Cos’è l’urbanistica (1950)

comasina_1950

da Urbanistica n. 18-19

Pianificare è una parola dalle molte definizioni; e anche coloro che sono coinvolti con le sue particolari applicazioni ai problemi della città e del territorio, non possono essere etichettati come membri di una professione interamente definita. Ci sono molte persone che, senza usare nessuna altra arte o scienza che non sia il buon senso, occupano un ruolo guida nelle questioni urbane e rurali, e contribuiscono tanto quanto qualunque specialista al miglioramento della vita in città e in campagna.

Ma esiste anche un ambito di studi che si va gradualmente definendo attraverso la pratica e l’esperienza, come il particolare campo di coloro che interpretano quelle che possiamo chiamare le “leggi urbanistiche”. Questo campo può non avere confini fissi, visto che è ancora in espansione; ma ha un centro riconosciuto e una funzione riconosciuta; e questa funzione è l’ordinata riunione – o pianificazione – di tutti i fili che determinano la forma e colore e caratteristiche del nostro ambiente fisico, in modo da creare uno schema o progetto che sia piacevole ed efficace, e corrisponda a quell’intimo senso di adeguatezza e comprensività che sono sempre state parte dello spirito progressista. La verifica di efficacia di questo complesso e civile processo di pianificazione, sarà uno schema risultante riconoscibile come miglioramento dello stato delle cose così come sarebbero esistite senza di esso. Le case e le fabbriche devono essere costruite per gli scopi primari di riparo e produzione; i trasporti devono esistere altrimenti gli scambi ne morirebbero; e le persone troveranno divertimento, in un modo o nell’altro, non importa quali parchi o edifici vengano loro forniti dall’iniziativa pubblica. Tutte le attività di cui la pianificazione urbana e territoriale si interessa continuerebbero comunque; la questione semplicemente rimane se esse siano rese più facili, lisce, migliori o più giuste a causa di essa. L’intero valore dell’urbanistica – distinta dalle esecuzione dei piani – dipende dalla conoscenza delle condizioni passate e presenti, dall’abilità creativa di progettare miglioramenti, e dalle risorse amministrative per avviarne l’attuazione. In termini urbanistici queste tre parti del processo sono chiamate Analisi, Piano, e Programma.

Essenzialmente, l’urbanista è chi sa come istruire un caso. Quello che l’avvocato ottiene tramite la giurisprudenza, lo scienziato attraverso la ricerca, e l’architetto disegnando progetti, l’urbanista lo deve ottenere usando tutti e tre i metodi in una volta. Questo non significa che lui, o lei, debbano essere ugualmente esperti in sociologia, ingegneria, progettazione del paesaggio, o diritto, ma che i risultati del lavoro di chi è formato alla ricerca in questi campi siano usati come obiettivi per chi è formato alla progettazione, e le conclusioni di entrambi presentate con i limiti imposti dall’economia e dalle leggi. L’urbanistica è pianificazione architettonica estesa nei campi del governo a scala regionale, è sociologia espressa in tre visibili dimensioni.

Anche se la frase è usata di sovente, non c’è, davvero, una cosa come lo “specialista in urbanistica”. Ci sono (fortunatamente per l’urbanista) specialisti in analisi dei suoli, in forniture idriche, in gestione edilizia, in microclimatologia, in ingegneria stradale, in progettazione fognaria, in finanza locale, e in molti altri elementi dell’urbanistica. Ma la pianificazione in se stessa è un processo di coordinamento, un’operazione combinata su molti fronti per volta. L’analogia fra urbanistica e strategia è molto stretta, eccetto il fatto che la seconda è più immediata in termini di tempo. La distinzione fra il gruppo di pianificazione e le unità esecutive è comunque simile in entrambi i casi.

Si dice spesso che l’urbanistica non è niente di nuovo, che architettura e agricoltura sono esistite da quando si ricorda l’inizio della civiltà, e che i sistemi geografici, di contabilità, di governo locale, sono quasi altrettanto vecchi. In un certo senso ciò è vero; e quindi vale la pena fin dal principio di distinguere quello che è nuovo, nella presente situazione, quello che per esempio richiede l’esistenza di un manuale come questo.

Le cose nuove sono sia particolari che generali. Quelle particolari, principalmente, sono avanzamenti tecnici. I principi rimangono costanti, ma la loro applicazione a particolari problemi varia notevolmente; è ciò è stato particolarmente vero negli ultimi cento anni. La congestiona da traffico, per esempio, era un problema nell’antica Roma e anche nella Londra elisabettiana, ma una soluzione contemporanea deve mettere nel conto le velocità di spostamento sulle strade, rapide e pericolose come quelle di una ferrovia, e la risposta data dall’urbanista oggi, deve essere in termini molto diversi da quelle proposte nel passato. La difesa è un’altra richiesta che ha modellato la forma delle nostre città e dei nostri edifici, ma in modo molto meno diretto e ovvio che nei giorni delle sommità di collina fortificate e dei castelli con fossato. Gli aeroplani, le strutture in acciaio, la refrigerazione, la distribuzione di energia elettrica, le ferrovie sotterranee, la radio e la fissione nucleare, tutte tendono a cambiare l’aspetto fisico della nostra vita quotidiana; mentre alcuni elementi fondamentali, come la luce del sole e l’aria pura, la conformità e comodità fisica, l’armonia, i contrasti, proporzioni e linee, la natura del terreno e della vegetazione, il fatto che l’occhio umano adulto è normalmente a sessantatre pollici (m. 1,60) sopra il livello del terreno e può vedere il una sola direzione per volta – tutte queste sono costanti, e immutate.

La situazione generale, comunque, è molto alterata, particolarmente in Gran Bretagna e negli altri paesi dove è operativo un sistema generale di controllo urbanistico e edilizio. Nel passato, la costruzione della città ha raramente tentato di andare oltre ciò che era immediatamente vantaggioso o ciò che veniva ordinato. Lo stesso valeva in larga misura per la campagna. Gli edifici erano raccolti insieme per rifugio e difesa, alcuni si elevavano in palazzi o erano consacrati templi. La agorà greca o luogo di incontro raccoglieva attorno a sé in un lungo termine di anni gli edifici e monumenti che contribuivano alla memoria della sua vita dalle molteplici facce. Gli accampamenti romani o municipia erano organizzati secondo ordinati gruppi di edifici, qualche volta ornati magnificamente, spesso dimostravano immaginazione e abilità nella progettazione di un sito. Le abbazie medievali e i giardini rinascimentali contribuirono all’arte del progetto urbano; e i principi della chiesa così come gli aristocratici terrieri crearono “tenute”che ci hanno lasciato molto da ammirare, e molto da adattare ai nostri scopi moderni.

Nondimeno, dalla metà del secolo scorso, la popolazione del mondo conosciuto è più che raddoppiata, e ora cresce ad un tasso di circa l’1% annuo; la dimensione delle grandi città in Europa e negli Stati Uniti è aumentata oltre ogni proporzione rispetto ai loro precedenti ritmi di crescita; si sino sviluppati nuovi sistemi sociali; economie pianificate a livello nazionale hanno spianato la strada ad altre operazioni pianificate. Una di queste nuove operazioni è stata il controllo nell’uso del suolo, con tutto ciò che implica in termini di necessarie restrizioni nella libertà dei singoli di fare esattamente ciò che vogliono del loro terreno, degli alberi, degli edifici. Quello che rende la nostra nuova urbanistica diversa dalla vecchia non è solo il cambiamento di scala, dal patrocinio di pochi al servizio di milioni di lavoratori, ma anche il fatto che stiamo facendo un consapevole e concertato sforzo di controllare il nostro ambiente. Siamo, di fatto sottoposti ad una volontaria, autoimposta disciplina. La critica secondo la quale questa forma di controllo non ha ancora prodotto una più grandiosa architettura civica, né conseguito una più bilanciata distribuzione di popolazione industriale nella campagna, può essere esatta, ma è anche ingiusta. Perché stiamo tentando, con questo nuovo metodo, qualcosa di molto più difficile della pianificazione sotto un potere assoluto, o dentro i confini di terreni circoscritti, o attraverso un’economia schiavista. E per renderla un successo, anche parziale, è necessaria un considerevole grado di organizzazione e lavoro cooperativo. I paragrafi che seguono delineano un cento numero di argomenti dei quali il pianificatore deve essere consapevole prima di formulare dei giudizi o fare proposte concrete. Egli deve conoscere le possibilità e i limiti di ognuno di essi, e riconoscere lo stadio al quale sono necessari i consigli degli esperti. Anche se è egli stesso esperto in uno dei campi, non può sperare di controllarli tutti, eccetto nei casi più semplici. Il valore della formazione preliminare in quelle che le Università chiamano facoltà, di arte, scienza, ingegneria, economia o diritto, consiste nell’apprendimento di un metodo, e nell’abilità di capire rapidamente i vari tipi di processi, nell’analisi e nel progetto.

Analisi: Economica, Sociale e Geografica

Probabilmente, l’approccio più fondamentale ai problemi dell’urbanistica è quello del geografo; e il primo ambito di analisi che deve essere investigato è abitualmente il terreno: cosa c’è su di esso, e sotto di esso, che movimenti di persone hanno avuto luogo in esso. La geografia e geologia fisica sono gli studi di base, dato che le geologie degli stati solidi e alluvionali introducono a molto altro, come le caratteristiche dei suoli, i rilievi, la disponibilità di acque, materiali da costruzione e minerali da estrazione, ecologia, paesaggio, idrologia.

Un altro soggetto geografico è il clima, che include elementi di interesse per il pianificatore come le precipitazioni piovose, la nebbia, il soleggiamento, temperature e umidità, le più ampie variazioni regionali e le piccole locali, e i loro effetti sulle coltivazioni e gli allevamenti.

Le branche della geografia umana ed economica si avvicinano ancora di più ai problemi quotidiani dell’urbanistica. Per primo lo studio delle risorse naturali, la storia delle loro applicazioni all’industria e alla produzione, la distribuzione attuale dei centri di estrazione, trasformazione e scambio; e quindi lo studio della crescita e distribuzione della popolazione, sia sull’intera nazione, che regionalmente, o in una particolare località. Una conoscenza delle ragioni dell’insediamento umano in differenti tempi e luoghi, i fattori che hanno portato a mutamenti demografici – in particolare tra città e campagna – e i modi in cui si sono sviluppate le comunicazioni e diffusi i servizi, è ovviamente di primaria importanza nella pianificazione di una città nuova, o nella grande espansione di una vecchia.

Due altre estensioni degli studi geografici sono di grande valore per l’urbanista, una nell’ambito economico, l’altra nel campo del governo. La prima interessa le scienze dell’uso del suolo, che in effetti determina le migliori utilizzazioni economiche alle quali, nelle circostanze presenti, può essere dedicato il terreno. La difficile decisione che si pone una nazione industrializzata, se per esempio una particolare parte di territorio moderatamente piana e ben drenata dovrebbe essere usata per una fabbrica o per un insediamento residenziale o per l’agricoltura, può essere presa più obiettivamente alla luce di questa branca di conoscenze, meglio che di qualunque altra. Un tempo la proprietà e le intenzioni del proprietario sarebbero stati il fattore decisivo; ma l’elemento più significativo del nuovo sistema di pianificazione in Gran Bretagna è la distinzione fra uso del suolo e proprietà del suolo, e la quasi universale necessità di un permesso urbanistico per un cambio di uso. L’altra faccia dello studio scientifico e tecnico del terreno, è il contributo del geografo alla delimitazione di aree amministrative e di servizi. Questo è essenziale per una vera comprensione del sistema di governo centrale e locale. Ogni funzionario urbanistico lavora entro un’area definita; può riconoscere molto presto che la sua area amministrativa non corrisponde a una regione geografica, o anche a una completa comunità urbana. Egli deve comprendere, quindi, sia la storia che la geografia dei confini di governo locale, e di quelli creati da aree di fornitura dei vari servizi tecnologici e sociali.

Un altro importante campo di studi che non è stato ancora pienamente inquadrato dall’urbanista, è quello della sociologia. È spiegato nel quarto capitolo di questo manuale, come certi fatti sociali possano essere usati come basi certe della pianificazione, e non lasciati all’intuizione ispirata – o poco ispirata – del funzionario urbanista. È vero, naturalmente, che nel campo delle relazioni umane il grado di elaborazione delle tecniche impiegate deve essere proporzionato al tipo di lavoro. I ricercatori sociali formati sono rari, e si può non potersi permettere statistici e demografi, una squadra di ricercatori sul campo, ed esperti di economia, antropologia sociale, assistenza pubblica, solo per analizzare un villaggio o un distretto rurale stabile, dove ragionevolmente non si prevedono cambiamenti o sviluppi per un tempo considerevole. Ma l’urbanista, prima di poter rispondere a questa domanda, deve almeno poter sapere in termini generali quali tecniche usano i sociologi, e quali informazioni sono in grado di fornire come base di lavoro per la formazione di un piano. Per valutare i cambiamenti di popolazione in un certo periodo di tempo, per capire i bisogni economici e sociali (e quindi territoriali) dei singoli, delle famiglie e dei gruppi di attività, per imparare a risparmiare tempo arrivando dritti agli elementi essenziali di una analisi di piano, evitando un cumulo di questioni irrilevanti, pregiudizi e sensazioni che non hanno peso nel caso specifico, l’urbanista deve essere costantemente consapevole di cosa sta avvenendo nel campo degli studi sociali. In due modi, in particolare, deve mantenersi in contatto. Primo, seguendo i risultati di indagini campione, analisi di piano e studi sociali condotti con l’esplicito scopo di stabilire fatti e standards da utilizzare nel piano, o meglio ancora, che mirano a perfezionare metodi di accertamento dei fatti in casi simili, se possibile con meno dispendio di risorse umane e costi.

Il secondo modo, è quello di consultare un esperto economista o analista degli aspetti di analisi essenziali per scopi di piano, e che non possono essere affrontati con successo dal personale dell’ufficio urbanistico. Per fare questo è ovviamente necessario formulare molto chiaramente le questioni a cui si richiedono risposte. Esse possono riguardare la dimensione e distribuzione delle istituzioni sociali, la composizione delle famiglie e delle abitazioni, redditi e spese, occupazione, spostamenti per lavoro, abitudini di acquisto. Qualunque sia l’argomento, il sociologo restituirà, in aggiunta ai dati, una buona quantità di informazioni sui gradi di mutamento, e sulle relazioni fra un gruppi di statistiche sociali e l’altro; in altre parole, si inizierà a tracciare uno schema. Deve essere ricordato che questo è uno schema esistente, creato dalla storia e dall’esperienza passata. Per poter sviluppare tendenze per il futuro e fare previsioni per esse nel piano, non basta semplicemente scrutare mappe, tabelle statistiche e rapporti; essi devono essere spiegati e interpretati dagli stessi sociologi. Sia nelle grandi analisi che in quelle piccole, dunque, è indispensabile all’urbanista una conoscenza generale dei metodi e degli obiettivi degli studi sociali.

L’importanza per il pianificatore di quella che può essere chiamata in senso lato la scienza delle analisi tecniche, è qualcosa di leggermente diverso. C’è la stessa necessità per una conoscenza delle possibilità e limitazioni del soggetto; altrimenti l’urbanista è alla mercé degli specialisti, e può non sapere come valutare e usare le informazioni che essi gli danno: men che meno i relativi spunti che ne derivano. Ma è molto difficile per lo studente di oggi imparare con profitto più di una di tali e tanto avanzate scienze, come la matematica e statistica, l’analisi catastale e fotogrammetrica, la chimica dei suoli, la genetica dei vegetali, o le discipline strutturali edilizie e di ingegneria.

C’è comunque una grande valore formativo nell’acquisire un approccio scientifico, e qualche conoscenza di metodologia scientifica, attraverso lo studio di un particolare soggetto entro il campo di interesse. Quale, può dipendere sia dall’occasione che dall’inclinazione. Quello che è certo, è che il pianificatore urbano e territoriale sarà più rispettato se sarà sia maestro in una disciplina, sia familiarizzato con molte.

L’importanza del progetto

C’è una linea molto sottile, fra l’analisi e il piano, o detto in altre parole fra l’assemblaggio e tabulazione dei dati, l’emergere di conclusioni basate su di essi, e la stesura di linee guida per lo sviluppo futuro. Ci sono alcuni tipi di analisi che convincono, insieme, l’opinione tecnica e quella corrente, sulla necessità di intraprendere una certa linea di azione – o nessuna azione – oppure che debba essere compiuto un radicale mutamento di politiche. Più comunemente le analisi sociali, economiche, geografiche o di uso del suolo servono a introdurne un’altra: l’analisi architettonica o ingegneristica, che è lo stato formativo iniziale nella costruzione del progetto. La parola “piano” a questo stadio è portatrice di un significato leggermente diverso; sta per specificazione di un lavoro da sviluppare per realizzare una organizzazione planimetrica, un gruppo di edifici, un progetto di ingegneria civile o un brano di architettura del paesaggio. Questo processo è chiamato talvolta pianificazione “creativa”, talvolta pianificazione “pratica”, come se le altre parti dell’operazione non fossero creative, o solo teoriche. Quello che significa, in realtà, è che si richiede un altro ambito di capacità, incluso il giudizio estetico e quella di risolvere numerosi problemi spaziali, artistici e strutturali, attraverso il progetto. Qualcosa di nuovo, a tre dimensioni, deve essere sviluppato, e porterà con sé l’impronta della personalità del progettista nel caso di un singolo, o l’obiettivo comune nel caso di un gruppo.

Il progetto può essere per una strada o un sistema stradale, un singolo edificio o una composizione urbana, un ponte o un quartiere residenziale, un vicinato, un parco, una città nuova. I risultati sono visibili, e conseguentemente soggetto di critiche estetiche, sia che fossero previste o no. A una estremità della graduatoria ci sono strutture utilitarie come le reti fognarie, le stazioni di autobus, l’arredo stradale; all’altra le principali opere di architettura e progettazione del paesaggio.

In questo campo lo studente che non ha preventiva formazione tecnica ha bisogno di due simultanei metodi di approccio; il primo è una conoscenza generale dei fatti tecnici in sé e delle relative fonti di informazione che li riguardano. Bisogna sapere come determinare, per esempio, la capacità dei servizi, i bisogni del traffico, il volume e rapporto di copertura degli edifici, e i tipi di alberature più adatti per particolari suoli e situazioni.

Il secondo è la valutazione degli elementi invarianti del progetto: scala, proporzioni, armonie e contrasti, sagome, colori, bellezza di linee e contorni, e non ultima la qualità quasi indefinibile dell’unitarietà, che consiste nella relazione tra le parti e il tutto.

Il processo di progettazione deve essere sperimentato. Anche coloro da cui non ci si aspetta un ruolo attivo nel progetto all’interno di un piano devono essere in grado di valutare i contributi di chi lo fa. Leggere e ascoltare conferenze in questo caso rappresenta solo la semplice introduzione; il passo successivo è la valutazione critica di edifici, planimetrie e progetti di paesaggi attraverso l’osservazione personale, e talvolta il vero e proprio rilievo. Il taccuino dell’urbanista diventerà alla fine il suo più utile libro di consultazione; in particolare se contiene, in aggiunta a dati, bibliografie, note, il tipo di diagrammi e schizzi planimetrici e fotografie (con le dimensioni essenziali e statistiche allegate) che richiamano il reale significato dell’opera. Il tipo di riferimento più utile all’urbanista in quanto progettista, sono cose come i gruppi di case di vari tipi e dimensioni, incroci stradali in scala, diagrammi schematici delle planimetri di fabbriche e aziende agricole, esempi di piantumazioni arboree interessanti, arredi stradali e sistemazione dei servizi in una via, progetti di ponti e infrastrutture, sezioni di piazze e spazi aperti, sistemazione di monumenti, e molti altri elementi la cui funzione e aspetto sono stati pensati come insieme nel progetto originale.

Negli aspetti tecnici, intesi come opposti a quelli sociali o economici, dell’industria e produzione energetica, il ruolo dell’urbanista è spesso quello di intelligente ascoltatore. Anche questo richiede preparazione. Un funzionario urbanista che convince la sua Amministrazione a rifiutare o modificare lo sviluppo di un’applicazione industriale, sta prendendo una decisione economica e non può sfuggire completamente alla responsabilità del successo o fallimento economico del progetto, per quanto dipende da quella decisione. Per questo motivo la conoscenza generale delle risorse minerali e manifatturiere, che è parte degli aspetti economici e geografici della su formazione, deve essere integrata da ulteriori conoscenze generali sulle lavorazioni, sui problemi nello smaltimento dei rifiuti, le forniture d’acqua, i trasporti, l’energia, la manodopera nelle principali industrie e attività. L’elemento di progetto qui di solito è fornito da specialisti; il ruolo dell’urbanista ascoltatore può diventare più attivo solo quando ha colto i possibili effetti degli sviluppi proposti riguardo ad altri luoghi e popolazioni, ed è in una posizione tale da poter dire se la proposta è accettabile o no nel contesto. Se non lo è, egli deve essere in grado di suggerire ragionevoli varianti o siti alternativi, che non siano impossibili dal punto di vista dell’impresa.

I grandi servizi pubblici, i lavori minerari, e la localizzazione industriale, sono quindi tre soggetti nei quali l’urbanista deve essere in grado di trovare un proprio ruolo.

Un Programma per il Piano

Infine, c’è lo studio dell’autorità e delle procedure attraverso le quali l’urbanista agisce. Questa è la regione del diritto, del governo, dell’amministrazione, della economia politica, della finanza, dell’organizzazione. Ci sono, naturalmente, professioni e specializzazioni interamente dedicate a uno o più di questi aspetti della vita di una società civile. Ancora una volta, dunque, l’urbanista ha principalmente bisogno di afferrare limitazioni e possibilità, insieme ad una conoscenza più dettagliata delle particolari branche del diritto e dell’amministrazione che interessano direttamente la sua materia. Queste branche sono, in primo luogo la legislazione urbanistica stessa, incluse le leggi sulle New Towns e altri regolamenti correlati; in secondo luogo, le leggi e regole edilizie che governano la costruzione della città, e la legge sull’Agricoltura e altri provvedimenti che hanno un diretto effetto sullo sviluppo rurale.

È nel campo amministrativo, che l’urbanista più facilmente si perde in questioni fuori del suo controllo; ed è in questo campo, anche, che un manuale generalista può dare le informazioni meno esatte. Ci sono molti libri dedicati a commenti e analisi del corpo di leggi, e non pochi sulle teorie economiche e politiche, o su vari aspetti dell’organizzazione. Ma l’urbanista necessariamente si avvicina a questi problemi con un altro retroterra e da una direzione piuttosto diversa da quella dell’avvocato, del politico o dell’economista. Il suo obiettivo non è solo di analizzare, ma di preparare. Egli deve convincere le persone ad accettare un progetto o una campagna prima che venga messa in atto; e conseguentemente si cura di mantenere le condizioni più soddisfacenti per la sua esecuzione. Quindi deve conoscere profondamente i suoi poteri e quelli della sua Amministrazione, ed essere consapevole del generale funzionamento del governo nazionale e locale attraverso i quali questi poteri sono esercitati. Se tutte le consulenze all’urbanista in materia legale ed economica dovessero essere condensate in una sola frase, suonerebbe più o meno così: non fare nessun piano che dipenda da sviluppi che non puoi né avviare né controllare.

La pianificazione della città e del territorio è, come dice il suo nome, essenzialmente una attività “locale”; e il suo esercizio ufficiale è in larga parte una funzione del governo locale. In Inghilterra e Galles, le autorità di piano sono le contee e county boroughs; ma c’è una storia di pianificazione da parte di altre agenzie, con cui ogni funzionario e consulente deve avere familiarità. Essi devono anche avere familiarità con la struttura esistente del governo centrale e locale, e della magistratura. Uno dei principali aspetti di responsabilità è quello finanziario. Ora si dice spesso che l’urbanistica in sé non è una operazione costosa. Nondimeno gli sviluppi che anticipa, crea o controlla sono una voce molto considerevole nei bilanci nazionali e locali di spesa iniziale e manutenzione. Se un particolare progetto propone l’esproprio di terreni su larga scala, seguito da urbanizzazioni che devono essere pagate con le tasse, l’urbanista deve conoscere i limiti ai suoi poteri, la capacità di spesa della sua Amministrazione, e la quota di aiuto che il suo progetto può ottenere dal Tesoro, attraverso un ceto numero di Ministeri. In modo simile, se un progetto presuppone sviluppi secondo linee concordate con i proprietari dei terreni, gli industriali, iniziative commerciali e di servizio, e l’impresa privata in generale, allora non dovrà essere sbilanciato sul versante della domanda e dell’offerta, in altre parole con il mercato.

La legge urbanistica del 1947, tentando di rimuovere gli effetti inibitori della difficoltà a pagare risarcimenti per restrizioni nell’uso del suolo, su quanto può essere chiamato “pianificazione di comunità”, ha teso a rimuovere il libero mercato dal bene più importante: la terra. La valutazione, da sempre questione per esperti, concerne ora non solo il mercato, ma anche i “valori di comunità”; ed è troppo presto per giudicare gli effetti sul clima finanziario dell’urbanistica in Gran Bretagna del mutamento radicale avvenuto con l’avvento del Central Land Board. Quello che è importante, comunque, per gli studiosi dell’argomento, è conoscere il ruolo giocato dal valutatore, dal legale, dal manager, nell’approvare o respingere un piano, e successivamente nell’orientarlo verso un coerente processo amministrativo.

È a questo stadio che l’urbanista che è solo progettista si scoraggia di più. I rinvii nell’acquisizione o messa a disposizione dei terreni sono inevitabili vista la lunga storia di gestione fondiaria in questo paese. Anche quando un piano è stato reso pubblico, le obiezioni in campo sociale ed economico devono essere ascoltate; devono essere convinti molti Ministeri, che le proposte sono non soltanto adeguate, ma convenienti alla politica amministrativa dei loro dipartimenti; ci si riferisce ai tribunali nei casi di discriminazione o scorretta interpretazione; e le questioni parlamentari, più facili da porre che da risolvere, sono portate davanti alla Camera dei Comuni. L’approvazione a quello che può sembrare per il sociologo o l’architetto un’ovvia e semplice linea di azione, può quindi impiegare molto tempo ad arrivare, e l’urbanista che non capisce come funziona il processo democratico, può facilmente gettare la spugna prima che la battaglia sia vinta.

Una consolazione resta, allo studente, nel suo tentativo di misurarsi con tutto questo; ed è che solo la pratica, l’esperienza e la ricerca forniscono il manuale per questi ultimi stadi delle operazioni di piano, e tutti gli urbanisti – studenti, professionisti, funzionari centrali e locali nello stesso modo – stanno ancora sperimentando, stanno ancora costruendosi la strada verso un metodo realistico di realizzare in dettaglio il programma attuativo di un Piano Regolatore. Non solo nel paese, ma anche nei Dominions e nelle Colonie, si stanno testando sistemi di pianificazione. Nessuno di essi ha molte speranze di successo a meno che uomini e donne con ampie prospettive culturali e un forte senso sociale, si facciano carico di padroneggiare non solo la massa di conoscenze generali, ma anche gli intricati dettagli dell’amministrazione urbanistica, e questo solo darà loro il diritto di dire a tutti noi in quale tipo di ambiente noi e i nostri discendenti possiamo sperare di vivere.

Il testo originale è l’introduzione al Town and Country Planning Textbook, The Architectural Press, Londra 1950 – Traduzione di Fabrizio Bottini

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