E-commerce e territorio

IMG_6213Tempo fa suscitò un certo clamore la notizia che eBay intendesse aprire dei «negozi veri», quelle cose la cui vetrina non si affaccia su uno schermo, ma è fatta proprio di vetro, sta su una strada, c’è un’insegna illuminata sopra e una porta per entrare a toccare i prodotti. Sconvolgente? Per chi era troppo propenso ai sogni coi paraocchi magari, non per chi aveva già provato a ragionare. Certo colpisce che sia proprio eBay, e non un marchio nuovo o diverso a fare questo passo, però al tempo stesso conferma il sospetto: prima o poi il mondo del commercio cosiddetto virtuale doveva rivelare anche in forma esplicita il suo legame diretto e molto materiale col territorio, e quella di eBay è soltanto una specie di onda che vediamo risalire un po’ di più la spiaggia, in una logica naturale e in genere prevedibile.

Certo, dal punto di vista dei vari soggetti coinvolti questo può significare adattarsi, ma restiamo comunque dalle parti della cosiddetta smart city, anzi dalle parti dell’idea più ristretta di smart city, quella del cortocircuito fra un aspetto della vita reale e le nuove tecnologie dell’informazione. Chi dovrebbe tirare un gran respiro di sollievo, invece di gridare ancora al lupo al lupo, sono i piccoli operatori locali, che così scoprono di avere da sempre nella manica uno degli assi vincenti: il contatto diretto fisico col consumatore. Un contatto che non ha mai smesso di essere la vera ragion d’essere di qualunque scambio, e che la grande azienda di commercio sedicente virtuale ora rende più esplicito avvicinando il marchio, anziché fare la stessa cosa con oggetti e banconote. Cosa succedeva, prima, e cosa succede ovviamente ancora in tanti altri casi? Succede che si possono comprare prodotti o servizi, anche se spesso anche i servizi hanno poco senso totalmente staccati dai prodotti. Un esempio banale può essere l’articolo di una rivista, smaterializzatissimo, che compro online pagando con flussi di elettroni, ma che per entrare nella mia testa deve passare per il supporto dello schermo, che è di plastica e non certo di elettroni, o magari stampato su carta, con la cartuccia che si consuma ecc.

Certo siamo su un altro pianeta rispetto all’inestricabile mescolanza fisica di prodotti e servizi del bere un cappuccino al bar del corso, ma l’idea in fondo è solo di spostare un po’ più a monte o un po’ più a valle la visibilità del processo. Chi dovrebbe tirare un sospirone di sollievo è proprio il tizio che ci vende il cappuccino, perché ha anche lui un sacco di possibilità di entrare nel meraviglioso mondo del virtuale: come, sta a lui decidere, ma esattamente come eBay presidia da una posizione di forza un’estremità del processo, lui (o lei) controlla con altrettanto quasi monopolio il lato opposto, quello affacciato sul marciapiede. L’esempio lampante è che se guardando uno schermo ordino qualcosa, quel qualcosa (se ha una componente materiale, come quasi sempre) per arrivarmi a portata di mano deve uscire da una fabbrica o da un campo o più spesso da un magazzino, passare attraverso varie trafile e finalmente giungere a destinazione. Aspetti ad esempio molto evidenziati nel dibattito intelligente (che è diverso da quello modaiolo superficiale) sul chilometro zero. O appunto sulla smart city intesa in senso proprio e integrato.

Perché il trasporto pubblico è un servizio, ma senza un convoglio della metropolitana sotto il sedere quel servizio non esiste, se non in forma di tariffa, informazioni sugli orari ecc. E lo stesso vale per il cappuccino, che non è solo una cosa calda che mi scende in gola, ma possiede tutta una serie di componenti smaterializzate che potrebbero anche in tutto o in parte involarsi nella rete. Oltre alle nostre personalissime trippe, il mondo materiale comprende nell’immediato prossimo appunto la strada con le vetrine, ed è questo il passo fatto da eBay, senza rinunciare a tutto il resto: azienda di successo, si conferma molto più smart della city in cui opera, risalendo la corrente di un processo che già controllava dall’altra parte.

Possono farlo anche altri, cittadini e pubblica amministrazione inclusi, se si capisce davvero sino a che punto le tecnologie possano essere liberatorie quando usate adeguatamente, stupidi marchingegni intricati e potenzialmente ottundenti se le leggiamo coi paraocchi. Se invece di eBay mettessimo Signora Maria delle Focaccine (e magari piuttosto alla svelta anche Villaggio Salici Piangenti) fermi restando iPad, fibre, ripetitori, flussi, forse l’immagine potrebbe diventare un pochino più realistica, e utile a tutti. Ma sarebbe il famoso passaggio, come dicono gli americani da Wall Street a Main Street, un passaggio che richiede ragionamento e costanza. Bisogna farlo, quel passaggio.

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