Bari come nelle altre città d’Italia, si realizza un grande numero di edifici pubblici. Il programma di lavori pubblici è nelle intenzioni del governo fascista uno strumento politico per compiere la sostituzione dei vecchi ceti liberali, operando l’accentramento nelle scelte strategico-finanziarie. Araldo Di Crollalanza, protagonista delle vicende politiche locali e ben inserito nella vita politica nazionale (nel 1926 è nominato Podestà di Bari, nel 1928 riceve l’incarico di sottosegretario al Lavori Pubblici) è promotore della intensa politica di opere pubbliche a Bari al fine di compiere una rapida e radicale modernizzazione della città e degli strumenti di gestione nella cosa pubblica, con l’intento di integrare i bisogni della città e dell’imprenditoria locale con le esigenze dei grandi gruppi industriali nazionali. Questa delle opere pubbliche viene considerata da Di Crollalanza “spesa produttiva” anche negli anni della crisi economica. Infatti tali interventi fungono da calmiere alle tensioni provocate dal problema della disoccupazione e appaiono la soluzione alternativa all’emigrazione. Tuttavia le opere di costruzione di nuovi servizi e degli edifici direzionali non hanno inciso in maniera efficace e duratura per la soluzione del problema sociale meridionale» (p. 26).

«Tra gli interventi statali di questi anni rientra il programma di opere pubbliche promosso dal Ministero delle Comunicazioni. Anche a Bari, tra il 1931 e il 1934, viene realizzato il Palazzo delle Poste e Telegrafi. Il progetto è dell’architetto romano Roberto Narducci, autore anche del coevo edificio postale di Savona» (p. 27).

«Nella pianificazione della città, a partire dall’Ottocento, la spiaggia di levante viene considerata un’area adatta a svolgere funzioni a scala urbana per il tempo libero e di verde attrezzato. L’idea di definire il limite a mare con un parco è stata una costante delle diverse proposte …. La grande Esposizione Murattiana, programmata per il 1913 per il centenario della fondazione del borgo e poi non più realizzata per la crisi economica … sarebbe stata allestita sulla spiaggia di levante. Il piano Veccia del 1918 prevede un quartiere residenziale per la piccola e media borghesia a villini immersi in un api parco a uso dell’intera città. L’ingegnere Amedeo Lovri progetta, nelle due versioni del 1923 e 1924, un quartiere giardino. Una zona, quindi, per la quale i diversi progetti prevedono, volta per volta, spazi espositivi, verde attrezzato, residenza di tipo estensivo con attrezzature di servizio per il tempo libero. Le realizzazioni del lungomare monumentale, non in linea con tali proposte precedenti, è opera del ventennio. Tuttavia gli interventi che realizzano sul lungomare i principali edifici pubblici del ventennio vanno solo a concludere un processo di graduale occupazione edilizia di quelle aree di levante, iniziato già da tempo, e che aveva già compromesso la scelta espressa da molti progetti che, per circa un secolo, avevano confermato la vocazione a verde dell’area, pur con differenti impostazioni e per diverse destinazioni d’uso. Tra Ottocento e Novecento, per altro, cambia lo stesso rapporto della città con il mare. Dapprima fonte di guadagni ed elemento a forte valenza utilitaria, poi, con il ventennio, divenuto più astratto simbolo di mediterraneità e di congiunzione (politica ed economica) con l’Oriente, dove il regime indirizza le proprie mire espansionistiche-coloniali. La definizione del nuovo volto della città si applica, non a caso, alla costruzione dei due lungomari, con la teoria dei palazzi pubblici espressione del nuovo assetto amministrativo e direttivo del capoluogo pugliese» (p. 42).

[elenco edifici Lungomare Nazario Sauro]: Albergo delle Nazioni e case I.N.A., n. 11/27, Alberto Calza Bini 1932-35, inaugurato in corrispondenza della prima Fiera del Levante, costruito dall’I.N.A. e acquistato dal Comune; Palazzo della Provincia, n. 27, ingegnere capo provinciale Luigi Baffa 1932-35; Palazzo del Ministero dei Lavori Pubblici, n. 31/33, Carlo Vannoni (Roma) 1932-34; Caserma Comando IV Z.A.T. (Zona Area Territoriale), n. 35/39, Aldo Forcignanò con la consulenza di Saverio Dioguardi, 1932-35; Caserma dei Carabinieri Bergia, n. 41/45, Cesare Bazzani 1932-36.

«Lungomare Vittorio Veneto. Nel 1926 è approvato il progetto che prevede la realizzazione della strada litoranea che circonda il centro storico con una colmata a mare. Questo intervento crea un collegamento tra la parte di ponente e quella di levante della città, oltrepassando l’ostacolo del centro storico. Nel 1927 iniziano i lavori per la costruzione per colmata della strada litoranea di ponente, in un secondo momento prolungata fino al promontorio di S. Cataldo. Con questi interventi si inizia la realizzazione di un ininterrotto percorso monumentale lungo il quale sono allineati gli edifici pubblici del ventennio fascista e le mura della città antica isolata ed esaltata essa stessa come un monumento nel suo insieme» (p. 85).

[elenco edifici Lungomare Vittorio Veneto] Palazzo Ministero delle Finanze, Piazza Massari n. 48/52, Carlo Vannoni (vincitore dell’appalto-concorso del 1931 per l’ambientazione di fronte al castello svevo) 1932-34; Casa del Mutilato, Largo Fraccacreta n. 2, Pietro Favia 1935-40; Istituto Superiore di Scienze Economiche e Sociali, n. 2/4, Concezio Petrucci 1934-37; Edifici residenziali I.N.C.I.S., n. 6/8, ingegner Domenico Minchilli 1930-34; Liceo Ginnasio Orazio Flacco, n. 10, Concezio Petrucci 1932-33; Caserma “Macchi” della Regia Guardia di Finanza, n. 12, ingegner Vittorio De Bernardinis 1933-36; Caserma M.V.S.N. (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale), n. 20/22, Saverio Dioguardi 1934-37.

Mauro Scionti, «Sviluppo urbanistico tra Ottocento e Novecento», in AA.VV., Bari Moderna 1790/1990, numero monografico di Storia della Città, luglio-settembre 1989

«Con il fascismo, la crescente urbanizzazione – 114.754 abitanti nel 1921 e 196.347 nel ’36, quando Bari ormai assorbe il 20% degli abitanti della provincia – incrementa attività marginali nel settore terziario, commerciale e industriale, e determina una domanda di massa di abitazioni che entra presto in conflitto con un mercato delle abitazioni regolato ancora da criteri selettivi e dove l’iniziativa privata, favorita inizialmente dalla liberalizzazione del mercato delle locazioni e dall’esenzione dell’imposta sui fabbricati di nuova costruzione (1923), risponde con una fase espansiva senza precedenti, anche se non ai livelli dell’espansione demografica» (p. 57). … Altra faccia dell’impegno delle imprese edili locali emergenti, il cui intervento si dimostra discontinuo … è il settore delle opere pubbliche, di cui Araldo Di Crollalanza fu tra i più convinti sostenitori, anche se l’ampliamento del Porto (1916) e successivamente la costruzione del Policlinico e dei numerosi edifici sul lungomare, affidati in genere ad imprese non locali, furono tutti casi che diedero luogo ad accuse e risentimenti da parte degli interessi locali mortificati e ridotti ad un ruolo subalterno. Per le ambizioni della linea espansionistica sostenuta dal Podestà Di Crollalanza e da Vincenzo Vella, dal ’28 Commissario straordinario, il piano Veccia era già superato dalla varianti viarie, dall’ipotesi di un nuovo lungomare che, ridimensionato negli interramenti, si arricchiva di edifici pubblici e di rappresentanza, dall’ubicazione dello stadio e delle strutture annonarie tra via Napoli e il mare, del Policlinico al Picone oltre la ferrovia, del quartiere fieristico a S. Cataldo sull’area dei falliti cantieri navali, dall’espansione amministrativa della Grande Bari ad un più vasto territorio comunale, quando, alla fine del 1930, si affida a Petrucci l’incarico di redigere un nuovo piano regolatore. Nel piano, predisposto fin dal ’32, Petrucci propone una soluzione complessiva che individua ed organizza una rete viaria urbana diversificata, completa e razionalizza i quartieri periferici a sud e ad est, ed incentra il suo progetto sullo spostamento della stazione nelle aree di espansione lungo il prolungamento di corso Cavour, riprendendo idee già presenti nel dibattito culturale cittadino del 1918. … inviato a Roma, il piano fu respinto col pretesto dell’assenza del piano finanziario, quando questo fu disponibile, stralciate le somme previste per lo spostamento della ferrovia, si diede l’incarico all’ufficio tecnico di redigere una nuova planimetria che contenesse tutti i rilievi presentati dal Sindacato degli Ingegneri e degli Architetti. Adottato nel 1938, sarà respinto nel ’39 dalla Giunta Provinciale Amministrativa che così rinviava il problema a dopo la guerra» (p. 60).

Mauro Scionti, «I tecnici e l’architettura della città», in AA.VV., Bari Moderna 1790/1990, numero monografico di Storia della Città, luglio-settembre 1989

«Se i grandi edifici pubblici, per la più parte avviati tra il 1928 ed il ’34, con la loro dimensione ed il loro allinearsi a Bari sui nuovi lungomare, ed il quartiere residenziale ad est di Corso Cavour, sono i simboli ed i testimoni della città nuovissima del fascismo, ben più articolata e meno gratificante si presenta l’immagine delle atre località centrali e periferiche, ed in particolare di quelle interne al quadrilatero del murattiano, che inutilmente podestà e commissari straordinari cercheranno in eguale misura di rinnovare» (p. 82).

Marcello Petrignani, Franco Porsia, Bari, Laterza, Bari 1982

«Con l’avvento del fascismo a Bari si riaffermano tra le varie classi sociali i rapporti di forza e di alleanza già preesistenti alla guerra. Un nuovo e più stretto collegamento tra commercianti, borghesia terriera e imprenditoria industriale tende verso un sempre più aperto consenso nei confronti del regime. Ne risultarono una decisa attenuazione dei benefici ottenuti dai ceti poveri e dalla classe contadina nell’immediato dopoguerra, e d’altro canto … l’avvio di numerose opere pubbliche. Il progetto della strada litoranea tutt’attorno alla città vecchia che lambendo l’intera muraglia perimetrale dal fortino di S. Antonio al promontorio di S. Scolastica si congiungeva con il nuovo grande porto, veniva approvato dal Consiglio comunale già nell’ottobre 1919. L’importanza di questa strada consisteva nella completa emarginazione della città vecchia, che veniva intaccata anche nel suo assetto fisico interno … La realizzazione di questa strada fu però tenacemente avversata dalla Soprintendenza ai Monumenti per la Puglia ed il Molise e stralciata dal p.r., rielaborato nel 1923 dall’Ufficio tecnico comunale diretto dall’ing. Arrigo Veccia, ed approvato nel 1926. … A Bari, come in altre città capoluogo italiane emergenti, il consolidarsi del fascismo in regime comportò una cospicua espansione del settore terziario. … forse più che in altre di più consolidate tradizioni culturali, viene ad esprimersi con forza quella cosiddetta ““cultura fascista” che in campo urbanistico tende ad attribuire valori di “rappresentatività” alla città nel suo insieme … e di “monumentalità” alle nuove sedi degli organi dello stato» (p. 147).

«Il dato più rilevante della trasformazione fisica della città è la … costruzione della strada litoranea, a partire dal 1931, che circondò la città vecchia resa in tal modo “monumento come insieme”, percepibile dall’esterno, lungo un percorso altrettanto monumentale, in continuità con quello del lungomare Nazario Sauro che consentiva la fruizione, sempre dall’esterno, della palazzata a mare con gli edifici del regime. In questa operazione di riucitura globale dall’esterno della città si può riconoscere il dato saliente di questi anni di storia urbanistica barese. Per una volta, un processo di sviluppo e di crescita, sempre tutto volto all’interno, viene ribaltato ed esteriorizzato con una operazione, per quanto riguarda la trasformazione dell’ambiente, in un certo senso analoga agli sventramenti avvenuti negli stessi anni in altre città d’Italia» (p. 153).

Ennio Corvaglia, Mauro Scionti, Il piano introvabile. Architettura e urbanistica nella Puglia fascista, Dedalo, bari 1985

«nella relazione di Veccia al progetto del 1918 si può leggere: “Il fenomeno stesso dell’immigrazione nelle città per il crescente sviluppo delle industrie e del commercio, per gli uffici pubblici e le aziende private in continuo progresso è uno dei fattori di aumento costante della popolazione” [Arrigo Veccia, «Piano regolatore di ampliamento della città di Bari», La Rassegna Tecnica Pugliese, fasc. 7-8, 1918, p. 103]. … Il suo piano è … assai più articolato di quelli precedenti, pur riprendendo e ampliando vecchi temi. È importante notare come la rete stradale non fosse subordinata al semplice collegamento con i centri di produzione della provincia, ma rispondesse ad un criterio, tramite nuove arterie anulari, di riorganizzazione e definizione delle funzioni produttive del tessuto urbano. Il porto, la zona industriale, ‘edilizia pubblica, i servizi diventano elementi integranti, polmoni di una città che tende a comprenderli al suo interno in forma compiuta. … una complessa ipotesi che entro un disegno liberista e privatistico connetteva commercio e industria, espansione verso i mercati orientali e organizzazione di una base produttiva autonoma della città» (pp. 68-69). «il piano Veccia, tramite l’allargamento del perimetro urbano, aveva un implicito scopo di attenuare e frenare la lievitazione dei prezzi delle aree libere che sembrava costituire l’ostacolo maggiore ad una ripresa dell’attività edile ed in genere di quella economica» (p. 70). «Il terzo piano Veccia fu in pratica il risultato di un compromesso … Non più policentrismo, diversificazione dei polmoni vitali, articolata localizzazione di spazi per edifici pubblici, primi tentativi di una funzionale zonizzazione: l’intero disegno era impostato sulla base di una pura e semplice regolamentazione della viabilità» (p. 72).

Domenico Di Bari, Bari: vicende urbanistiche del centro storico (1867-1967), Dedalo Libri, Bari 1968

«L’idea di collegare Corso Cavour (e il progettato lungomare sulla cosiddetta spiaggia del filosofo, cioè l’attuale lungomare Nazario Sauro) ed i quartieri orientali della città, allora in via di sviluppo, con il porto, aggirando il Fortino di S. Antonio, mediante una strada litoranea ai piedi della Muraglia di Via Venezia, era contenuta nel terzo progetto di Piano Regolatore e di ampliamento della città approntato dal Veccia fin dal 1923. Ma la sua previsione dovette essere stralciata dal Piano, bloccato per l’intransigente opposizione ad essa della Soprintendenza ai Monumenti la quale giustamente riteneva doversi conservare lo status quo della muraglia lambita dal mare (anche perché il collegamento col porto era ampiamente assicurato dal lato occidentale della città vecchia). Approvato così il Piano Regolatore l’idea venne ripresa e, vinta alfine l’opposizione della Sovrintendenza, la strada litoranea fu costruita in breve volgere di tempo a partire dalla fine del 1931. Ovviamente il Petrucci non indicò nel suo piano questo lungomare che ha portato alla scomparsa di uno dei più suggestivi scorci offerti dalla città vecchia e che, una volta realizzato, ne fece di fatto cadere buona parte dell’impostazione viaria» (p. 41). «Con questo lungomare, che creò un precedente che si tentò e si tenta ancora di imitare da parte di altre città costiere della provincia … la città vecchia risultò intieramente circondata ed isolata da una grande arteria» (p. 42). [All’interno di una variante per la zona tra Piazza Ferrarese, Corso Vittorio Emanuele, Strada S. Benedetto, Strada Vallisa (arch. Pietro Maria Fava, dirigeste sezione edilizia e piano regolatore del Comune, R.D. 8 aprile 1939 n. 734) ha sanzione ufficiale la variante del nuovo lungomare Imperatore Augusto, già eseguita, insieme ad altri interventi e demolizioni].

Paolo Sica, Storia dell’urbanistica. III. Il Novecento, Laterza, Bari 1978

«il piano Petrucci si rivela un mediocre compromesso: e mentre erode l’integrità delle strutture antiche, lascia irrisolti i problemi del risanamento, né è in grado di assicurare livelli migliori di efficienza funzionale. … non attuato, sarà poi inserito nel piano regolatore generale redatto nel dopoguerra da Calza Bini e Piacentini. Se il piano di risanamento resta nel cassetto, si portano invece a termine una serie di lavori di minor rilievo intorno al nucleo storico di Bari: dopo il ’30 si prosegue il viale di circonvallazione a mare realizzandone il tratto orientale (lungomare Colombo); nel ’39, con un decreto di variante che interessa le aree di margine a sud-est della città vecchia si sistema lo sbocco sul mare del corso Vittorio Emanuele completando l’assetto definitivo del lungomare» (p. 484).

Enrica Di Ciommo, Bari 1806-1940: evoluzione del territorio e sviluppo urbanistico, Franco Angeli, Milano 1984

«Nel settembre del 1905 … l’approvazione del consiglio per un progetto della strada lungomare, che prevedeva l’imbanchinamento della spiaggia del “Filosofo” dal porto vecchio al macello per una lunghezza complessiva di millesettantasette metri. L progetto era finalizzato da un lato alla creazione di un lungomare, opera in quel periodo sollecitata in quasi tutti i comuni marittimi, all’apertura di un “giardino pubblico di lusso” ed alla bonifica della zona, ormai da tempo in completo abbandono ed infestata dalla malaria; e dall’altro alla individuazione di nuove aree edificatorie, anche con lo scopo di utilizzare la forma dell’autofinanziamento per non gravare oltre misura sulle finanze comunali. Il progetto fu approvato non senza opposizione da parte del consiglio. In particolare socialisti e moderati furono singolarmente concordi nella proposta di interramento completo del porto vecchio con la motivazione peraltro rettificata da altri consiglieri del presunto arretramento del mare Adriatico … Nella bozza di piano quel progetto di massima trovò una più compiuta specificazione. Per un primo profilo, proprio l’area di levante venne destinata a sede dei principali edifici pubblici dei quali la città mostrava maggiore carenza – le caserme militari, il tribunale, l’ospedale, gli uffici di finanza, quelli provinciali -, di un quartiere operaio e della “villa”. … In tal modo prendendo atto degli ostacoli che almeno per il momento impedivano ulteriori insediamenti nella zona occidentale, si ponevano le premesse per la urbanizzazione delle aree site a levante» (pp. 331-332). «Per la spinta crescente della domanda di alloggi, procedè quindi con alacrità l’espansione verso levante già avviata negli anni precedenti; in particolare furono costruiti “nuovi rioni” sui suoli Alberotanza siti nei pressi della via di Mola. L’estendersi del quartiere orientale, realizzato senza la preventiva costruzione della strada lungomare e con il contemporaneo ampliamento di … “i luridi sobborghi della Madonnella”, caratterizzò ancor più quella zona come quartiere popolare» (p. 335). «nel 1911 fu infine portata a termine da Arrigo Veccia la redazione del nuovo piano regolatore … Promosso con l’intento di aprire all’espansione della città la zona di levante, il piano dedicava la massima attenzione alla sistemazione di quel quartiere, tanto che l’estensione risultava decisamente maggiore rispetto alla proposta primitiva. Preso atto della mancata realizzazione del lungomare predisposto nel 1905, il piano estendeva l’area urbanizzabile a mq 498.250; erano previsti due trottoir, ubicati in parallelo intorno ad una pineta, una duplice fila di villini e di palazzine, un ampio viale Barion che terminava con un lago di ostricoltura» (p. 336).

«Nelle sedute del 14 e del 19 giugno 1918 fu presentato in consiglio il secondo piano regolatore destinato a ricevere, dopo quello Trotti, l’approvazione governativa. … Il progetto fu elaborato dal Veccia, lo stesso autore dei piani del 1911 e 1913, … proiettò le sue previsioni in modo ritenuto da taluni eccessivo, sino a quaranta anni dopo la sua ideazione e per una popolazione di 255.100 abitanti, cioè circa duplicata rispetto a quella allora già residente. È evidente che, fra l’altro, si intendeva offrire ai costruttori ampia possibilità di scelta nel reperimento delle aree sì da moltiplicarne gli interventi; favorendo il particolare l’edificazione della zona industriale, quella dei rioni operai e soprattutto la realizzazione del nuovo quartiere di levante lungo la spiaggia di “Filoscene” (l’attuale lungomare Nazario Sauro) ove l’iniziativa privata aveva il maggior interesse a far lievitare il valore dei suoli edificatori che si sarebbero così andatia formare» (pp. 373-374). «la previsione di costruzioni periferiche è in ogni caso in stridente contrasto con l’istituzione del “quartiere residenziale di lusso”, progettato specificatamente per le abitazioni dell’alta borghesia. Ad essa era infatti riservata l’area di 64,10 ettari ottenuta dalla sistemazione della spiaggia del Filoscene. Il progetto conteneva alcune modifiche rispetto a quello approvato nel 1912: una più vasta zona veniva sottratta al mare per “colmata”, ed al tracciato rettilineo se ne sostituiva uno curvilineo per ottenere un migliore effetto estetico. Proprio questa zona, con la prevista costruzione di numerosi villini, di una piazza, di giardini, di una rotonda sul mare, del kursaal, più in fondo del trottoir e di un pineta, era destinata a divenire “la più bella, la più ricca, la più importante di Bari” [M. Lasorte, Un controprogetto, in Guida annuario della terra di Bari, Bari 1921, p. 56]. All’altro capo della città, per la destinazione di luogo di villeggiatura estiva e di rione balneare fu poi prescelto il promontorio di San Cataldo che “per la sua incantevole ed elevata posizione sul mare” era divenuto “la meta preferita delle passeggiate di diporto dei baresi”. … Per il borgo antico ci si limitava a riproporre l’apertura della strada ad ipsilon già prevista nel progetto di stralcio del 1912 ed a ribadire, espressamente ma con estrema genericità, il “carattere indilazionabile” del risanamento. Più incisivi, e non a caso in un piano che si poneva come obiettivo prioritario quello di consentire la massima espansione edilizia ipotizzabile, erano gli interventi previsti per la fascia del centro storico prospiciente la Bari nuova. Il progetto di restauro del porto vecchio modificava sostanzialmente il programma di lavori già approvato nel 1912. Con l’elevazione di un nuovo muro di riva all’interno del porto, in sede parallela ed a poca distanza dal molo di S. Antonio, si otteneva pa parziale colmata del bacino allo scopo di … istituire un nuovo quartiere marinaro … Modellato a somiglianza del rione di Santa Lucia, da poco realizzato a Napoli, quell’area avrebbe poi avuto uno sbocco naturale nella strada del lungomare, in pianta già prevista con inizio dalla base della muraglia del corso Venezia. Negli intenti del Veccia la costruzione del lungomare avrebbe soddisfatto con modica spesa (per la scarsa profondità del fondale) molteplici interessi: … proteggere dalla corrosione delle onde il terrapieno del sovrastante corso Venezia, permettere con la creazione di idonei sottopassaggi collegamenti più agevoli tra la città vecchia ed i quartieri orientali» (pp. 377-379).

«furono … i solidi collegamenti nazionali a consentire che subito dopo l’insediamento del nuovo direttorio di federazione fossero immediatamente attribuite, da parte del governo centrale, le istituzioni pubbliche rivendicate dalla città da lungo tempo. Ed infatti nello stesso 1923 furono disposti il trasferimento da Trani a Bari della corte d’appello, l’istituzione dell’Università … e la costruzione del nuovo porto» (p. 455). «quando Di Crollalanza fu chiamato alla carica di sottosegretario ai lavori pubblici nel luglio 1928 fu … imposto alla guida della città quale commissario straordinario il funzionario di prefettura Vincenzo Vella … Gli anni dal 1928 al 1934 furono quelli del “pieno consenso”, collegato … alla complessa politica edilizia destinata a rimanere un punto di riferimento ed un mito nei ceti medi urbani. Anni nei quali insieme all’instaurazione di uno stile di vita amministrativa per molti versi più razionalizzato ed efficiente si andarono realizzando la riforma degli organici amministrativi e la radicale riorganizzazione degli uffici … ad assicurare al quadro politico-sociale del capoluogo pugliese basi di stabilità ormai rigidamente strutturate e gerarchizzate, idonee a perpetuarne la continuità» (p. 464).

«colpisce la considerevole mole di lavori realizzati a Bari in pochi anni. Ad alimentarne l’entità contribuirono sia la nuova influenza e il prestigio personale del Di Crollalanza, nel 1928 chiamato all’incarico di sottosegretario ai lavori pubblici, sia lo stato di disagio particolarmente acuto e crescente in cui venne a trovarsi il capoluogo per la stasi delle industrie e per il massiccio inurbamento. Sin dal gennaio 1927 il Sindacato fascista muratori ed affini aveva denunciato la critica situazione della manodopera barese del settore, per lo stato di crisi di alcune imprese edilizie e per l’arresto delle costruzioni … quella situazione … suscitò viva preoccupazione nel governo centrale che moltiplicò le richieste di informazioni e rapporti. Negli anni 1927-28 si delinearono quindi le premesse di quella politica dei lavori pubblici che nel capoluogo barese costituì un caposaldo dell’azione del nuovo regime. Le carenze della città erano innumerevoli sotto il profilo igienico, per quello funzionale, nei servizi, nella viabilità, nell’istruzione; tutte determinate dalla caoticità della recente urbanizzazione, dalla costante inadeguatezza delle amministrazioni liberali, soprattutto delle continue difficoltà di bilancio. … Il Di Crollalanza, con la collaborazione del vicepodestà Vincenzo Vella, si impegnò immediatamente nella creazione e nel completamento di alcune attrezzature civili primarie in parte già avviate durante le amministrazioni liberali. Che fra l’altro volle inserire in un più vasto progetto teso all’istituzione di nuove forme di decentramento burocratico; e nel frattempo di conurbazione urbana attraverso l’aggregazione a Bari dei comuni viciniori di Modugno, Bitetto, Loseto, Valenzano, Triggiano, Capurso, Cellamare … Furono così completati nell’intera città l’impianto di illuminazione elettrica e la rete fognante … fu sistemata la rete trmviaria elettrica e proseguito il nuovo tronco sino a San Cataldo ed a S. Francesco all’Arena … Fu estesa la rete stradale con la costruzione per colmata del primo tratto del lungomare Nazario Sauro, e la sistemazione delle vie Sonnino, Dalmazia, Crispi, Libertà, Fieramosca, Ravanas, Montenegro, Quarnaro» (pp. 478-479).

«Nel 1930 Di Crollalanza fu nominato ministro dei lavori pubblici; circostanza che consentì all’uomo politico di accentuare il suo ruolo dominante nell’amministrazione cittadina. … Fu in quegli anni che l’azione di pianificazione capitalistica della città si fece più definita, e più netto apparve il “disegno” di accentuarne le funzioni direzionali e di incidere sulla organizzazione sociale gestendo con un’oculata propaganda e con un rigido controllo autoritario le trasformazioni dell’assetto insediativo e produttivo. … Prevalentemente al criterio della rappresentanza furono … informate le … opere costruite direttamente dallo Stato: il Provveditorato alle OO.PP., il lungomare Nazario Sauro, il palazzo dell’Intendenza di finanza sull’area demaniale ottenuta con la colmata dell’insenatura di San Vito, le varie caserme. Nel 1934 si poteva calcolare che nel corso di cinque anni erano stati compiuti a spese dello Stato lavori per circa 54 milioni di lire di cui ben un terzo per la costruzione di palazzi di enti pubblici, un terzo per il completamento dei lavori di canalizzazione, e circa il 15% per la costruzione di strade e di case popolari» (p. 481).

«Quella politica dei lavori pubblici mostrava … molteplici valente contraddittorie e ambigue. Temporaneo surrogato di altre attività produttive e funzionale all’assorbimento della disoccupazione, nelle parti più qualificanti (diga Picone, policlinico, edilizia scolastica, lungomare) essa dava attuazione con maggiore disponibilità di mezzi finanziari a progetti già individuati da tempo e sempre procrastinati per ristrettezze di bilancio; e sotto questo profilo essa realmente contribuì alla modernizzazione della città ed al rilancio delle funzioni urbane. Per altro verso i reali elementi di novità consistettero nella oculata propaganda con cui quella politica di lavori pubblici fu retoricamente enfatizzata … E soprattutto con l’effettiva soddisfazione delle aspettative dei maggiori gruppi finanziari-immobiliari nazionali ai cui interessi e alla cui crescita fu in buona misura subordinata. In tale situazione era inevitabile che risultassero incrinati i rapporti tra l’amministrazione cittadina ed i gruppi dell’imprenditoria e della proprietà edilizia urbana» (p. 484). «l’ostilità al piano Petrucci [1934 ndr] … andò mutandosi in opposizione più aperta che insieme all’intero operato dell’amministrazione investì quello personale del ministro dei lavori pubblici … Sostanzialmente tre erano i bersagli prescelti da tali critiche. Alla politica dei lavori pubblici veniva rivolta con nuovo vigore l’antica accusa di eccessivo dispendio di mezzi finanziari, di inadeguatezza delle opere a soddisfare gli effettivi bisogni della città (particolare insofferenza si mostrava per il palazzo del provveditorato ai lavori pubblici e per il lungomare “opera di grandioso abbellimento ma di nessuna necessità” cui “tutti gli ingegneri sono contrari”); e inoltre di sostanziale pericolosità, in quanto contribuiva a “dare alla città un parvenza di ricchezza del tutto superflua e dannosa”. Esplicitamente se ne imputava il Crollalanza che “pur di creare colossali sfarzi a Bari non si cura di fare il danno della città, perché quando per qualsiasi ragione egli venisse a mancare, ed a mancare quindi il gettito di milioni delle casse dello Stato per Bari … la città che si regge tutta fittiziamente su questi lavori non produttivi affatto per il futuro cadrebbe in una rovina peggiore di prima” [lettere varie la Prefetto]» (pp. 506-507). «nel 1935 … si registrò il declino politico … dei vari personaggi che per circa un decennio avevano dominato la vita barese. … Ed è sintomatico che contemporaneamente l’edilizia cittadina segnò una brusca battuta d’arresto» (p. 509).

Alberto Mioni, Le città italiane tra le due guerre (1920-1940), in AA.VV. Le città, Touring Club Italiano, Milano 1978

«Nelle città di mare l’espansione a macchia d’olio è orientata lungo la costa dalla costruzione di nuovi viali, spesso realizzati con intenti monumentali e scenografici e quindi dotati di rotonde, aiole, fontane, colonne rostrate e simili: il più tipico è il lungomare Nazario Sauro si Bari (che fa da modello a quello di Taranto), dove si affollano anche edifici pubblici» (p. 166).

A.M., «La sistemazione edilizia di Bari (Documenti)», La Proprietà Edilizia Italiana, novembre-dicembre 1929

«gruppo degli Urbanisti di Roma, Milano e Torino – che fa capo all’Accademico d’Italia, Marcello Piacentini – … ordine del giorno inviato al Prefetto di Bari: … Se vi è … un caso tipico che mostri chiaramente la formazione di una nuova città accanto, e non sopra ad un vecchio nucleo, in modo che questo risulti completamente indipendente dalla vita moderna, è proprio questo di Bari: dove la città si è già sviluppata con i suoi centri e con la sua compagine edilizia così lontana dagli antichi quartieri da lasciare questi del tutto separati da qualsiasi interesse edilizio moderno, relegati come sono sulla piccola penisola, lontani dalla vita fervida della nuova città. La quale abbisogna piuttosto di uno studio moderno che coordini in modo definitivo e largo i settori della scacchiera che, impostata da Gioacchino Murat e continuata ciecamente fino ad oggi, richiede correzione di dettaglio, e preparazione per l’insieme dei futuri sviluppi» (p. 498).

Nota: questa raccolta di citazioni testuali costituisce una parte degli «appunti preliminari» per la stesura di un saggio sulla Storia dell’Architettura Italiana del Primo Novecento, Electa 2005. Più specificamente il testo che notizie e osservazioni contribuiscono a costruire e a cui fare quindi riferimento, disponibile su questo sito, è: Trasformazioni urbanistiche a Bari tra le due guerre mondiali

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