C’era una volta il turista

Cronache dal post-turismo al tempo dell’epidemia

foto F. Bottini

Con l’arrivo della bella stagione e l’avanzamento delle campagne vaccinali che ci doteranno del Green Pass necessario, la ripresa dell’attività turistica appare sempre più vicina. Però tutto porta a pensare che si è sprecata l’occasione irripetibile, a bocce ferme, di adottare soluzioni e predisporre progetti per ovviare agli annosi guasti di una promozione turistica volta solo all’aumento dei numeri, con gli effetti che ne sono derivati. Oggi paginate di giornali innalzano preghiere perché tornino i turisti, come prima e più di prima, per salvare le quote di PIL perdute col lockdown. Al fronte dei sostenitori, nel miglior esempio di polarizzazione, si oppone una non numerosa ma agguerrita schiera di sostenitori del NO! armati di dati alla mano: Airbnbizzazione, insostenibilità, devastazione fisica e sociale dei centri storici invasi dalle locuste guidate da quell’animale mitologico metà umano e metà ombrellino.

Dati spesso e volentieri condivisibili e suffragati da documenti di autorevoli organizzazioni internazionali (prima tra tutte l’agenzia delle Nazioni Unite World Tourism Organization – ​UNWTO). Tuttavia, quello che risulta repulsivo nell’atteggiamento «contro» è la mancanza di una qualsivoglia proposta alternativa sulla quale ragionare. Alle locuste che depredano e inaridiscono le città più turisticamente ambite non sembra né praticabile né sensato opporre la chiusura ai visitatori per diporto, come soluzione. Non che venga detto a chiare lettere ma il NO! senza alternative non offre molte altre opzioni. Per non dire del fatto che anche i residenti infastiditi dai visitatori transumanti sono stati, sono e saranno a loro volta turisti. Per un principio di reciprocità chiudiamo anche Barcellona e Amsterdam, giusto per citare due città europee sempre accostate a Roma, Firenze e Venezia quando si parla di insostenibilità turistica? O anche Milano, che dal dopo-Expo è entrata nel circuito coi suoi non trascurabili e incrementabili 8 milioni l’anno?

Eppure altre soluzioni sono possibili, o almeno vale la pena discuterne.

Ad esempio l’Ente del Turismo Olandese ha stimato, nel 2019 col documento Perspective 2030 un afflusso crescente che potrebbe arrivare ad almeno 29 milioni di turisti l’anno. L’Olanda, va ricordato, conta 17 milioni di abitanti. Nel 2018 i Paesi Bassi hanno accolto 19 milioni di visitatori (!) concentrati per lo più in poche e tradizionali località. Per fronteggiare i comportamenti più lesivi di un civile rapporto tra turista e residente la municipalità, nel 2018, ha da un lato predisposto indicazioni e limiti per gli operatori del turismo e dall’altro ha lanciato la campagna Enjoy and Respect che introduce norme (e sanzioni economiche) per i turisti poco «urbani». Per non dire delle azioni per sfoltire gli affollamenti nelle zone di maggior concentrazione, come il quartiere a Luci Rosse o la zona dei musei. Attraverso l’utilizzo delle app (Discover the City invia agli utenti notifiche che avvisano quando un’attrazione è più affollata del normale e suggerisce alternative) e dei dati memorizzati sul chip della City Card di Amsterdam (accesso a vari luoghi e trasporti pubblici gratuiti) si analizzano i comportamenti dei turisti e si studiano modi per ridurne i flussi. La nuova parola d’ordine del Nbtc, l’ente del turismo olandese, è «Anziché promuovere la destinazione, è ora di gestirla».

Ancora di più e meglio ha fatto Barcellona. Quando la città è insorta contro i turisti (32 mln nel 2017) con gli incendi dei bus panoramici, aggressioni ai visitatori e i cartelli al Parco Guell con la scritta «Gaudì vi odia!» la municipalità guidata da Ada Colau, non una conservatrice, ne ha riconosciuto le ragioni attivando misure di contenimento: inasprendo il confronto con Airbnb e altre realtà dell’affitto breve (imponendo prima di tutto il rispetto delle norme locali disattese), ridotto il numero di permessi d’attracco alle navi da crociera e bloccata l’espansione dell’aeroporto, settimo in Europa per passeggeri. E inoltre sono state accelerate le azioni di sistema contenute nel piano strategico 2015-2020 Barcelona Tourism for 2020 – A collective strategy for sustainable tourism.

La «gestione» appare perciò l’unica risposta possibile, con buona pace della giornalista di architettura Lucia Tozzi che nel suo Dopo il turismo (Nottetempo – 2020) titola un capitoletto Il turismo sostenibile non esiste, e comunque non è un’opzione nel quale si nega non solo ogni possibile soluzione al turismo di massa, ma non si autorizza nessuna replica. Il modo migliore per far tornare le cose al normale tran tran insostenibile perché il come prima e più di prima, porta soldi senza smuovere di un millimetro il dibattito su come conciliare i vantaggi di chi guadagna col turismo e i disagi di chi lo subisce.

Vedi anche il tag Turismo a piè di pagina – Qui qualche spunto in più dal citato libro di Lucia Tozzi 

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