Una espansione urbana per quartieri-parco (1868)

[…] Perché orientare la crescita delle grandi città

L’enorme crescita della popolazione nelle grandi città che caratterizza la nostra epoca, si deve principalmente all’aumento delle possibilità di trasporto, comunicazione e scambi a scala mondiale, ed esiste ogni motivo per prevedere che, nel futuro immediato, si verificheranno cambiamenti anche più rapidi nel medesimo senso. Oggi stendiamo ferrovie su tutto il continente al ritmo di migliaia di chilometri l’anno, e prima che il nuovo Presidente entri in carica avremo già investito nell’enorme mole di lavoro l’altrettanto enorme somma di duemila milioni di dollari, in gran parte di opere preparatorie, metà delle quali orientate ad aprire nuove terre a profittevoli coltivazioni. Si apronuo nuove prospettive per la produttività del paese, ma non ha ancora iniziato a manifestarsi la domanda commerciale della popolazione.

Siamo a metà della strada verso il Pacifico, e solo da un anno abbiamo iniziato la navigazione a vapore verso Cina e Giappone, dove ancora si deve sviluppare una domanda di commercio civile della popolazione, frugale e industriosa, tanto più vasta di quella dei Paesi Cristiani nel loro insieme. Stiamo solo iniziando a comprendere davvero il valore del telegrafo elettrico nel contenere i rischi del commercio su vasta scala, conferendogli ordine e sistematicità. Ci stiamo dunque preparando ad entrare in una nuova fase di progresso economico e sociale, in cui cogliere i vantaggi che derivano dalla cooperazione e dall’associazione sarà cosa normale, anziché rara eccezione come accaduto sinora.

Cosa fa migliorare le condizioni delle grandi città

La rapida espansione delle città accaduta sinora, è dunque da considerare soltanto un avvertimento dell’ancora più grande crescita a venire. Si comprende quindi quanto urgente, nell’interesse della nostra razza, possa essere una crescita secondo le leggi del progresso, così che si possa ragionevolmente sperare in una esistenza sempre migliore, salubre, ordinata. Una cosa pare certa: i miglioramenti avvenuti sinora si possono ascrivere soltanto in piccola parte all’azione diretta di chi dovrebbe essere responsabile di governare il pubblico interesse della popolazione. Non si deve a questo intervento né avanzamento del sapere né scoperte o invenzioni, né scienza. E neppure dobbiamo molto, in realtà, nemmeno all’azione diretta delle leggi della domanda e dell’offerta. Possiamo quindi sostenere che tutto è avvenuto per cause che vanno oltre le possibilità del giudizio umano, e che dovremmo lasciare che il futuro si realizzi da solo, così come hanno fatto i nostri padri? Una conclusione che non si giustifica in alcun modo, perché anche là dove pare ancora impossibile risalire alle cause, a tutti i vantaggi che abbiamo rispetto ai nostri predecessori, siamo comunque convinti oltre ogni ragionevole dubbio che almeno una gran parte delle immunità dalle malattie e varie forme di pestilenza, nonché la gran parte delle migliorate condizioni sanitarie e dell’allungamento della vita nelle nostre città, ultimamente, si debba all’abbandono dell’antico metodo di costruzione compatta, e all’adozione graduale del piano su grandi spazi, aperti alla luce del sole e all’aria pura; un’abitudine non certo derivata dalla previsione consapevole di tali risultati.

Prova di tutto ciò è l’evidente sproporzione tra vivi e morti, sani e malati, che rileviamo esistere confrontando città dove ancora si abita su stretti vicoli, e altre dove invece si è adottato il nuovo metodo; o fra parti diverse della medesima città, le une più affollate e le altre più aperte: differenze che sono quasi quanto quelle tra una città moderna e una città antica. Per esempio, a Liverpool, l’afflusso costante di nuova popolazione povera e ignorante proveniente dall’altra sponda del Canale d’Irlanda, la conseguente alta domanda di spazi da abitare dentro i vecchi malmessi edifici affacciati su strade strette, è stata di recente causa di un rallentamento nei progressi sanitari, se la paragoniamo col caso della tanto più grande Londra: la densità di popolazione a Liverpool è di poco più di 50.000 abitanti al chilometro quadrato, e quella di Londra di circa 20.000; la media di mortalità a Liverpool è diciassette anni, a Londra di ventisei. Nella circoscrizione di Brooklyn il numero di morti per mille abitanti dell’anno scorso nelle zone più dense, è stato doppio rispetto a quelle dove le strade sono più ampie ed esistono più giardini.

Se ne sono fatte parecchie, di comparazioni del genere, e i dati rilevati su luoghi dove variano molto le condizioni generali sanitarie, al punto che nessuno con qualche responsabilità municipale, per quanto limitata nel tempo o nelle competenze, può essere perdonato se ignora il fatto che il principale ostacolo ad una prospera comunità urbana sono le condizioni (oggi senza nessuna scusa) che portano ad aria stagnante e sottrazione di luce solare. E ancora, il fatto che la pura respirazione di ciascun individuo produce del gas, che non disperso rende l’atmosfera locale prima debilitante e poi malsana, poi ancora mortale; e il fatto che il medesimo gas possa essere rapidamente assorbito e l’atmosfera purifica dall’azione di foglie, alberi, erba, tutte erano cose sconosciute a chi ha fissato i modelli seguiti in un modo o nell’altro sinora nell’organizzazione stradale delle grandi città. Ma la cosa più importante che dobbiamo ricordare è come non esistesse ancora la consapevolezza del fatto che i grandi centri derivano necessariamente dall’interazione tra chi controlla alcuni aspetti della risorse e della ricchezza, e chi è portatore di altri aspetti: con la crescita degli uni e degli altri le città aumentano di dimensione, e di conseguenza diventa dovere di ciascuna generazione abitante la città di considerare nei propri programmi una quantità di popolazione maggiore di quella con cui si confronta oggi.

Nuove abitudini dei cittadini richiedono modifiche sostanziali alla città

Se consideriamo le modifiche alla struttura delle città indotte dall’azione dei privati cittadini, vediamo che seguono chiari criteri, i cui indirizzi devono essere seguiti dall’azione pubblica della generazione attuale, se non vogliamo che tra non molto tempo occorra una revisione tale da comportare sacrifici economici.

Separare la vita domestica dalle attività economiche

Nello scorso secolo erano relativamente poche le città dove venivano utilizzati edifici diversi per l’alloggio e per i propri affari. La gran quantità degli abitanti di Parigi, Londra o New York ancora oggi fa così, ma si deve accelerare la tendenza alla divisione man mano si ampliano le città, per accrescere la distanza tra le zone. La ragione è evidente: l’uomo d’affari nelle ore di lavoro non ha alcuna occasione di godere delle comodità domestiche, ma deve invece rapportarsi con chi lavora insieme a lui nel più breve tempo possibile, col minore sforzo possibile. Vuole stare vicino a una banchina, ad esempio, o alla Borsa del Grano o alla Borsa Valori, o a certe attività commerciali o produttive. E d’altra parte, quando non è impegnato col suo lavoro, non ha interesse a stare in quei luoghi, ma chiede spazi di tipo completamente diverso. Le famiglie hanno bisogno di alcuni luoghi, e di essere anche in quantità tale da rendere praticabili attività sociali e di altro genere, senza comunque accettare quelle situazioni della vita urbana che abbiamo già descritto, un tempo considerate inevitabili, e forse ancora oggi in qualche misura nei quartieri delle attività; mentre le famiglie chiedono gli agi dell’aria pura, dello spazio abbondante, della vegetazione, senza nulla perdere in comodità urbane.

Quelle zone che già oggi sono in considerevole parte occupate dalle attività industriali e commerciali, o che per varie ragioni si ritengono più adatte a quell’uso, verranno così adibite sempre più esclusivamente ad esso. Anche se non possiamo prevedere oggi l’organizzazione di una città che cresce rapidamente, possiamo sicuramente affermare che la suddivisione di qualunque centro avverrà secondo le grandi categorie del domestico e dell’economico, tendenza già iniziata dalle città europee nel secolo scorso, che non solo continuerà, ma si farà sempre più marcata. Ed è più che probabile si dovrà riflettere sull’organizzazione stradale più adeguata da ogni punto di vista agli scopi di questa divisione, nelle une come nelle altre parti.

Spazi per la ricreazione e distanza del suburbio

Altra trasformazione negli usi degli abitanti delle città, pure derivante dal grande allargamento dell’area occupata, è il fatto che essendo molto più lontane le periferie dal centro, la massa degli abitanti non può certo tranquillamente passeggiare fino alla campagna alla ricerca di aria pura, tranquillità e ristoro. E non c’è alcun dubbio che l’intensa attività intellettuale che comportano si ala biblioteca che il laboratorio che una attività contabile, rendano ancor più essenziale per recuperare forza e salute, trascorrere tempo libero rilassante molto più di quanto non sia accaduto sinora. L’uomo civile, se certamente ha guadagnato terreno su alcune forme acute di malattia, diventa invece sempre più soggetto ad altre più sottili insidie alla propria salute e serenità, e contro queste la cura la prevenzione non si trovano certo nella medicina, e neppure nell’esercizio atletico, ma nella luce solare e in altre forme gentili di attività pensate per riequilibrare e alleggerire il pensiero.

Nuovi mezzi di trasporto

Altra importante modifica, o intera categoria di cambiamenti nelle abitudini delle persone, riguarda le elaborazioni dipendenti da una più sofisticata divisione del lavoro, e l’adattarsi conseguente a nuovi scopi di strumenti già disponibili. Non se ne potrebbe trovare esempio più straordinario della varietà di leggere eleganti comode carrozze che circolano nelle città. All’epoca in cui furono concepiti i modelli stradali ancora esistenti, per uscire o far visita a vicini era in uso la portantina. I pochi veicoli a ruote usati dai più ricchi erano molto pesanti e goffi, adatti solo a spostarsi lentamente su strade sterrate, con velocità massime di meno di una decina di chilometri l’ora nel caso di quelli pomposamente definiti «cocchi volanti». Oggi abbiamo a disposizione infiniti stili di veicoli, ciascuno dei quali adattato da numerosi ingegnosi interventi per offrire comodità, piacere e sicurezza a chi lo usa. Per eleganza e facilità d’uso sono estremamente leggeri e attrezzati di ammortizzatori a molla. E di conseguenza inadatti all’uso su percorsi concepiti per i carichi pesanti del traffico commerciale, si possono invece sfruttare al meglio su vie espressamente concepite, come quelle dei parchi, mescolate ad altri interventi per il benessere.

È ancora difficile accedere al suburbio e ai parchi

I parchi non sono più accessibili della periferia, dalle zone residenziali della città, salvo attraverso le vie concepite esattamente nelle medesime forme di quelle per i quartieri del traffico pesante commerciale. Negli spostamenti in veicolo tra casa e casa, o tra casa e parco, non c’è molto piacere nel muoversi. Anche andare a cavallo sulle strade comuni spesso non è affatto piacevole, e salvo procedere molto lentamente e con cautela anche piuttosto pericoloso per l’incolumità. Di conseguenza chi vive a una certa distanza dal parco ne può godere molto meno di chi invece abita vicino, e se ne contrae anche il valore per tutta la popolazione. Le difficoltà per raggiungere un parco a piedi, per chi può goderne e trarne giovamento, cambiano a seconda della stagione dell’anno, a volte proprio quando sarebbe più bello e utile, dato che bisogna affrontare i raggi del sole, diretti e riflessi. Ma non possiamo certo immaginarci, anche superando tutte queste difficoltà, che ogni abitante della città vada al parco ogni giorno, o tanto spesso quanto vorrebbe, per farsi una passeggiata all’aria aperta. D’altro canto non si può nemmeno pretendere di bloccare il traffico merci attraverso i quartieri residenziali, come succede in un parco o come avviene in certe vie di Londra o Parigi in certe ore del giorno. È invece fortemente auspicabile e ovvio che ogni casa sia accessibile da strade pavimentate anche con veicoli pesanti.

Nuove domande e nuove soluzioni

Si osserverà che tutte le trasformazioni che abbiamo descritto indicano come l’organizzazione attuale delle strade di qualunque grande città richiederà tra non molto tempo, pur mantenendo alcuni tipi, affiancarli ad altri percorsi pensati espressamente per la piacevolezza d’uso nel camminare, cavalcare, guidare un veicolo, a scopo di tempo libero, salute, relazioni sociali. Queste vie devono essere conformate in modo da essere comodamente accessibili da ogni casa, consentendo agli abitanti di spostarsi verso ogni parte della città, così che per esempio volendo raggiungere un parco non debbano percorrere lunghe distanze su strade inadeguate. Possiamo anche evitare, di introdurre queste innovazioni nel suburbio, aumentando così in misura straordinaria le difficoltà e i costi di quando esse si renderanno indispensabili. Ma è invece molto probabile, se le città continuano a ingrandirsi, e queste misure non vengono introdotte,, come non avveniva duecento anni fa, che i difetti delle vie attuali finiranno per distruggere il valore degli edifici che sorgono sui loro lati.

[…] Il quartiere sulla Parkway

Il nostro progetto compre molto più spazio di quanto non sia strettamente necessario per gli scopi che abbiamo indicato. Il motivo è che oltre ad allargare i vantaggi di un parco, per tutto il proprio sviluppo il viale parkway può costituire il centro di un quartiere residenziale con caratteristiche particolarmente aperte, salubri, eleganti. Si ritiene che tale quartiere non sarà solo assai attrattivo per il ceto più agiato della metropoli, più di altri collocati a maggiore distanza dalle zone commerciali, ma che si rivolgerà in particolare a una componente della comunità in costante crescita, molto attenta a certi aspetti naturali, che vanno sostenuti e incoraggiati. Un caso tipico illustrativo del genere di persone è quello che proviamo a esporre. Un ragazzo di campagna con una istruzione normale, manifesta abbastanza da giovane una certa capacità commerciale in un centro di provincia, e crescendo in competenza e aspettative sente l’attrazione irresistibile e magnetica verso la grande città, dove realizza il proprio successo nel settore diventando ricco.

Ma mantiene ancora prati e boschi dentro la fibra costitutiva, e senza esserne consapevole avverte sempre più, giorno dopo giorno, il bisogno vitale dell’antica aria di campagna, che possa dare un senso compiuto al suo successo. Ecco un aspetto del tutto naturale di ciò che proviamo qui a trattare, perché non c’è nessun dubbio sul paragonare la vita di campagna a quella di città, questione sempre complicata, ma crediamo affrontabile nell’area circostante a New York. Si tratta di rispondere adeguatamente ai bisogni di questi ragazzi di città-campagna considerandoli giudiziosamente. E non ci limitiamo ovviamente ai soli gusti specifici di chi viene dalla campagna in città, ma l’esistenza di quel tipo di persone particolari ci conferma quanto l’idea della parkway e del suo quartiere abbia senso, se ben sviluppata secondo certe linee, e prima che se ne precisi una domanda magari in zone diverse.

Appare chiaro quanto i lotti edificabili lungo il viale parkway siano molto appetibili, e riteniamo che la dimensione più conveniente per un buon sfruttamento economico sia di svilupparli su circa 30 metri, con profondità che copre l’intero spazio fino alla via parallela, a contenere anche delle stalle. Lo schema abituale prevederebbe l’allinearsi sulla via posteriore di edifici di rango inferiore, ma per evitare un risultato insoddisfacente del genere pensiamo di replicare lotti identici su quattro isolati. Se le strade di margine vengono allargate sino a 35 metri, con marciapiedi e alberi in doppio filare, i lotti di tutte le case avranno la medesima qualità di quelli sul fronte principale della Parkway, con maggiore profondità rispetto alla media, spazio per le stalle accessibile dalle vie, predisposti per un tipo di edifici adeguati, e separati dalle stesse strade e stalle.

Allargando lo schema si arriva a lotti in serie adatti a collocarci ville isolate in mezzo a un piccolo giardino privato. Così da offrire il massimo dei vantaggi per una abitazione in città. Grazie alla disponibilità dei nuovi mezzi di trasporto si può rinunciare alle forme tradizionali compatte, nella zona residenziale, senza alcuna grave sconvenienza. Quella malsana abitudine di stipare alloggi schiacciandoli dentro un piccolo isolato, come abbiamo già spiegato, nella logica prevalente delle vecchie città, può anche aver senso di proseguire sull’isola di New York, ma non ha alcun senso là dove non esistono limiti naturali o artificiali allo spazio su cui collocare gli edifici, come nel caso di Brooklyn. È quantomeno poco saggio insistere nell’impedire il manifestarsi di queste forme.

Chi approfitterà dell’occasione qui proposta, non solo avvantaggerà sé stesso, ma l’intera comunità. Forse i Romani in questo furono più saggi di noi. Ai più ricchi a quei tempi veniva offerta la possibilità di circondare le loro case di grandi giardini, e tanta parte della Città Eterna era composta da quello che oggi chiameremmo ville isolate, mentre ovunque era vietato, quando si realizzava un nuovo edificio fosse anche per l’abitazione di schiavi, di costruirlo a una distanza inferiore ai due metri dalla parete esistente più prossima. Quanto possa essere desiderabile per i privati proprietari interpretare il quartiere così come indicato, è questione ovviamente aperta, e dipende dalla domanda effettiva dei lotti delle dimensioni descritte, ma si capisce immediatamente che con un tipo di lottizzazione non compatta possano bastare relativamente poche persone a occupare una consistente fascia di terreno. Pare anche evidente come, se entro un certo periodo si realizzerà secondo uno schema del genere una quantità di isolati, anche gli spazi interni definiti potranno non essere edificati in modo regolare, ma organizzati con lievi varianti, così che ogni proprietario possa adattarsi a un quartiere di cui comunque restano fissati i caratteri base in modo soddisfacente.

Titolo originale: Observation on the progress of improvements in street plans, with special reference to the park-way proposed to be laid out in Brooklyn, Van Anden’s Print, New York 1868 – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini
(le immagini nel testo non sono estratte dal documento citato, ma da articoli online sul lavoro di Olmsted-Vaux che purtroppo non citano la fonte)

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