NyLon: la megalopoli virtuale capitalista (2007)

Foto F. Bottini

Fra i britannici, i francesi hanno fama di essere arroganti, quindi ero curioso di sentire il parere di Christine Lagarde, nuova ministro francese delle finanze, che questa settimana ha parlato di Parigi con molta umiltà a New York.
«Vogliamo competere con Londra e New York. Non necessariamente al medesimo livello ora, ma non vogliamo rinunciare» ha detto.

La signora Lagarde, con la sua ben curata capigliatura grigia, l’inglese fluente, la straordinaria competenza (parlava in inglese e traduceva da sola in francese le proprie osservazioni), già presidente di uno studio legale internazionale, non è Napoleone. È stata soprannominata «un’Americana a Parigi» e si inserirebbe benissimo in qualunque riunione della City di Londra o di Wall Street.
Ma colpiva ascoltarla, a un convegno di Paris Europlace, gruppo che promuove la capitale francese come centro finanziario, riconoscere in modo tanto esplicito l’egemonia di Londra e New York.

Dopo averla ascoltata, sono salito su un treno della linea F vicino all’ufficio di Manhattan del Financial Times, poi alla stazione della 34° Strada ho preso il treno per Long Island, poi la monorotaia che ora collega l’aeroporto JFK, con un aereo della Virgin Atlantic sono arrivato a Heathrow, e con l’Express, e poi la linea Jubilee fino a pochi metri dagli uffici di Londra del FT.

A parte il mio uso fiducioso del trasporto pubblico (non c’era nessuna lussuosa Lincoln a portarmi al Gulfstream privato rullante sulla pista di Teterborough?) non esisteva nessuna differenza, rispetto ai viaggi che fanno quotidianamente migliaia di persone, avanti e indietro fra le due capitali. Molti abitanti di New York vivono e lavorano a Londra, e viceversa. I due mercati cittadini della casa e dell’arte, i loro spiriti animali, respirano all’unisono.

Prima che colpisse la crisi americana dei mutui subprime quest’anno, Londra e New York dibattevano bonariamente, anche se qualche volta in modo brusco, su quale delle due fosse la principale piazza finanziaria del mondo.
Ma la stretta creditizia, e il timore non solo di una recessione USA, ma anche di una tendenza al ribasso di tutti i servizi finanziari, ha riportato in auge le similarità: la vera e propria relazione simbiotica. Non c’è niente come un nemico comune per unire le persone, ed è questo quello a cui NyLon, come spesso vengono definite le città gemelle, si trova di fronte.

Entrambi i centri dipendono dal settore finanziario per la propria salute e prosperità economica: rappresenta solo il 5% dei posti di lavoro, ma ben il 20% dei redditi a New York, ad esempio. Ciascun addetto a Wall Street ne sostiene altri due a New York City. Contemporaneamente, a Londra: «l mondo dell’arte non può ignorare il fatto che molti fra noi hanno bisogno dei ricchi collezionisti della City per pagare i conti» ha scritto l’artista britannico Grayson Perry su The Times questa settimana.

Sul lungo termine, non credo ci sia molto da temere. Londra e New York continueranno a beneficiare di grandi tendenze difficili da arrestare. Lo sviluppo degli scambi e della globalizzazione, il progresso tecnologico che consente ai paesi in via di sviluppo di competere con quelli ricchi, la diffusione del capitalismo. Tutto questo continuerà a produrre farina da macinare per i mulini di Wall Street e della City.

Il senso della concorrenza internazionale di Lonra e New York rende più difficile agli inseguitori raggiungerle. Due delle cose più ammirate di Londra – sindaco e organismo unitario di regolazione finanziaria – sono due perfezionamenti delle pratiche USA. Ora New York sta cercando di imparare da Londra (o stava cercando, prima del caso Northern Rock).

NyLon si inserisce anche nel fenomeno delle città-stato. Città costiere e portuali di tutto il mondo si stanno imponendo sugli stati-nazione che le contengono. Dubai e gli altri Emirati si stanno reinventando come centri finanziari, e il premio per la rapida crescita di Shanghai è stata la nomina di Xi Jinping, uno dei leaders della città, all’ufficio politico di vertice del PCC.
Contemporaneamente, le fortune di New York divergono da quelle degli USA da un paio d’anni. I prezzi delle case precipitano in California e a Las Vegas, ma continuano a salire a Manhattan, e mentre l’economia nazionale cresce del solo 0,7% nei primi tre mesi dell’anno, quella di New York balza del 4%.
Nel breve termine, ci sono però alcune cose di cui decisamente preoccuparsi. Il motivo per cui i valori immobiliari di New York si sono consolidati – e hanno continuato ad aprire ristoranti, e sono salite le quotazioni delle opera d’arte – nonostante tutti i problemi che ci sono altrove, è che le alchimie di Wall Street hanno trasformato i debiti di altre zone degli USA in liquidità nelle tasche dei banchieri, e
equity negli appartamenti di New York. I dividendi a Wall Street nel 2006 hanno raggiunto la cifra record di 24 miliardi di dollari.

Questo periodo di esuberanza è terminato, come mostra l’improvvisa decisione della Merrill Lynch di mercoledì, di alzare la quota della trascrizione dei debiti di 5 miliardi di dollari annunciata il 5 ottobre, di altri 2 miliardi. Quello che vale per Wall Street vale per Londra, che sino a poco tempo fa andava fiera di aver inventato prodotti derivati del credito e strutture finanziarie molto difficili da copiare.

Il rischio ora non è semplicemente che New York arretri sino ad allinearsi al resto dell’economia USA, o che cali un po’ la pressione a Londra. É che entrambe le città seguano la propria tradizione di elevata ciclicità, a causa della forte dipendenza da un solo e assai volatile settore. In entrambi i casi, dopo il 2001 c’è stata una caduta di crescita più netta che nei rispettivi contesti nazionali, e la cosa si potrebbe ripetere.
Tutto sommato, probabilmente non è il momento migliore per Parigi, per tentare uno scatto finale a raggiungere Londra e New York. É più saggio aspettare un momento, per vedere cosa accade ai concorrenti anglo-americani, e che occasioni la cosa presenta. Forse la signora Lagarde, nel suo modo intelligente e sottotono, lo capisce perfettamente.

da: Financial Times, 25 ottobre 2007 – Titolo originale: NyLon, a risky tale of twin city states – Traduzione di Fabrizio Bottini

 

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