Chicago: Urbanistica della Metropoli (1909)

In una buia giornata d’inverno diciassette anni fa, si riuniva per un banchetto un gruppo di importanti architetti da tutto il paese, a discutere un grande progetto di comune interesse. A ciascuno di essi era stato chiesto di studiare uno degli edifici che, riuniti, avrebbero composto la Fiera Mondiale. Dopo il pranzo, Richard M. Hunt, allora decano della professione, si alzò, un po’ curvo per l’artrite, ad esporre il concetto dell’edificio dell’Amministrazione presentato nella tavola appesa al muro. Mentre parlava, forse per la prima volta iniziava ad emergere tra gli ascoltatori l’idea dell’Esposizione come insieme armonioso e artistico. L’oratore successivo era un altro architetto di New York di quasi identica fama, e il suo schizzo proponeva una gigantesca imponente cupola e altri caratteri poco in armonia con l’idea generale. Ma bastò un’occhiata dei convenuti ed era già pronto a sacrificare parecchi dettagli: «Non credo di dover difendere ad ogni costo quella cupola, e modificherò anche altre parti dell’edificio».

Uno dopo l’altro gli architetti presentavano i propri disegni. Su tutti aveva steso il proprio incantesimo quell’idea di città armoniosa composta dai palazzi. Ciascuno si metteva a disposizione per apportare le modifiche necessarie a trasformare il proprio progetto a parte dell’insieme. All’incontro erano presenti anche parecchi pittori e scultori. Tra loro Augustus St. Gaudens, seduto in tutto quel buio pomeriggio invernale ad ascoltare, a guardare con occhi accesi, ma senza dire nulla. Alla fine dell’ultimo intervento però St. Gaudens si precipitava attraverso la sala fino a raggiungere Daniel M. Burnham, al cui studio si doveva il concetto generale della Fiera. E afferrandogli entrambe le mani, St. Gaudens entusiasta gridò: «Ma lo capite che qui siamo la più importante concentrazione di artisti dal XV secolo?».

La città in cui si teneva l’incontro era Chicago, che spesso da ignoranti viene definita la più materialista e grettamente commerciale possibile. Mentre in realtà si tratta di una delle più idealistiche e spirituali. La grande impresa alla cui unitarietà architetti e artisti stavano sacrificando i propri orientamenti personali, era la Fiera Colombiana Mondiale. Il cui progetto e organizzazione architettonica non sono mai stati eguagliati. Fu l’inizio di un movimento per un migliore sviluppo di importanti complessi pubblici in tutti gli Stati Uniti. Da lì nacque l’idea essenziale per trasformare e rendere più belle Cleveland, Boston, Baltimora, St. Louis, San Francisco, Washington e tante altre città. E in gran parte di quei piani avevano molto spazio gli stessi uomini che avevano appreso l’insegnamento della Fiera Mondiale.

Oggi, su una dimensione che non ha precedenti in nessuna epoca o parte del mondo, si è portato a termine un Piano per la trasformazione della stessa Chicago. I vari progetti di cui si compone rappresentano il frutto di trenta mesi di intenso lavoro da parte di architetti e artisti, molti dei quali hanno prestato gratuitamente la propria opera. A sostenere l’impresa il Commercial Club di Chicago, composto dalla medesima categoria di cittadini, salvo rappresentare una generazione successiva, che aveva raccolto i venti milioni di dollari necessari a costruire la Fiera Mondiale, sufficientemente accorti da investire nei migliori architetti, artisti, esperti di parchi e giardini.

I piani per la ricostruzione e trasformazione di Chicago sono molto are elaborate e sviluppati in minuziosi dettagli. Una volta realizzati faranno della grande città sul Lago Michigan una capitale mondiale di ineguagliabile bellezza, splendore, efficienza e abitabilità. Sono previsti investimenti per parecchie centinaia di milioni di dollari. Dalla linea ferroviaria Indiana a sud, alla linea di Winnetka, venticinque chilometri a nord della città, verranno realizzati percorsi e isole artificiali lungo la costa del Lago Michigan a creare un magnifico parco. Si prevedono quattro cerchie di anelli stradali esterni, il più ampio che definisce un arco di oltre ottanta chilometri a ovest del lago. Per il piacere e comodità delle future generazioni, una cintura di parchi per cui si acquisiranno venticinque mila ettari di superfici boscate e verdi. Verranno concentrati in un punto conveniente i terminal ferroviari passeggeri e merci, senza attraversamento della città. Si costruiranno percorsi sotterranei in una rete unificata a quella sopraelevata già posseduta dalla città sulla riva del lago, destinata a diventare il centro artistico e intellettuale della futura metropoli mondiale.A circa un chilometro dalle rive del lago verso l’interno si realizzerà il centro civico all’incrocio delle attuali vie Halsted e Congress, da ampliare e far diventare assi urbani.

Attorno al centro civico un sistema stradale ancora da definire. Nella città vera e propria si propongono viali di circonvallazione e radiali aggiunti a quelli esistenti. I boulevard sono concepiti come collegamenti tra i parchi piccoli e grandi sparsi tra i quartieri. Infine verranno concentrati in Grant Park, la grande striscia di verde, gli importanti edifici pubblici oggi sparsi qui e là. Molto curato nei particolari e corredato di carte, disegni, fotografie, e una serie di magnifici dipinti, il grandioso progetto è stato pubblicato in volume col titolo Plan of Chicago, e rappresenta da solo concretamente il più elaborato e ambizioso programma di trasformazione urbana da quando esiste la civiltà.

A molti potrà apparire utopico, ma forse non conoscono la tempra di Chicago; ne ignorano le mete già raggiunte; non hanno mai avvertito quello spirito per cui a Chicago non esiste nulla di impossibile quando si riesce a intravederlo. La stessa città coi suoi piedi affondati nel letame dei mercati bovini è quanto di più romantico esista nella storia. Solo l’altro ieri è morto il primo uomo bianco nato nel luogo dove oggi c’è Chicago. Ieri si è inaugurato un albergo da sette milioni di dollari su un terreno dove un pioniere da ragazzino portava a pascolare la vacca di famiglia. In meno di un secolo da una piazzaforte di tronchi dentro un acquitrino cresce una enorme metropoli che avrà due o tre milioni di persone.

Sessant’anni fa, quando Chicago era un semplice villaggio, gli abitanti capirono che per risanare davvero il terreno acquitrinoso su cui si posavano tutti gli edifici bisognava letteralmente «farlo uscire dalla palude» in cui stava. E il progetto era proporzionalmente incredibile, per quei pochissimi abitanti, più di quanto forse non sia il grande piano di trasformazione oggi. Ma venne comunque prontamente intrapreso innalzando il livello delle vie di alcuni metri per una notevolissima profondità nell’entroterra sollevando insieme gli edifici rispetto alle fondamenta originarie. Dieci anni dopo, mezzo secolo fa, venne per la prima volta ventilata la prima idea di un grande sistema metropolitano di parchi. Con un coraggio e visione che possiamo sperare anche nei loro attuali discendenti, si raccolsero fondi sufficienti ad acquisire una adeguata superficie di terreni da trasformare in parco, e nel 1880 Chicago era la seconda città degli Stati Uniti quanto a parchi pubblici.

Negli anni ’90 sorse l’urgente necessità di tutelare le acque del Lago Michigan dall’inquinamento degli scarichi fognari. Per raggiungere questo obiettivo la città spese sessanta milioni di dollari per scavare il grande canale di bonifica. Del medesimo decennio la vicenda dei venti milioni di dollari destinati alla Fiera Colombiana. Ognuno di questi progetti, due più utilitaristici, due più orientati a costruire bellezza, nel proprio ambito è più grande di qualunque altro mai intrapreso in altre città. Ed è su questo criterio che il Commercial Club basa la propria convinzione, che i cittadini di Chicago non si facciano certo intimorire dalla semplice dimensione del nuovo piano che viene loro presentato.

E a ben vedere i suoi elementi principali della nuova città sono già in corso di realizzazione. Gran parte della terra rimossa per i lavori stradali, delle gallerie e linee sotterranee, che negli anni scorsi veniva semplicemente scaricata dentro il lago, oggi serve a imbonire isole artificiali e percorsi lungo le sponde. Dalla medesima fonte si ricava via via materiale sufficiente a guadagnare senza alcuna spesa ogni anno dodici ettari di nuove superfici. Il Grant Park verde nel cuore della città avanza rapidamente in direzione del Lago Michigan. È in questa area che si collocherà il proposto centro di vita artistica e intellettuale. Già è presente l’imponente Istituto d’Arte con le sue importanti collezioni, mentre sono già disponibili fondi per complessivi otto milioni di dollari da destinare alla costruzione del Field Museum e della Biblioteca John Crerar library, edifici monumentali che realizzeranno questa parte del piano.

Le vie necessarie alla composizione delle proposte circonvallazioni esterne già esistono al novantacinque per cento. I tratti mancanti sono piuttosto brevi e saranno limitati i costi di realizzazione, con tempi di completamento calcolabili in pochi anni. Parecchio tempo fa Chicago aveva votato, con una abbondantissima maggioranza dei voti, l’acquisto di superfici a boschi e lungo i corsi d’acqua per una fascia a parco, ma il progetto non aveva poi avuto attuazione pratica perché per farlo serviva il voto qualificato dei due terzi dell’assemblea. Oggi è in corso a procedura analoga per acquisire alla fascia esterna di parchi una superficie ancora maggiore, ma ci sono pochi dubbi che una volta messa ai voti verrà trionfalmente approvata.

Secondo un programma in cui la città incassa oltre metà dei profitti delle ferrovie al proprio interno, il sistema di trasporto in superficie è stato quasi completamente rifatto negli ultimi anni, e si sta avvicinando alla conclusione quasi perfetta dei lavori. Sotto le strade del centro scorre il trasporto merci, si collegano le varie stazioni e scali, e pochi giorni fa un conglomerato di interessi ha presentato la proposta di una rete sotterranea di trasporto passeggeri. È stata promessa l’elettrificazione delle ferrovie urbane. Una prima fase per la realizzazione del centro civico all’incrocio tra le vie Halsted e Congress è partita l’autunno scorso quando il governo nazionale ha deliberato di costruire l’edificio delle Poste in quel luogo. La metropoli di Chicago si trova al centro di un rigoglioso impero che compre una superficie più vasta di quella della Germania o della Francia. Già oggi è il principale nodo ferroviario del mondo.

Ci converge un sistema di oltre quattromila cinquecento chilometri di fiumi e canali. Durante la seconda metà del XIX secolo la sua popolazione è cresciuta da trentamila abitanti a oltre due milioni. Bion Arnold, noto ingegnere, stima che se l’attuale tasso di crescita dovesse continuare, nel 1950 gli abitanti di Chicago saranno più di tredici milioni. James J. Hill ha dichiarato che quando gli abitanti della costa del Pacifico saranno venti milioni, Chicago sarà la più grande città del mondo. Abituati ormai a gestire questi incredibili enormi tassi di crescita, gli uomini di Chicago programmano il futuro su scala proporzionalmente gigantesca. Con un po’ di imbarazzo e goffaggine caratteristica della giovane età, Chicago non può che ammettere in qualche modo i propri limiti.

Ma al tempo stesso sa riconoscere ciò che di giusto è stato pensato e realizzato per questo manifesto destino. Per la Thomas Orchestra, senza rivali in tutto il continente, si è costruita una sede permanente sulle sponde del lago, oggi valutata circa un milione e mezzo di dollari. Gli studenti dell’Istituto d’Arte, altro grande investimento, sono già oltre quattromila giovani ragazzi e ragazze dal Middle West. Per l’educazione superiore esistono i centri di Lake Forest University, Northwestern University, e la grande University of Chicago. Alla generosità di un uomo d’affari la città deve il fondo Benjamin Ferguson da un milione di dollari, il cui reddito deve essere devoluto alla realizzazione di statue nei parchi e lungo i viali. Completando i progetti attuali Chicago si confermerà metropoli centro intellettuale e artistico oltre che economico del Middle West. Mantenendo il proprio ruolo di polo degli affari, sarà anche la vetrina e la casa di tutti per l’intera Valle del Mississippi.

da: Technical World Magazine, Volume XII, n. 3, novembre 1909; Titolo originale: Planning a World Metropolis – Traduzione di Fabrizio Bottini – Immagini: Chicago Plan 1909

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