«Il problema è un altro»

Cominciamo con il nocciolo della questione, con il termine problema. Nonostante la differenza spaziale (alto-basso) dei due verbi il problema si pone o si solleva, indifferentemente. Quasi sempre il problema, posto o sollevato che sia, è nuovo; e si dà gran merito a chi, accanto agli antichi e non risolti, solleva problemi nuovi e interessanti o meglio ancora, di estremo interesse, purché siano, ovviamente, concreti. Sul problema si apre un dibattito.

Il dibattito, oltre che concreto, e più spesso che concreto, è ampio e profondo, anzi, approfondito, e quasi sempre si propone un’analisi (approfondita anch’essa) della situazione. Concreto, come si è visto, è il problema, il dibattito, l’intervento. A memoria d’uomo non si è mai saputo di un problema, dibattito ecc. che si sia potuto definire astratto. Come non si è mai saputo di un problema risolto; semmai superato, dalla situazione creatasi con o dopo. A volte poi si è scoperto che il problema, pur essendo concreto, non esisteva. In casi simili basta affermare che il problema è un altro.

Al linguaggio va connessa la gesticolazione, problema peraltro più complesso e meno facilmente definibile. Ci limiteremo a darne qualche cenno.
– Ampio: si accompagna con un gesto circolare delle due mani, palme rivolte in alto.
– Concreto: si strofinano i due pollici contro le altre dita.
– Prospettive (e anche indicazioni): la mano sinistra si sposta in avanti, verticale; le dita debbono essere unite.
– Nella misura in cui: la mano – sempre sinistra – piegata a spatola, scava in un mucchietto di sabbia immaginaria, posta di fronte a chi parla.

da: Il lavoro culturale, Feltrinelli 1957

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