Mercato immobiliare razzista

Nel 2019, uno operatore edilizio nero, Brian Rice, chiede un prestito per ristrutturare dei fabbricati che aveva comprato su una via commerciale in un quartiere afroamericano, Ensley a Birmingham, Alabama. L’idea è di convertire questi edifici a piccole attività, associazioni, centro convegni. Ma la banca gli dice che quei fabbricati di sua proprietà non hanno sostanzialmente alcun valore per garantire il prestito, lasciando Rice piuttosto lontano dall’obiettivo che si era posto investendo col pensiero al valore finale. Come si spiega?

Certo esiste la possibilità che Rice fosse troppo ottimista all’idea di guadagnare da quella trasformazione. Ma è anche possibile che quegli immobili fossero valutati così poco a causa di chi ci abitava vicino. Ad ogni modo, la situazione economica e fiscale dei quartieri neri è grave. Il mercato degli immobili a uso commerciale (Commercial Real Estate CRE) è certo un comparto minore rispetto alle case di abitazione. Ma dato che i singoli fabbricati di tipo CRE sono più grandi e di valore unitario superiore, la vivacità o meno di quel mercato esercita una influenza molto forte sul benessere complessivo di una zona. Abbiamo condotto una ricerca chiedendoci proprio se e quanto gli immobili a uso commerciale vengano valutati in modo diverso a seconda delle percentuali di popolazione nera che abitano nel quartiere, e confrontando queste dinamiche a quelle degli scambi di abitazioni. Rilevando come le circoscrizioni statistiche a maggioranza nera presentino complessivamente ribassi di valutazione di 235 miliardi di dollari nel comparto residenziale e di 171 miliardi per quello commerciale. Mentre non si verifica invece la medesima cosa per lo spazio destinato a uffici.

Nell’immobiliare non conta solo le regola della localizzazione ma anche quella ella razza

Per individuare meglio gli effetti di questa discriminazione razziale, abbiamo costruito una banca dati nazionale di indicatori del valore immobiliare su cui confrontare andamenti locali (calcolabili sulla base delle circoscrizioni statistiche) del tipo CRE in affitto, comparato alla composizione razziale dei quartieri come presunta fonte di inefficienza del mercato, secondo una prospettiva mai sperimentata sinora. Rilevando come la caratteristica della localizzazione giochi un ruolo assolutamente determinante nel fissare il valore immobiliare commerciale. Se elenchiamo le circoscrizioni secondo il valore aggregato delle tipologie immobiliari, l’1% di testa comprende un 36% di uffici, l’11% di commercio, ma solo il 9% del valore delle abitazioni occupate dal proprietario. Ma si calcola anche quanto pesi il fattore razza. Dopo altri criteri di valutazione del CRE, stimiamo che nei quartieri a maggioranza nera lo spazio commerciale venga sottostimato del 7%. Mentre per gli uffici anche con stime statisticamente meno significative siamo sotto solo dell’1%. Vista l’importanza del reddito degli occupanti nel fissare gli affitti commerciali, la differenza tra spazi commerciali e per uffici indica come sia l’orientamento del consumatore – molto meno importante per un ufficio che per un negozio – a giocare un ruolo nell’abbassamento dei valori immobiliari nei quartieri neri.

Le conseguenze per le persone e i quartieri

Il mercato immobiliare commerciale è molto diseguale. La nostra analisi dei dati Survey of Consumer Finances per il 2019 mostra come l’1% in cima alla classifica di chi possiede immobili CRE pesa per l’81% del valore totale della categoria. Per fare un confronto l’1% delle famiglie che possiedono immobili residenziali non occupati dalle stesse famiglie copre solo il 49% del valore. Mentre nel caso degli immobili occupati dai proprietari l’1% in cima alla classifica controlla soltanto il 16% del valore totale. La diseguale struttura del sistema immobiliare commerciale vede anche ampie disparità razziali nella proprietà:

  • Solo il 3% della famiglie afroamericane possiedono immobili di tipo comemrciale non residenziali, contro l’8% di quelle bianche.
  • Nella parte che possiede immobili commerciali, la media dei nuclei familiari bianchi possiede un valore di 34.000 dollari, contro i 3.600 dollari della media famiglia nera.
  • La ricchezza delle famiglie nere si basa in modo sproporzionato sulla casa: la quota nazionale è tre volte tanto per i proprietari-residenti di immobili (6%) di quanto non accada per immobili commerciali non residenziali (2%).

Gli studi del progetto Urban Markets Initiative alla Brookings ha ricostruito dalle fonti informative sui mercati vari meccanismi e differenze individuando distorsioni, dentro consumi, localizzazioni, affitti. Per fare un esempio, un negozio renderà meno se le persone non di colore hanno meno propensione a andarci perché è localizzato in un quartiere a maggioranza nera, e i titolari di aziende terziarie possono orientarsi verso uffici in zone non-nere per comunicare ai dipendenti qualche sensazione di maggiore sicurezza simile a quella dei consumatori e derivante da ignoranza. Un tipo di disinformazione — che induce distorsioni enormi nei valori degli scambi immobiliari residenziali e commerciali dei quartieri neri — che deprime il mercato.

Il crollo delle valutazioni immobiliari rispecchia altre forme di discriminazione economica dei quartieri a maggioranza nera allargando gli effetti ben oltre i limiti di quelle zone

Siamo convinti che la sottovalutazione degli immobili commerciali nei quartieri a maggioranza nera si riferisca anche alla sottovalutazione delle stesse persone che in quei quartieri ci abitano, un atteggiamento piuttosto radicato nella storia USA. Abbiamo documentato in una serie di articoli quanto abitazioni piccole attività e immobili commerciali nelle zone a maggioranza nera abiano minori potenzialità di mercato di quelli in aree a composizione diversa. Qualcosa che dipende da decisioni private, che discriminano i singoli proprietari neri, ma che funzionano anche a scala superiore contraddicendo lo spirito delle leggi sui diritti civili. Visto che gran parte degli immobili commerciali in realtà non è posseduto da proprietari neri, probabilmente la prima ipotesi della discriminazione individuale non spiega la disparità rilevata.

La svalutazione a scala di quartiere colpisce tutti i cittadini consumatori operatori di ogni razza, anche se sembra operare attraverso canali neutri. Per esempio almeno in parte della rilevata svalutazione sarebbe dovuta ad asimmetria nelle informazioni, che produce inefficienza di mercato. Detto in altri termini, molti potenziali acquirenti possono anche non capire quanto un immobile residenziale o commerciale in una zona nera sia esattamente il tipo di spazio di cui hanno bisogno a un prezzo competitivo, semplicemente perché in quel tipo di quartiere non ci abitano, raramente ci vanno, non hanno rapporto sociali correnti con chi ci abita e li frequenta. Così come per ragioni analoghe potrebbero non sapere quanto si mangi bene in un ristorante nero in un quartiere nero. Di conseguenza un potenziale acquirente potrebbero finire per pagare artificialmente di più un immobile in un quartiere bianco. Per usare le parole di Sheryll Cashin «La separazione costa».

Un altro aspetto possibile è che la svalutazione corra lungo i binari degli stereotipi anti-neri e altri meccanismi psicologici della discriminazione razziale ma non necessariamente quelli della discriminazione contro i singoli individui. Potenziali acquirenti di qualunque razza potrebbero avere timori esagerati o ansie a proposito dei quartieri neri considerandoli spazi culturalmente remoti. Vorremmo capire meglio quale di queste linee di pensiero meriti più approfondimenti in futuro. Qualunque svalutazione ha conseguenze concrete per le aree a maggioranza nera. Oltre alla perdita in termini di accesso diretto al valore di miliardi di dollari di capitale residenziale che calcoliamo nella nostra analisi, questo differenziale negativo sistematico degli immobili nelle aree a maggioranza nera diminuisce la base fiscale della comunità necessaria su cui poggiano infrastruttura e servizi esponendo i quartieri così indeboliti alla speculazione.

La svalutazione riduce i costi immobiliari e può essere sfruttata da cho accede più facilmente ai capitali, può comprare a basso prezzo e rivendere al rialzo anche anticipando future conversioni razziali e demografiche delle aree. Esiste un filo che collega in qualche modo la diseguaglianza razziale di quando si estraeva ricchezza dalla schiavitù degli afroamericani ai risultati del nostro studio. Un rapporto che va oltre il puro esistere di una discriminazione razziale e costituisce una struttura legale, economica, morale tesa a indebolire il popolo nero attraverso il sistema del mercato immobiliare. Un sistema di mercato davvero libero funzionerebbe in modo diverso, ed è ciò che dobbiamo riuscire a immaginare.

Traduzione di Fabrizio Bottini – Scarica il rapporto integrale dal sito Brookings Institution, Jonathan Rothwell, Tracy Hadden Loh, Andre Perry, THE DEVALUATION OF ASSETS IN BLACK NEIGHBORHOODS: THE CASE OF COMMERCIAL PROPERTY

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