Com’è difficile piantare alberi in un territorio devastato

foto F. Bottini

A un primo colpo d’occhio, New Orleans potrebbe apparire una città di alberi. In fondo è quella più ricca di fauna urbana di tutti gli Usa e contiene un parco più vasto del Central Park di New York. Ci sono ovunque querce, alcune vecchie di secoli, a ombreggiare i più famosi viali e quartieri; gli enormi rami protesi incrostati di muschio sono una specie di monumento locale. Ma forse è una immagine un po’ fuorviante. «Basta guardare una qualunque delle altre vie e si scopre che di alberi non ce ne sono affatto» spiega Susannah Burley, direttrice di Sustaining Our Urban Landscape (SOUL), associazione senza scopo di lucro per riforestare New Orleans. Uno studio dell’associazione appena pubblicato nel quadro di un programma per la città, rileva che la copertura arborea getta ombra su meno del 19% della superficie. «Chiunque lavori sugli alberi sa come rappresentino il barometro per misurare salute e benessere. Queste cifre dimostrano semplicemente ciò che già sapevamo in pratica da lungo tempo».

Lo studio sulle alberature rivela che New Orleans è in realtà meno verde di tante altre città del Sud con popolazione più densa, da Miami, a Atlanta o Memphis. Una differenza che secondo gli studi si deve sia alla vulnerabilità ambientale, sia all’assenza di adeguati programmi di piantagione e manutenzione di un sano sistema di boschi urbani. La deforestazione di New Orleans è anche uno strascico dell’Uragano Katrina. Prima della tempesta del 2005, quando alcune zone vennero sommerse da tre metri di acqua salata, gli alberi ombreggiavano il 30% della città. Amanda Walker, responsabile per la forestazione urbana all’ufficio cittadino parchi e viali, ricorda come tratti della Elysian Fields Avenue, l’ampia arteria che collega l’affaccio della città sul fiume al lago Pontchartrain a nord, fosse «fiancheggiata da bellissime magnolie adulte morte a causa di Katrina».

Tra il 2005 e il 2009, secondo rilevazioni satellitari, la città ha perduto centinaia di migliaia di alberi a causa di vento e inondazione. Oggi, circa due terzi dei quartieri hanno una copertura arborea inferiore al 10%. Gran parte delle storiche zone popolari risultano praticamente desertificate con percentuali inferiori al 2%.

E come accade in altre città questa carenza di copertura arborea rispecchia divisioni di classe e di razza: i quartieri a basso reddito hanno tendenzialmente meno alberi e statistiche sanitarie peggiori. New Orleans subisce il peggior effetto isola di calore degli Usa, con mediamente nove gradi in più dell’area extraurbana circostante. Effetto più marcato nei quartieri deforestati individuati dallo studio di SOUL: Central City e Irish Channel, dove si arriva anche a 18 gradi più di zone verdeggianti come Garden District e Bayou St. John. Negli anni trascorsi da Katrina, si è iniziato a ripristinare le alberature, con gruppi di volontari in tutta la città impegnati in campagne di piantumazione. Oltre alla mitigazione delle temperature estreme, gli alberi urbani accrescono la resilienza alle inondazioni e assimilano anidride carbonica. Il piano di azione climatica per New Orleans del 2017 si impegna a piantare 40.000 alberi entro il 2030 arrivando a una copertura del 50%: obiettivo ambizioso che catapulterebbe la città tra le più forestate del mondo.

Lo studio di architettura del paesaggio Spackman Mossop Michaels è stato incaricato del progetto di riforestazione. Ma non si conosceva lo stato di fatto della copertura arborea, né si erano calcolati gli affetti di quindici anni di piantagioni, ricorda Emily Bullock associata dello studio: «Non sapevamo da che punto partire». Gli associati di SOUL osservando le immagini satellitari notavano come nonostante tutto quel lavoro volontario la città stava in realtà perdendo terreno quanto a copertura: meno 5% tra il 2009 e il 2021. «Non siamo più vicini al 50% di quanto non fossimo subito dopo Katrina» spiega Burley. Si avvertono ancora gli effetti dell’uragano aggiunge Walker dell’ufficio cittadino parchi e viali. Una quercia a volte impiega molti anni a mostrare segni di malattia, e continuano a morirne a causa del contatto con acqua salata. E altri uragani colpiscono: dopo Katrina, a New Orleans sono arrivate feroci tempeste come Zeta nel 2020 o Ida nel 2021.

A peggiorare il problema si aggiunge l’assenza di adeguati investimenti nella manutenzione delle alberature che ci sono: secondo le rilevazioni di SOUL, a partire dal 2014 New Orleans spende il 40% per albero della media nazionale. Secondo Hailey Bowen, sempre dell’ufficio parchi cittadino, c’è però una tassa immobiliare approvata nel 2019, che insieme a un residuo di bilancio di 3,4 milioni di dollari, consentiranno nei prossimi anni di riguadagnare il tempo perduto. «Abbiamo in corso un programma biennale per tornare almeno in pari. Ci sono stati moltissimi incidenti stradali con mezzi pesanti che investivano degli alberi, collaborando col settore Trasporti per gli interventi mirati di potatura potremmo evitare traumi peggiori». Poi di alberi ne vengono abbattuti per lavori stradali o sulle reti tecniche o per progetti edilizi privati. «Se guardiamo ad altre città con abbondanti coperture si vede che il comune denominatore resta essere dotati di un programma di riforestazione – continua Burley . Se manca quello agire per progetti singoli non basta».

Si parte modificando via via il tasso di copertura dei quartieri, e pensando a tutta la città. Tra i primi punti arrivare al 10% in cinque zone, piantando 25.000 alberi per un investimento di 12,5 milioni di dollari in cinque anni. Il progetto pilota riguarda le case pubbliche dove le temperature sono tra le più alte della città e abita la popolazione più povera. Attualmente tra comune e associazioni si arriva a 3.000 piante l’anno, e per raggiungere effettivamente gli obiettivi si deve aumentare anche proporzionalmente la capacità di manutenzione.

Ma ce la si può fare, secondo i responsabili cittadini, grazie ai fondi federali per la ripresa dopo la pandemia e altre linee di finanziamento. New Orleans e SOUL hanno recentemente inoltrato richiesta ai sensi dello Inflation Reduction Act a copertura di alcuni anni iniziali di lavori nelle piantagioni. L’amministrazione cittadina sostiene attività e studi di SOUL anche se non ha proprie iniziative specifiche. In molti quartieri c’è ampia disponibilità di spazi per collocare alberi, mentre in altri le impermeabilizzazioni del terreno sono un grosso ostacolo. A Central City, per esempio, spesso per sistemare una pianta diventa necessario scavare cemento e asfalto per arrivare al suolo. «Ed è impossibile farlo senza lavoro volontario. Persone che si vedono con una sega a diamanti – spiega Burley – lame che costano duecento dollari l’una e si consumano nel giro di tre o quattro buche».

Per risolvere le questioni di diseguaglianza ambientale occorre intervenire su tutta la città con nuovi alberi in ogni quartiere. «Si sono costruiti programmi riconoscendo la diversità e maggiore difficoltà di alcune situazioni, qualcosa di non così immediatamente evidente» racconta Larry Wiseman, consulente per la forestazione urbana dell’associazione senza scopo di lucro American Forests. Ma avverte anche sulla debolezza di intervenire nelle trasformazioni edilizie private che coinvolgono alberi. E che sono «spesso l’ostacolo principale a una politica di conservazione». Se la città non fa qualcosa perché i privati stessi piantino e mantengano alberi sul propri terreni «poi si finisce per tentare di risolvere il grande problema piantando di più là dove se ne dovrebbe mettere di meno».

Una questione delicata a New Orleans, dove sono stati fatti investimenti secondo logiche di polarizzazione razziale. Come accaduto in altre città americane che hanno visto resistenze nell’applicazione di certe politiche ambientali, molti abitanti nelle assemblee tenute da SOUL hanno espresso diffidenza rispetto agli alberi, anche per i rischi di una storica assenza di manutenzione, cadute di rami, o radici che rompono i marciapiedi, spiega Wes Michaels, fondatore dello studio di paesaggisti Spackman Mossop Michaels, e occorre capire meglio dove effettivamente gli abitanti preferirebbero collocati quegli alberi. «Dobbiamo aumentare la copertura là dove appaiono di più i vantaggi: mettere mille piante nelle fasce di una superstrada, andrà magari benissimo per per assorbire anidride carbonica, ma non abbassa certo le bollette elettriche di nessuno».

da: Bloomberg CityLab, 10 maggio 2023; Titolo originale: What’s Happening to the Trees in New Orleans? Traduzione di Fabrizio Bottini.

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