Progetti di Vertical Farm nel mondo (seconda parte)

Sono molte le città in cui si sperimentano progetti di vertical farm. Di cui proponiamo di seguito schematiche descrizioni.

Agricoltura verticale su dimensioni contenute

Nascono in tutto il mondo attività basate su una idea di coltura verticale a piccole dimensioni. Ad esempio Nuvege a Kyoto, in Giappone, è un impianto idroponico su complessivi 2.787 m2 che si sviluppa in verticale per 5.295 m2 a produrre vari tipi di insalata in ambiente controllato e sicuro rispetto al non lontano impianto nucleare di Fukushima. PlantLab a Den Bosch, in Olanda, è un complesso sotterraneo su tre piani che sfrutta tecnologie avanzate LED per comporre una qualità calibrata di illuminazione a intensità regolabile su precise necessità, senza le lunghezze d’onda della luce naturale che potrebbero interferire con la crescita. Vengono impiega sistemi automatici di monitoraggio e controllo delle variabili, umidità, CO2, intensità luminosa e colore della luce, velocità della circolazione d’aria irrigazione, valori nutritivi, temperatura atmosferica. Questa high-tech farm produce il triplo rispetto a una normale coltura in serra sulle medesime superfici riducendo il consumo idrico del 90%.

Sky Greens

Uno dei progetti più promettenti di coltura verticale sembra quello di Sky Greens a Singapore. La piccola isola-stato con una popolazione di oltre cinque milioni di abitanti ha possibili problemi di sicurezza alimentare, vista la scarsissima superficie disponibile per le coltivazioni, e una produzione locale che copre solo il 7% degli alimenti consumati usando poco più di 100 ha di terreni. Il resto del fabbisogno viene coperto importando da tutto il mondo, con cosi dei trasporti che si fanno via via più proibitivi. Per queste ragioni a Singapore il vertical farming è stato da subito una opzione di grande interesse, e anche se si tratta certo di un caso abbastanza estremo ben rappresenta il problema di una miriade di altre città del mondo.

Sky Greens è il primo caso commerciale di «vertical farm urbana tropicale … per una produzione di verdure fresche sicure buonissime sfruttando pochissima superficie, acqua, energia». L’impianto operante da cinque anni è organizzato su tre piani per nove metri di usando un metodo detto A-Go-Gro (AGG) di serre traslucide per produrre verdure in foglia da clima tropicale su tutto l’arco dell’anno con rese molto maggiori dell’agricoltura tradizionale. Si arriva a una produzione fresca di una tonnellata al giorno per una varietà dal cavolo cinese, agli spinaci, lattuga, e poi Xiao Bai Cai, Bayam, Kang Kong, Cai Xin, Gai Lan e Nai Bai. Con questa elevata qualità e costi relativamente contenuti l’impianto si è rivelato commercialmente conveniente e si vuole allargare la produzione ad altre specie.

Da un punto di vista strutturale il sistema AGG consiste in un telaio di alluminio alto 9m su cui si allineano 38 scomparti di coltura variamente organizzati a letto o idroponia. Il telaio copre al suolo una superficie di soli 5,6 m2 con una efficienza che decuplica quella di qualunque coltura tradizionale. I comparti ruotano lentamente sul telaio di alluminio (tre volte sull’arco di una giornata) per far avere alle piante una illuminazione uniforme. Questa esposizione continua elimina la necessità di luce artificiale in certe zone della struttura. La rotazione è spinta da un sistema idraulico a basse emissioni pure attrezzato da alcuni piccoli comparti di crescita. Una tecnologia vecchia con una finalità nuova: anello di retroazione che sfrutta anche la gravità e consuma pochissima energia, solo 60W per ogni torretta da 9 metri, per una bolletta elettrica di 360 dollari al mese per l’impianto. Oltre a questi vantaggi commerciali, Sky Greens si impegna in programmi di informazione e formazione per i quartieri rivolti agli studenti delle scuole che visitano l’impianto, parlano con gli addetti e sperimentano la gestione delle colture, cogliendo il valore di scienza e tecnologia nel costruire soluzioni urbane sostenibili. L’attività è partita da un prototipo sviluppato congiuntamente da Agri-Food e dall’Autorità Veterinaria di Singapore nel 2010. Sky Greens insieme all’Autorità ha vinto il riconoscimento nazionale per il miglior progetto di Ricerca e Sviluppo di Vertical Farming nel 2011. Si conferma un ottimo metodo di produzione alimentare.

Negli Stati Uniti, città come New York, Chicago, Milwaukee, si fanno pioniere della vertical farm recuperando all’uso vecchi magazzini, edifici abbandonati o torri per produzione alimentare. Quando c’è a disposizione tanto spazio inutilizzato anche i prezzi di acquisto o affitto degli immobili diventano più accessibili. All’interno dei fabbricati vengono realizzate strutture sviluppate in altezza per parecchi livelli di letti di coltura, spesso serviti da luce artificiale, per la produzione di verdure e microgreen, da insalata come la rucola, i girasoli, le bietole, la senape. Le coltivazioni indoor verticali svolgono un ruolo sempre più importante di stimolo alle economie locali consentendo il riuso di edifici industriali, recuperandoli ad una produzione alimentare sana, creando posti di lavoro in aree difficili. Fra questi progetti innovativi di vertical farm statunitensi ricordiamo quelli di Green Spirit Farms, FarmedHere, The Plant, e Green Girls.

Green Spirit Farms

A New Buffalo, Michigan, Green Spirit Farms (GSF) è una compagnia che ha adottato la strategia commerciale del vertical farming. L’impianto si trova in una ex fabbrica di plastica. L’edificio comprende superfici per 3.716 m2 su un’area di ben 11 ha. Secondo criteri ordinari, GSF usa il complesso industriale dismesso rivolgendosi ai mercati urbani locali con prodotti freschi di alta qualità, senza pesticidi, non-OGM e a prezzi contenuti. Si prediligono prodotti molto apprezzati come lattuga, basilico, spinaci, kale, rucola, peperoni, pomodori, stevia dolcificante, fragole, cavoletti di Bruxelles. Che vengono distribuiti nella rete commerciale dei quartieri da negozi ristoranti e Harvest Market direi al consumatore. GSF gestisce poi progetti ad Atlanta, Filadelfia, in Canada e Regno Unito. Esprimendo una grande fiducia nel vertical farming. Secondo il responsabile ricerca e sviluppo della compagnia, Daniel Kluko, il futuro dell’agricoltura è chiaramente orientato in verticale: «Se vogliamo dar da mangiare agli affamati è così che si deve fare … si eliminano i rischi delle colture tradizionali, la fatica, i costi di tante attrezzature … Non si tratta di una attività di nicchia, né di qualcosa di passeggero, ma di una necessità per la stessa sopravvivenza del genere umano».

GSF sperimenta parecchie diverse tecnologie di coltivazione. Tra cui il sistema Volksgarden Rotary Garden, più precisamente Rotary Vertical Growing Station (RVGS), o un dispositivo multilivello a strati, la Vertical Growing Station (VGS). Commercializza i brevetti per la produzione di verdure, piante aromatiche, frutti, recuperando contenitori industriali come avvenuto a East Benton, Pennsylvania. Dove si opera su dimensioni decisamente superiori alla prima struttura di New Buffalo, con 1715 comparti organizzati in verticale a produrre aromatiche, verdure in foglia, peperoni e pomodori, su quantità equivalenti a quanto produrrebbero 81 ha di terreno. Efficienza consentita dal risparmio del «98% in meno d’acqua, 96% di terra, 40% in meno di energia» rispetto alle modalità agricole tradizionali. Si prevede la creazione di oltre 100 posti di lavoro nell’economia locale. GSF ha investito 27 milioni di dollari nella vertical farm e ricevuto finanziamenti per 300.000$ dal Pennsylvania First Program, 303.000$ in Job Creation Tax Credits, e 45.450$ per la formazione professionale avanzata dei nuovi dipendenti. Quella posizione nella città pareva ideale a Green Spirit grazie alla vicinanza a corposi mercati di sbocco, gran parte dei prodotti si distribuiscono entro un raggio di poco più di 100 km. In sintesi il progetto di coltura verticale è un buon esempio di riuso di un contenitore a scopi agricoli tecnologici in collaborazione pubblico-privato. A cui hanno contribuito numerose diverse entità come Commonwealth of Pennsylvania, Lackawanna County, Benton Township, e la Camera di Commercio della Grande Scranton.

FarmedHere

FarmedHere è fondata nel 2011 e opera oggi in tre diversi impianti in Illinois: Englewood, nella zona Chicago Southside; Flanagan nella zona sud dello Stato; il più recente a Bedford Park, ancora sobborgo di Chicago. La compagnia è in crescita e si prevede di poter fornire il 6% o più delle erbe aromatiche e altre da cucina per la zona di Chicago. Coinvolge anche giovani del luogo attraverso Windy City Harvest, programma di formazione agricola dell’Orto Botanico di Chicago per i quartieri problematici. FarmedHere ha ottenuto la certificazione biologica ufficiale federale del Ministero dell’Agricoltura a fine 2012. I prodotti sono distribuiti da catene come Whole Foods, o Mariano’s Fresh Market per la zona di Chicago, Green Grocer, e forse in futuro Trader Joe’s e Meijer. Si sono anche ottenuti dei finanziamenti di sostegno da Good Food e Whole Foods, che sono i principali clienti. Dovrebbe esistere una precisa nicchia di mercato dentro cui collocarsi vista la domanda di alimenti biologici sani. E anche la possibilità di ottenere sostegni come agevolazioni ed esenzioni fiscali grazie al recupero all’uso di contenitori industriali.

L’impianto di Bedford Park copre 8.361 m2, molto più della prima struttura a Englewood (371 m2) e della seconda a Flanagan (929 m2). Si trova a 24 km dal centro di Chicago, e viene considerata la prima nel suo genere, la più grande vertical farm in America. Inaugurata nel 2013 potrebbe affermarsi come modello di produzione efficiente high tech. Si colloca in un ex magazzino senza finestre a due piani e il concetto è di occupare interamente tutto lo spazio. Oggi esistono due grandi strutture a letti di coltura illuminati a luce fluorescente. La prima è acquaponica, l’acqua circola tra serbatoi col pesce, e le piante irrigate poste in contenitori «fluttuanti» di polistirolo. La seconda struttura è aeroponica, l’acqua viene spruzzata nebulizzata sulle radici esposte. Gli operatori piantano i semi e organizzano i germogli in file poi trasferite negli spazi di crescita. Dopo circa un mese il raccolto e confezione a mano in ambiente refrigerato, poi la spedizione il mattino successivo verso gli esercizi commerciali dell’area metropolitana di Chicago.

Organizzando verticalmente acquaponia e aeroponia, l’impianto sviluppa 13.935 m2 in spazi di coltura, circa 1,4 ha. L’ambiente controllato a umidità e temperatura ideale garantisce una crescita ottimale. Per una produzione di 136.078 kg di verdure in foglia con la prospettiva di crescere sino a 453.592 kg l’anno e senza prodotti chimici, pesticidi, erbicidi. Anche la gamma di prodotti dovrebbe allargarsi a peperoni, pomodori e altre verdure. L’acquaponia produce anche pesce oltre a erbe aromatiche – basilico e simili – biologiche, e l’aeroponia rucola e crescione. Per ragioni di efficienza spaziale le piante stanno su sei scaffali illuminati artificialmente e gestiti dagli operatori su una piattaforma elevatrice a forbice. Il metodo dell’acquaponia filtra gli scarti delle tilapie ricchi di azoto e li sfrutta per nutrire le piante, mentre i pesci allevati senza ormoni stanno in quattro serbatoi da 3028 litri, l’acqua è riciclata in un sistema chiuso che risparmia il 97%. L’efficienza quindi riguarda tutto l’insieme.

Queste strutture operano «on demand» vale a dire che possono facilmente adeguarsi alle domande di mercato. Potrebbe ad esempio crescere quella per certi tipi o formati di verdure. «Ma il sistema è totalmente modificabile nel giro di 14-28 giorni, sino ad ottenere una pianta sviluppata da immettere sul mercato». Il principale ostacolo rimane comunque l’elettricità necessaria alle colture e al riscaldamento. Si tratta di bollette esorbitanti che hanno obbligato alcuni progetti a chiudere i battenti. Dickson Despommier, nel suo libro The Vertical Farm: Feeding the World in the 21st Century, sottolinea proprio come sia l’energia a costituire un grave ostacolo. Ma si stanno cercando attivamente soluzioni sia nel solare che nell’eolico che nel gas metano per produrla, o per risparmiarne aggiungendo l’illuminazione naturale all’artificiale attraverso finestre o lucernari. O come si tenta in altri casi sperimentare l’uso di pochissima luce ma sufficiente alla crescita delle piante.

The Plant

Nel cuore della zona dei macelli abbandonati di Chicago, lo spazio vecchio di un secolo di The Plant ha una lunga storia di produzione alimentare, prima di inscatolamento carni e sede di Peer Foods. Il magazzino in mattoni rossi a quattro piani per 8686 m2 diventa ora una net zero vertical farm con la produzione alimentata dagli scarti. Il bilancio energetico zero si basa su un sistema Combined Heating and Power (CHP) con un digestore anaerobico a convertire gli scarti alimentari in bio-gas, e con l’energia scaldare e raffreddare l’edificio. Il metano proviene dalle 27 tonnellate al giorno, 11.000 l’anno, di scarti gestiti a produrre energia e calore. Si pensa di destinare tutta la struttura a incubatore della produzione alimentare tecnologica, laboratorio di ricerca e didattica formativa sul vertical farming. La trasformazione dell’edificio iniziata nel 2010, è stata portata a termine nel 2016.

The Plant attualmente produce verdure, funghi, pane, tè Kombucha. In fuuro a regime dovrebbe aggiungere allevamento di tilapia, produzione di birra e tè confezionato, cucine di quartiere, sistema ad aquaponia, esportazione di energie verdi. «Operiamo per dimostrare cosa sia effettivamente una produzione sostenibile di alimenti dentro un’idea economica e un insediamento industriale dismesso, a comprendere anche attività collaterali all’agricoltura e tutto alimentato da energia prodotta in loco. Legando i prodotti di una attività con l’altra, valorizziamo anche scarti che altrimenti andrebbero sprecati». La conversione del vecchio impianto è stata resa possibile da un prestito di 1,5 milioni di dollari dello Illinois Department of Commerce and Economic Opportunity (DCEO) per lo sviluppo integrato di energie da fonti rinnovabili.

La Tour Vivante

Green Girls

Green Girls Produce, azienda alimentare di vertical farm prima a fornire di verdure fresche sull’arco di tutto l’anno ristoranti del Tennessee, mira anche a migliorare la salute degli abitanti di Memphis e contrastare il degrado urbano. La struttura da circa 5.600 m2 si trova nella zona storica centrale di Memphis al quarto piano dell’Emerge Building. I ristoranti sembrano sempre avidi di certe verdure in grado di arricchire qualunque menu. «I cuochi adorano quelle che riescono ad aggiungere colore sapore profumo a qualunque piatto anche anonimo … Per giunta si tratta di specie novelle molte volte più nutrienti raccolte prima». I ristoratori però non comprano di solito questi microgreen a causa dei costi elevati: indicativamente 200 dollari al chilo. Col sistema tecnologico a coltura verticale il costo dei microgreen scende fino a 80 dollari al chilo. Green Girls calcola un reddito di un milione annuo. Il guadagno deriva dalla scelta di colture al alto valore aggiunto e di tecnologie efficienti di automazione, idroponia a circuito chiuso e che necessita di pochissimi addetti. Notevole anche il risparmio d’acqua (90% in meno di una coltura convenzionale) ed energetico con illuminazione LED.

Tetti coltivati

Il rooftop farming consiste nello sfruttare le coperture degli edifici per farci crescere frutta o verdura. Vista l’estrema scarsità di superfici di terreno urbane coltivabili, i tetti si affermano sempre più come contributo sia alla produzione alimentare che alla costruzione di una città sostenibile. E in realtà si tratta di spazi inutilizzati disponibili in abbondanza. Per esempio, a Honolulu si calcolano 1.579.351 m2 , di tetti da sfruttare. Così negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative per trasformarli in green roof.

Che poi altro non sono se non una componente potenziale dell’agricoltura urbana allargata. Una coltura sul tetto contribuisce a contrastare le isole di calore, contenere il deflusso delle acque piovane e isolare i fabbricati. Oltre ai vantaggi ambientali le coltivazioni sui tetti possono offrire alla città prodotti freschi molto tangibilmente locali promuovendo un tipo di agricoltura urbana su piccola scala. Le coltivazioni più comuni sono kale, carote, cavoli ricci, ravanelli, peperoni, fagioli, bietole, pomodorini, erbe aromatiche. Riconosciamo che esiste una certa distinzione tra il concetto di vertical garden e quello di vertical farm. In entrambi i casi esiste una organizzazione verticale, ma se nel primo caso non sempre si producono frutta e verdura, nel secondo gli impianti non sono dedicati esclusivamente a quello. Una vertical farm è generalmente su una superficie molto maggiore di quella di un vertical garden. Ad ogni modo il prodotto di entrambe le tipologie vertical garden e vertical farm si rivolge prevalentemente al sistema locale di cittadini negozi ristorazione.

In effetti poi la coltivazione sui tetti non è un’idea del tutto nuova, la sua storia può risalire anche alle ziggurat dell’antica Mesopotamia o ai Giardini Pensili di Babilonia. Arrivando sino ad oggi però si continua a migliorare la tecnica e cercare nuovi obiettivi. Strutture solide per sopportare meglio il carico di terra di coltura o serre. Le fasce laterali di qualsiasi copertura già sono abbastanza robuste e adeguate a sostenere carichi notevoli ma per l’area centrale possono essere necessari dei rinforzi. E per usare i tetti c’è il problema dell’accessibilità, tecnico, compatibile con le condizioni meteorologiche, di sicurezza. Ostacoli possono anche emergere dalle normative edilizie e urbanistiche. Per queste ragioni gli operatori hanno dovuto lavorare molto per realizzare sistemi efficienti anche dal punto di vista economico. Una comparazione dei costi e dei benefici fa capire quanto non tutti i tetti siano adeguati a questo uso. Nel 2012, Local Garden, apriva la propria rooftop farm a Vancouver, Canada, poi chiusa per insostenibilità economica. Il modello certamente è ancora allo stadio evolutivo, ma non se ne può negare il potenziale per l’agricoltura urbana.

Brooklyn Grange

Sono cresciute numerose iniziative di coltura sui tetti a New York City, la principale è Brooklyn Grange, su mezzo ettaro di superficie circa, che risulta anche la più estesa del mondo. In cima a un magazzino di sei piani costruito nel 1919, Brooklyn Garage coltiva molte «verdure biologiche a coprire 40 tipi di pomodori, peperoni, finocchi, insalate, kale, verdure in foglia, fagioli, e poi carote, rape, rapanelli, erbe aromatiche». Tutto cresce in un letto profondo 19 cm di terriccio Rooflite. «Il Rooflite è un composto leggero di materiali biologici e piccoli elementi minerali porosi che rilasciano sostanze necessarie alle pianteper crescere sane e arrivare bene alla maturazione». Brooklyn Grange funziona molto bene e si prevede di allargare l’attività.

Gotham Greens

Gotham Greens opera su una superficie di 1.394 m2 sopra un edificio da due piani a Greenpoint, Brooklyn, New York. Operativa dal 2011, è la prima attività idroponica commerciale rooftop degli Stati Uniti che sfrutta le sofisticate tecnologie del sistema Controlled Environment Agriculture (CEA) in un ambiente urbano. Altamente efficiente nello sfruttare pochissime superfici per una produzione di 7-8 volte superiore all’agricoltura tradizionale, su tutto l’arco dell’anno e senza pesticidi. Col vantaggio di offrire alimenti tipici della stagione estiva anche d’inverno, rinverdendo anche un po’ il grigio panorama di New York, mirando ad una produzione di 80-100 tonnellate ad elevata qualità di lattughe, radicchi, verdure in foglia, erbe aromatiche. Alla produzione si affianca il tentativo di risparmiare energia attraverso un sistema computerizzato che controlla riscaldamento, raffreddamento, irrigazione, erogazione dei nutrienti, usando il fotovoltaico installato ad hoc. Ulteriori riduzioni dei consumi arrivano dalla ventilazione naturale, doppi vetri, isolamento termico della rooftop farm, pompe e ventilatori. I consumi energetici e di superficie sono inferiori a quelli di una azienda agricola tradizionale. Tutti questi dispositivi e tecniche sono particolarmente adeguati a New York City vista la rapidissima crescita dei costi dell’energia. Grazie a tali risparmi Gotham Greens probabilmente riuscirà a ridurre i costi della produzione in modo rilevante. È stato peraltro l’unico produttore che ha garantito le forniture ai clienti anche durante l’uragano Sandy. Cosa che sottolinea certi vantaggi degli ambienti urbani protetti specie a fronte del cambiamento climatico e delle potenziali devastazioni alle colture agricole aperte.

Coltivazioni su molti piani

Come già accennato, crescono anche i progetti, almeno sulla carta, di vertical farm in veri e propri edifici a torre. Il restare nell’ambito delle pure ipotesi si deve alla non fattibilità economica, sinora, di queste idee. Prese comunque assai sul serio da qualcuno che intende sperimentare in pratica il concetto, come nel caso di Plantagon.

Plantagon

Fondata nel 2008 a Stoccolma e diretta da Hans Hassle, Plantagon è un’azienda di coltura verticale svedese che opera con uffici in città di tutto il mondo, da Shanghai in Cina, a Singapore. E collabora con altri, come SymbioCity o SWECO, pure alla ricerca di nuovi metodi di coltura tecnologica sostenibile. Per la ricerca i rapporti sono con istituzioni accademiche quali l’Università di Linköping in Svezia, o la Nanyang Technological University di Singapore, o la Tongji University di Shanghai, in Cina. Pantagon ha partecipato all’Esposizione Mondiale di Shanghai 2010, vincendo poi il Premio Globale per la Sostenibilità lo stesso anno. Altro riconoscimento è il Silver Stevie Award in quanto «compagnia più innovativa» d’Europa nel 2012.

Struttura organizzativa

Plantagon ha adottato una struttura organizzativa particolare detta companization, combinando due unità legalmente distinte, la commerciale Plantagon International AB, e la senza scopo di lucro Plantagon Non-profit Association. L’obiettivo è di tentare di integrare i due obiettivi del profitto e dei principi. Diventando una miscela di decisioni e struttura commerciale top-down e un’altra bottom-up inclusiva e democratica. Le due componenti dipendono l’una dall’altra così che si responsabilizzano reciprocamente ed eticamente. Un altro vincolo etico è rappresentato dall’inserimento in statuto del Global Compact e della Carta della Terra ONU. I componenti il Consiglio di Amministrazione, che rappresentano sia l’area commerciale profit che quella senza scopo di lucro non-profit, cooperano nel definire strategie e giudicare la produttività dell’impresa e mettendo sul medesimo piano «questioni morali e dibattito economico».

Innovazione tecnologica

L’innovazione non riguarda soltanto la struttura organizzativa ma anche le tecnologie. Si è studiato un sistema automatizzato di coltura a forma elicoidale posto al centro della struttura. Che sfrutta una efficiente fascia mobile robotizzata a spostare le piante singole o in gruppo. A livello terra, gli operatori seminano in vasi che poi sollevano sulla spirale. Qui essi vengono automaticamente fatti ridiscendere verso terra, controllando la quantità di luce solare a seconda delle dimensioni e stadio di crescita. Quando raggiunge il suolo la pianta è pronta ad essere colta. Per garantire la massima esposizione possibile alla luce solare, i vassoi contenitori si spostano con maggiore velocità se sono in ombra. A regime ci saranno luci LED complementari a quella naturale.

Altre innovazioni di Plantagon sono quelle idroponiche con letti arricchiti di pomice usata come veicolo per la crescita invece della sola acqua. Roccia di origine vulcanica da raffreddamento della lava, la pomice ha una porosità particolare in grado di assorbire le sostanze nutrienti che rilascia poi per le piante. Superando così il problema delle verdure con poco sapore da questi tipi di coltura in acqua pur a parità di proprietà nutritive. I modelli di vertical farming sono tre: quello di affaccio, il multifunzionale, il monofunzionale.

Il sistema di pareti-affacci Plantawall

Si tratta di adattare l’affaccio di un edificio a fungere da parete di una serra produttiva. In particolare, si collocano serre profonde 6 metri, sul perimetro là dove è maggiore l’esposizione alla luce naturale. Le piante sono collocate in contenitori che si spostano su nastri trasportatori costantemente alla ricerca della migliore illuminazione. Il sistema PlantaWall è una struttura modulare adattabile che si installa sulla struttura del fabbricato o viene concepita insieme. È anche isolante acusticamente, facilita ambienti interni lavorativi molto abitabili, migliora le prestazioni termiche e l’ombreggiatura. In più promuove una correlazione simbiotica per piante e occupanti umani facendo assorbire alle prime la CO2 dei secondi e l’O2 viceversa. Riduce però la quantità di luce naturale che può entrare più profondamente nel fabbricato.

Multifunzionalità e Monofunzionalità

Una vertical farm multifunzionale contiene attività come uffici, alberghi, negozi, abitazioni, scuole e simili. Una coltura verticale detta standalone è dedicata esclusivamente alla produzione agricola tecnologica di alimenti. Sono stati realizzati prototipi sia del primo che del secondo concetto, a forma di sfera per gli ambienti tropicali e di mezzaluna per i climi temperati. Quest’ultimo chiamato Plantscraper è un edificio costruito in centro a Linköping, al sud della capitale svedese di Stoccolma con lo scopo preciso di fungere da modello per la vertical farm. Una torre di dodici piani a funzioni varie, che ospita anche colture indoor sull’affaccio verso sud (PlantaWall), poi un farmers market a pianterreno, e spazi a uffici dove si fa ricerca tematica sulla coltura verticale.

Affittare altri uffici può rappresentare una preziosa fonte di reddito aggiuntiva alla struttura. Il calcolo produttivo agricolo per Plantscraper è tra le 300 e 500 tonnellate di verdure l’anno. Soprattutto pak choi, noto anche come cavolo di sedano, verdura cinese che si consuma sia cotta che cruda. La scelta si deve oprattutto al fatto che Plantagon vuole usare questo edificio come modello per le città asiatiche. In aggiunta si recupera tutta l’acqua di scarico gestendo attentamente i deflussi di inquinanti e la condizione del suolo. Plantagon programma di integrare anche la vertical farm alle reti cittadine elettrica, idrica, del gas e fognaria.

La Tour Vivante

L’Atelier SOA francese propone una torre agricola multifunzionale su trenta piani detta Tour Vivante con colture, residenza, uffici, negozi, ristorazione. Il concetto vuole evocare una sorta di quartiere autosufficiente verticale riducendo le necessità di spostamento tra campagna e città, avvicinando produzione e consumo. Chi abita e lavora dentro la torre gode la prossimità a prodotti freschi sena bisogno di conservanti, e l’affitto degli altri spazi consente un apporto economico a sostegno dell’attività di coltura. Potrebbe anche verificarsi che abitino dentro l’edificio anche gli addetti alla produzione agricola alimentare eliminando del tutto ogni forma di pendolarismo per lavoro. Unire così abitazioni, colture agricole, spazi per uffici, avvicina i cittadini in qualche modo all’esperienza rurale delle campagne extraurbane, ricollega alla natura. Spiegano i progettisti della torre: «la separazione fra città e campagna, fra i concetti urbanistici e le zone naturali, fra l’abitare, il consumare, il produrre, è sempre più problematica per una gestione sostenibile dello spazio […] il concetto della Tour Vivante vuole unire agricoltura produttiva, case e altre attività dentro un unico sistema».

L’intrecciarsi tra funzioni vuole essere correlazione simbiotica fra abitanti e colture. Per esempio gli scarti alimentari di residenti e ristoranti vengono raccolti e trasformati per un fertilizzante liquido usato su frutta e verdura. In modo analogo l’ossigeno prodotto dalle piante viene respirato dagli abitanti mentre la loro anidride carbonica è assorbita dalle piante. L’acqua piovana su tetto e affacci viene raccolta, filtrata, usata per le colture, e gli scarti agricoli insieme a quelli di case e uffici contribuiscono a generare energia per la torre. Le acque di scarico nere vengono riciclate e purificate, a irrigare e fertilizzare le piante. La Tour Vivante adotta le energie da fonti rinnovabili con due turbine a vento e pannelli fotovoltaici, installati sull’affaccio meridionale e il tetto. L’edificio stesso si intende realizzato con materiali riciclati e riciclabili. Al centro un pozzo termico di cemento serve a gestire irraggiamento solare e umidità in tutto il fabbricato contribuendo anche alla ventilazione naturale con un «effetto camino» e doppie pareti sull’affaccio. Si sperimenta la possibilità di mescolare architettura, agricoltura, consumi, collocando produzione alimentare e consumi nel medesimo spazio.

Harvest Green Tower

La città di Vancouver, nella Columbia Britannica, Canada, nei prossimi decenni prevede una imponente crescita urbana e relativo aumento della domanda alimentare. Romses Architects ha proposto una vertical farm multifunzionale per contribuire al programma di riduzione delle emissioni 2030 Challenge. Harvest Green Tower, così si chiama il progetto, è uno spazio mixed-use di abitazioni, uffici, intrattenimento, negozi, ristoranti, e agricoltura verticale per coltivare verdure, erbe aromatiche, frutta, uova, pesce, latte di capra e pecora. Si integra al sistema urbano della mobilità di massa. La torre si articola in:

  • Seminterrato – parcheggi e servizio car-sharing

  • Pianterreno – Negozio alimentare, farmer’s market, ristoranti, nodo del trasporto pubblico

  • Piani bassi – pascolo per gli animali da latte, spazio per le galline, impianti per la mungitura e gestione

  • Piani intermedi – Produzione di frutta, verdura, pesce

  • Piani alti – Unità residenziali

  • Cima – Cisterna per l’acqua

La torre installa sul tetto turbine eoliche, pannelli fotovoltaici sugli affacci, impianto di geotermia nel seminterrato, produce bio-energia dal compost di piante e animali. Nell’insieme c’è la possibilità di esportare anche un surplus energetico immettendolo in rete. L’acqua piovana è raccolta dalla cisterna sul tetto e sfruttata per irrigare le piante con la sola forza di gravità. Il progetto ha vinto il premio Vancouver 2030 Challenge perché affronta la questione del cambiamento climatico promuovendo trasformazioni urbane centrali ad elevata densità e funzioni multiple, e contenendo così espansione e dispersione.

Skyfarm

Progettata dall’architetto Gordon Graff, la coltura verticale Skyfarm propone un edificio di 59 piani nel centro di Toronto, Canada. Adotta il metodo idroponico di produzione alimentare, sfruttando complessivamente una superficie di 743.224 m2. Che dovrebbe rendere l’equivalente di una coltura tradizionale in campagna su 400 ha, dando da mangiare a 35.000–50.000 persone l’anno. L’edificio è attrezzato di impianto biogas a digestore anaerobico per produrre metano da rifiuti, in seguito bruciati per produrre elettricità. Anche altri scarti e scarichi possono essere convogliati al digestore anaerobico per il metano da elettricità. Il cui scarto liquido può essere usato in campagna come fertilizzante.

Pyramid Farm

Pyramid Farm – Inhabitat

Eric Ellingsen, professore di architettura, e Dickson Despommier, hanno proposto una Pyramid Farm di trenta piani per la produzione di frutta e verdura, allevamento pesci e polli, in grado di sostentare ogni anno 50.000 persone. Il progetto adotta un ecosistema agricolo a circuito chiuso in cui ciascuna componente – dall’acqua alle sostanze nutrienti — è riciclata a ridurre drasticamente al minimo gli scarti. Comprende sistemi di riscaldamento e pressurizzazione che separano le acque di scarico dalla componente carbonica, ad alimentare macchine e impianti di illuminazione. Elevata efficienza consumando solo il 10% dell’acqua rispetto alle colture tradizionali, e solo il 5% della superficie. Molto gradevole di aspetto la piramide si adatta bene all’ambiente dell’area urbana.

La Vertical Farm nelle Filippine

Un recentissimo e visionario progetto proposto riguarda l’aeroponia verticale ad elevata resa per il riso nelle Filippine: un paese ad elevata insicurezza alimentare e con poche superfici coltivabili. Riso di notevole valore alimentare per tutto il globo, che metà della popolazione mondiale usa come base. Jin Ho Kim propone tecnologie aeroponiche a bassissimo consumo d’acqua per la coltura del riso in poco spazio in una vertical farm che si vorrebbe realizzata su parallelogrammi di bambù. Un’idea che promuove anche la disponibilità di posti di lavoro locali e risparmia sui costi dei trasporti, magazzini, refrigerazione, confezione, e offre luoghi di incontro sociale e cura dei bambini. […]

da: Buildings, Vol. 8 n.2, febbraio 2018; The Vertical Farm: A Review of Developments and Implications for the Vertical City – Traduzione di Fabrizio Bottini – Segue – Qui la Prima Parte 

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