La città amministrata da un robot

Immagine The Guardian

Gli addetti ai lampioni a gas sono stati una cosa fondamentale per i londinesi. Ogni sera all’avvicinarsi del crepuscolo accendevano quelle lampade che avrebbero rischiarato le vie tenebrose, tornando poi verso l’alba a spegnere la fiammella. Un degno lavoro spesso tramandato di padre in figlio. Ma oggi, a parte la piccola truppa degli addetti di British Gas che gestiscono i 1.500 lampioni attorno ai parchi reali, Westminster e Covent Garden, quegli accenditori pubblici sono un ricordo del passato, un ruolo e lavoro cancellato da elettricità e automazione. Gli antichi accenditori di lampioni fanno parte di una storia più grande e che riguarda ogni città: il cambiamento tecnologico. Progresso scientifico e nuove tecniche spesso rivoluzionano esistenza urbana e servizi pubblici, distruggendo lavori e creando altre professioni e competenze. Ma la prossima fase dell’automazione cittadina potrebbe avere effetti assai più profondi di tutte le precedenti. Anzi in realtà è già iniziata.

La Smart City propone la seducente visione di un mondo dove tutto scorre regolare come se avvenisse sullo schermo di un iPhone ultimo modello. Si deve parcheggiare? Una app vi dice dove trovare posto e vi avvisa (avvisa voi e chi vi controlla) quando il tempo di sosta concesso sta per scadere. È il tipo di tecnologia che si sta mettendo a punto in tante città introducendo sensori su lampioni, cordoli di marciapiede, facciate di edifici, a gestire traffico, parcheggi, inquinamento, magari prevenzione del crimine. I cosiddetti cestini intelligenti avvertono le squadre di addetti quando sono da svuotare, consentendo di intervenire ai furgoni della spazzatura esattamente dove è necessario, anziché girare a orari e itinerari fissi. Il gruppo Volvo, insieme a università svedesi e americane, ha sviluppato un robot che riesce a raccogliere automaticamente i cestini e portarli a svuotare fino a un furgone di zona in attesa. Mettiamoci un sistema di guida automatica, ed è facile capire come questa filiera di raccolta dei rifiuti possa rapidamente seguire il destino degli accenditori di lampioni a gas nelle oscurità della storia urbana.

Secondo Trevor Dorling, direttore di Digital Greenwich, programma pubblico di smart city, questa politica di tecnologie per cancellare posti di lavoro via automazione «Non deve essere il nostro punto di partenza. Vogliamo migliorare il servizio usando la tecnica, e cerchiamo di rispondere a una domanda di qualità in epoca di tagli di bilancio pubblico. La popolazione di Greenwich cresce rapidamente – continua Dorling – e ciò sovraccarica servizi e infrastrutture, mancano risorse economiche sufficienti a risolvere i problemi così come si è fatto sinora tradizionalmente. Una navetta driverless potrebbe migliorare molto al tempo stesso la qualità dell’aria e la possibilità per le persone di raggiungere i principali nodi di trasporto». Ma resta comunque facile immaginarsi l’evaporazione di posti di lavoro comunali. A Londra, autobus senza conducente che viaggiano in convoglio farebbero apparire il nuovo Routemaster antiquato come una Morris Minor, e sostituire con qualche circuito elettronico 22.500 autisti. Stiamo correndo troppo? Poche settimane fa la città francese di Lione ha varato un nuovo servizio di autobus driverless salutato da molti come novità «mondiale». Sono veicoli elettrici con apparecchiature hi-tech tra cui sensori laser, visori stereo e GPS, in grado di trasportare una quindicina di passeggeri a venti chilometri l’ora.

E un autobus senza conducente significa anche modificare le interazioni caratteristiche della vita urbana. «Pedoni e ciclisti che condividono la strada coi veicoli automatici si sentiranno più o meno al sicuro non potendo più incrociare lo sguardo col conducente per capire se si passa oppure no?» si domanda Rick Robinson, responsabile IT per tecnologie e smart data a Amey, una delle maggiori compagnie britanniche di servizi a ingegneria e infrastrutture (impegnata nei veicoli driverless). «Cose terra terra ma che hanno una enorme influenza sulla vitalità urbana e le sue relazioni». Nell’ottobre 2014, Transport for London (TfL) ha presentato 250 nuovi treni «senza conducente» della metropolitana che entreranno in servizio dal 2022. Secondo TfL consentono un servizio più frequente e affidabile, aumentando la capacità delle linee Piccadilly, Central, Waterloo and City, e Bakerloo. In una prima fase ci saranno ancora a bordo dei conducenti, sostituiti poi via via da «responsabili di convoglio» come quelli attivi sui DLR. Le linee Victoria, Central, Northern e Jubilee già utilizzano sistemi Automatic Train Operation: il conducente interviene solo in caso di emergenza, controllando ancora l’apertura porte. I treni automatizzati della sotterranea non sono comunque esenti da problemi: 756 blocchi elettronici solo l’anno scorso. Aslef, il sindacato conducenti, minaccia in caso di introduzione massiccia dei convogli driverless «uno scontro».

Jarmo Eskelinen, responsabile tecnologie e innovazione a Future Cities Catapult, sostiene che i nuovi sistemi di trasporto saranno assai più reattivi nelle situazioni di emergenza. «Oggi si adattano alla velocità di reazione umana, sono piuttosto lenti. In futuro con l’automazione tutto avverrà in tempo reale bloccando il flusso e contenendo l’area di emergenza vera e propria». Avremo delle città che si riparano e mantengono da sole? La Leeds University sviluppa un programma da 4,2 milioni di sterline per una squadra di robot manutentori in grado di individuare problemi prima ancora che si manifestino negli aspetti più gravi: dai droni che controllano e sostituiscono lampadine dei lampioni, alle macchine automatiche operanti per le buche stradali senza sconvolgere la carreggiata e il passaggio, o robot annidati in pianta stabile dentro i condotti a controllare perdite e crepe. Il Professor Phil Purnell, coordinatore del gruppo di ingegneri alla Leeds University, paragona queste macchine a delle specie di «globuli bianchi urbani» in grado di rimediare ai danni prima che diventino necessarie gravi operazioni.

Specifica che non si parte certo dall’idea di togliere il lavoro agli operai stradali. «Ciò di cui abbiamo bisogno sono persone liberate dai compiti più ripetitivi e in grado di affrontare i problemi più gravi: ce ne sono migliaia che non vogliamo neppure vedere». Se l’obiettivo dell’automazione sono i compiti ripetitivi ciò comprende anche molti ruoli amministrativi. Spinti dal criterio di «fare di più con meno» gli amministratori iniziano a introdurre processi automatizzati, in grado di simulare interazione umana, proprio per i compiti ripetitivi come l’esazione dei contributi locali. In teoria si liberano risorse per operazioni di livello più elevato. Le macchine sbrigano il lavoro di gestione dei dati che di solito sanno fare più precise e veloci degli umani. I quali possono così sfruttare il tempo risparmiato migliorando il servizio a cui aggiungono empatia e creatività di relazione.

Io, Robot

L’amministrazione di Enfield sta facendo qualcosa di più, e questo qualcosa si chiama Amelia. Una «Assistente Personale Intelligente» in grado di comprendere il linguaggio, il contesto di una conversazione, applicare logica, risolvere problemi, anche avvertire emozioni. È concepita per aiutare gli abitanti a trovare informazioni e compilare moduli, oltre che per semplificare percorsi interni all’amministrazione locale. È disponibile a chiunque a qualunque ora del giorno o giorno della settimana sul sito web. Se non riesce a rispondere direttamente a qualcosa il programma chiama in campo un operatore umano da cui il sistema apprende mettendosi in grado di svolgere in futuro da solo la medesima operazione. Amelia entrerà in servizio effettivo tra qualche mese, e dovrebbe costare solo il 40% di un equivalente umano: conviene se si affrontano tagli da 56 milioni di sterline nei prossimi quattro anni. Ma l’amministrazione nega di avere in programma il licenziamento dei 50 operatori di call center.

Il governo di Singapore, in collaborazione con Microsoft, si prepara a usare diverse Chat Box Intelligenti: in una prima fase solo per rispondere ad alcune domande precise del pubblico, poi per completare procedure e pratiche, infine per affrontare difficoltà più personali. Secondo Rick Robinson di Amey, le chatbots di intelligenza artificiale possono certo avere un ruolo nell’erogazione di alcuni servizi pubblici «Ma credo che si sottovaluti la qualità dell’interazione umana, rischiando di compromettere un servizio che si basa sull’esperienza di vita, qualcosa che la tecnologia non riesce a riprodurre, certo non questa generazione di tecnologia e per diversi decenni a venire».

Se anche i lavoratori potranno «essere promossi» a nuovi ruoli superiori di maggiore appagamento, di quanti ce ne sarà davvero bisogno coi robot a svolgere tutti i compiti ripetitivi? Carl Benedikt Frey e Michael Osborne nel 2013 hanno pubblicato il fondamentale studio Il Futuro dell’Occupazione: quanto la computerizzazione influirà sul lavoro? Si calcola che siano «a rischio» il 47% dei posti negli USA nei prossimi vent’anni. Un altro studio condotto da Deloitte rileva «rischio elevato» per Londra, 29% di posti in servizi e sostegno, addirittura 72% in trasporti e immagazzinaggio, per l’automazione. L’anno scorso i dati pubblicati da Forrester parevano comunque meno pessimisti sulle prospettive occupazionali future, calcolando solo 9,1 milioni di posti USA sostituiti dall’automazione nel 2025. Robinson pare incline a dar ragione alle stime di Forrester. «Non si può affermare che man mano si sviluppano le tecnologie si automatizza tutto. Gli obiettivi e le funzioni sono due cose diverse. Credo che ci sia anche troppo spropositato ottimismo su quel che riuscirà a fare la tecnologia in futuro».

Se Google o qualche altro gigante del settore riuscirà a mettere a punto un sistema di intelligenza artificiale in grado di sostituirsi ai ruoli coperti da quella umana, gli sconvolgimenti occupazionali potrebbero davvero essere inimmaginabili, e ben oltre il milione e mezzo di lavoratori delle amministrazioni locali britanniche. Spesso si parla come soluzione di un reddito minimo garantito in grado di sostenere un decoroso stile di vita a tutti. Ma nel medio periodo i robot avranno comunque bisogno di aiuto: ci sono cose che riusciamo ancora a fare molto meglio di qualsiasi macchina. Basta pensare come collaborano magnificamente macchine e esseri umani nel gioco degli scacchi, ciascuno mettendo in campo le proprie qualità per contrastare gli avversari. Una delle sfide sarebbe di individuare le potenzialità di una sinergia del genere nell’erogazione di servizi al pubblico: le città non possono ignorarlo. Altrimenti diventeremo tutti come gli accenditori di lampioni a gas di Londra: accorgendoci che non serviamo più a nulla.

Da: The Guardian, 20 settembre 2016 – Titolo originale: The automated city: do we still need humans to run public services? Traduzione di Fabrizio Bottini

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