Milano Città Metropolitana: una falsa partenza?

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Foto F. Bottini

Recentemente si sono svolte le elezioni del Consiglio Metropolitano al quale la legge assegna la funzione di elaborare lo Statuto della Città Metropolitana. Procedura da completare per il 31 dicembre 2014. Nei mesi scorsi sono stati svolti alcuni passaggi pubblici di accompagnamento del percorso verso la CM. La percezione del tema da parte della cittadinanza non è particolarmente a fuoco e granché partecipata. Qualche partito e associazione hanno promosso dibattiti o seminari (a dire la verità non molto frequentati). A livello istituzionale l’Assessore alla partita Benelli e il responsabile del progetto Giorgio Monaci hanno pubblicamente presentato gli esiti e lo stato di avanzamento dei Dossier preparatori commissionati al Centro Studi P.I.M.

La legge Del Rio 56/2014 per la CM stabilisce degli “ambiti di competenze”. Le competenze specifiche e i rapporti con i comuni che ad essa aderiscono saranno definite nell’ambito della elaborazione dello Statuto (chi fa che cosa e con quali poteri). Lo Statuto è quindi il vero “quadro normativo” della città metropolitana e la sua elaborazione costituisce di fatto una riforma (occulta e non dichiarata) delle Autonomie Locali. Rispetto a questi primi passaggi (la legge istitutiva, il percorso di formazione, gli obiettivi, ecc) il panorama del dibattito tra tecnici – ad esclusione di quello interno ai partiti – evidenzia, con sensibilità diverse, molti aspetti critici rappresentati da una pubblicistica a questo punto abbastanza copiosa. Personalmente vorrei evidenziare quelle che secondo la mia sensibilità o esperienza, costituiscono le criticità più “profonde” e che potrebbero condizionare negativamente la corretta costruzione del processo. Nell’ordine:

  1. Schivando il tema delle competenze la legge 56, mediante l’elaborazione dello Statuto, avvia di fatto il processo di riforma dei rapporti tra le autonomie locali affidandolo a degli “sprovveduti” Consiglieri comunali eletti da loro simili; (con logiche partitiche e politiciste, senza adeguati criteri di compensazione nel merito delle competenze e della rappresentanza territoriale, con uno sbilanciamento sul comune capoluogo);

  2. La definizione dello Statuto, lo strumento che definisce competenze e poteri dell’organo di Pianificazione di area vasta, è affidata a rappresentanti dei Comuni. Questi, storicamente hanno svolto un ruolo che ha indebolito e boicottato i diversi tentativi di governo di area vasta, mediante la frammentazione delle politiche di gestione e azioni sul governo regionale finalizzate al depotenziamento di qualsiasi forma di controllo e di coerenza;

  3. nel dibattito che sta accompagnando la formazione della CM si profilano diversi approcci e letture (autorizzate in qualche modo dalla vaghezza del dettato normativo). Iniziative, dibattiti, seminari svolti recentemente ne rappresentano le diverse declinazioni. Le espressioni più frequenti spese rispetto al tema sono “visione”, “piano strategico”, “volontà politica”. Indipendentemente dal significato ad esse attribuito e dagli approcci mostrati, il dato che accomuna le diverse sensibilità espresse è la mancanza della dimensione storica e della riflessione sulle motivazioni che hanno portato al fallimento di 50 anni di tentativi di pianificazione territoriale;

  4. i meccanismi elettorali affidano al comune capoluogo un peso specifico e un ruolo di dominus che costituisce un elemento in controtendenza e una involuzione rispetto alle dinamiche storiche delle relazioni tra Milano e i comuni dell’area metropolitana; la città di Milano ha da sempre praticato politiche urbanistiche poco aperte e dialoganti nei confronti dell’area metropolitana. Dato confermato anche recentemente dal PGT (sia nella versione ereditata dalla giunta Moratti che nella versione emendata dalla giunta Pisapia); questo aspetto rischia di produrre notevoli elementi di conflitto;

  5. la CM metropolitana eredita dalle province le funzioni specifiche. Non eredita in modo automatico le cosiddette “funzioni delegate”, quelle funzioni cioè che le province hanno sin qui svolto su delega delle Regioni (esempio Piani Rifiuti, Piani Cave, Acque, ecc.); la riassegnazione di queste funzioni sarà oggetto di un tavolo negoziale con l’Ente regionale. Gli esiti eventuali di questo processo negoziale non sono scontati e risulta molto sottostimato il ruolo delle Regioni che potrebbero riavviare storiche conflittualità e processi di tipo neo-centralistico;

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  6. l’assolutamente vago ed irrisolto capitolo delle risorse finanziarie con le quali sarà attivato e assicurato l’esercizio della CM non è stato finora oggetto di programmazione;

  7. la necessità di mettere in coerenza i diversi livelli amministrativi e il conseguente inderogabile adeguamento e riforma della legge urbanistica regionale (12/2005). Processo questo di cui non possono essere dati per scontati gli esiti e i tempi.

Dal punto di vista di chi si occupa di territorio e ambiente, l’istituzione e una corretta ed efficace attuazione della Città Metropolitana costituisce un obiettivo assolutamente prioritario per le molteplici implicazioni che sommariamente possono essere riassunte per macro temi quali

  • potenziale riassetto e contenimento degli squilibri in termini territoriali ed ambientali;

  • sviluppo di politiche urbane e territoriali di tipo “integrato” intervenendo su più livelli (mobilità, territorio, ambiente, economia, welfare);

  • ottimizzazione dei vari sottosistemi di gestione dei servizi (ai vari livelli) e conseguente “disboscamento” di centri di costo la cui ridondanza esprime oggi un peso faticosamente sostenibile dalle amministrazioni locali e la cui frammentarietà alimenta fenomeni di degenerazione della politica e dell’amministrazione;

  • costruzioni di anticorpi per l’efficientamento del sistema decisionale e di “democrazia territoriale” in ordine a grandi operazioni di trasformazione urbanistica, infrastrutturale, logistica (es. Expo, BBM, Città della Salute, Cerba, ecc.ecc.ecc.).

Analogamente ad altri processi di riforma in corso e che coinvolgono le istituzioni (senato, legge elettorale, ecc.), l’orientamento generale dovrebbe essere quello di andare nella direzione di una innovazione effettiva, concreta e soprattutto compiuta. Pertanto sarebbe opportuno che la comunità dei tecnici e degli amministratori si attivasse per intercettare le criticità evidenziate con la finalità di dar vita ad uno Statuto capace di evitare soluzioni sbrigative e demagogiche che porterebbero la neonata CM allo stallo e in un tunnel di contenziosi senza fine. Tuttavia, dal punto di vista della politica, la gestione del processo di istituzione della CM non sembra avviata in modo adeguato e consapevole.

Grandi però sono i movimenti e, probabilmente gli accordi, dal punto di vista delle posizioni, ruoli e organigrammi (come sempre l’importante è prima fare le squadre e poi capire quali sono le regole del gioco). Come accennato in premessa la sciatteria della legge 56/2014 autorizza e alimenta un dibattito che si caratterizza per genericità e inadeguatezza (i politici vendono aspettative, i tecnici vendono la propria merce). La direzione che ha preso la vicenda sembra abbastanza “garibaldina” con una evidente sottovalutazione (?) della complessità della fase costituente e i pericoli connessi ad eventuali insuccessi. In assenza di cambiamenti di rotta, l’orizzonte che con maggiore probabilità si profila (e che rappresenta anche il worst case) potrebbe essere il seguente:

  • sarà attivato l’ennesimo corto circuito tra potere politico, accademico e professionale costituendo team di tecnici in grado di rappresentarne e garantirne logiche ed equilibri;

  • i poveri consiglieri metropolitani affogheranno nelle incombenze e nelle pressioni tanto da essere esautorati da qualsiasi ruolo attivo nella formazione delle regole;

  • Lo statuto sarà di fatto scritto dai “tecnici di riferimento” e successivamente riveduto e corretto dalle segreterie dei partiti, in funzione degli interessi in campo.

E’ evidente che questa prospettiva finirebbe per produrre l’ennesimo ente inutile, paralizzato da conflitti molto simili a quelli che hanno caratterizzato e condizionato i vari tentativi (falliti) di dare a questo paese un ente intermedio in grado di arginare modelli di sviluppo territoriale caotici e insostenibili dal punto di vista sociale ed ambientale. Forse sarebbe il caso di fermarsi un momento e darsi un orizzonte diverso.

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