Il «Piano degli Ottagoni» di Ildefonso Cerdà per Barcelona

Quando sentiamo di nuovi progetti sostenibili per la città catalana di Barcelona spesso ci domandiamo perché non si potrebbe sperimentarli tali e quali anche in qualcuna delle nostre grandi o medie città italiane. Cosa certamente possibile oltre che naturalmente auspicabile, ma sempre tenendo conto della singolarità dell’impianto urbano di Barcelona, dove gran parte della città è costituita da un tessuto estremamente moderno e pianificato nei dettagli, dal progetto dell’ingegner Ildefonso Cerdà a metà del XIX secolo. Sulla base di una vera e propria «Teoría general de la Urbanización» da lui coniata, e che costituisce una sintesi sistematica e scientifica del pensiero urbanistico dell’epoca.

Nel 1850 Barcelona è una piazzaforte militare sottoposta a speciale giurisdizione, costretta all’interno delle mura a causa del divieto assoluto di edificazione, esteso per un raggio di dieci km attorno alla città (limitata su un lato dal mare e circondata sugli altri da una pianura deserta). Ragione per la quale è la città con la più alta densità abitativa d’Europa: 864 persone per ettaro. I poco meno di 70mila abitanti del 1750 sono saliti un secolo dopo a 187mila occupando in pratica il medesimo spazio, peggiorando le condizioni igienico sanitarie e la funzionalità complessiva dell’apparato urbano. Nel 1854 il governo centrale spagnolo di Madrid acconsente finalmente alla demolizione delle mura (richiesta da gruppi di interesse catalani locali). Il concorso il piano di ampliamento è vinto dall’architetto A. Rovira y Trias: un progetto a ventaglio su anelli concentrici. L’espansione si impernia su una grande piazza centrale vicino alla città vecchia, da cui si dipartono le radiali principali e un asse portante verso il sobborgo di Gracias a nord, assimilato alla struttura urbana. Il disegno di tipo neoclassico, sottopone l’espansione al ruolo ordinatore della città vecchia.

Secondo la Teoria Generale elaborata da Cerdà, «Urbanizzazione indica l’insieme degli atti che tendono a creare un raggruppamento di costruzioni e a regolarizzare il loro funzionamento, così come designa l’insieme dei principi, dottrine, regole che si devono applicare perché la costruzione e il loro raggruppamento, invece di reprimere, indebolire, e correggere le facoltà fisiche, morali e intellettuali dell’uomo che vive in una società, contribuiscano a favorire il suo sviluppo e ad accrescere il benessere sia individuale che pubblico». Ne deriva una opposizione tecnica, scientifica e addirittura etico-politica (oltre che ovviamente professionale) a un impianto sostanzialmente conservatore come quello di Rovira che pure aveva vinto il concorso.

Nel 1859 il Ministero centrale dei Lavori Pubblici, presso cui Cerdà gode di solidi appoggi politici, ribalta l’esito del concorso e impone lo schema di espansione (Ensanche in catalano) che l’ingegnere aveva elaborato e proposto sin dal 1855. La crescita della nuova città o Ensanche è pensata come estesa lottizzazione a maglia regolare di isolati (1200 in tutto) a densità pressoché costanti. Obiettivi: ridurre il peso della rendita fondiaria tipica delle aree urbane centrali; limitare la congestione urbana derivata dalla concentrazione delle densità; rendere lo spazio omogeneamente accessibile.

Lo schema edilizio a scacchiera garantisce al contempo il movimento e la sosta, i due bisogni costitutivi della vita urbana moderna. «La costruzione degli edifici e la viabilità sono due idee correlate e indissolubili di cui l’una non può esistere senza l’altra». Gli isolati, larghi 113 metri, hanno angoli smussati in modo da favorire:

  • la formazione di spazi di relazione (gli incroci somigliano a delle piazze);
  • la circolazione (riduzione del raggio di curvatura necessario).


L’orientamento è pensato per migliorare il soleggiamento, così come l’altezza degli edifici e l’arretramento dei piani superiori. Grande attenzione viene posta nella realizzazione delle strade (larghe 20 metri, 60/80 gli assi principali):

  • ai materiali adottati per le diverse corsie (pedoni e veicoli),
  • all’illuminazione e alle alberature.

Inizialmente e per diversi decenni sia la trama viaria che le densità insediative verranno rispettati secondo i criteri di Cerdà, in seguito con la crescita e la sedimentazione di nuovi interessi speculativi delle rendite immobiliari, oltre alle mutate esigenze urbane e sociali, si tenderà a una densificazione sia edilizia che di popolazione, mentre molte delle aree originariamente previste a verde e servizi non saranno realizzate. I circa 300mila residenti calcolati dal Piano (185mila della città vecchia + 120mila nuovi nel piano di espansione) diventano oggi oltre 1,6 milioni: cinque volte tanto.

Di notevole interesse, e fondamentale innovazione rispetto per esempio alla «agrimensione urbana» liberale del Piano dei Commissari di New York 1811 a cui superficialmente pare assomigliare la griglia regolare di Cerdà, la scelta di fare del quartiere la componente base base nella costruzione della forma urbana. Ovvero conferire una solida base sociale e comunitaria, oltre che economica e di interessi di mercato, su cui possa innestarsi la crescita urbana armoniosa ed equilibrata.Per questo è così importante la forma tecnica dell’isolato edificabile standard «ottagonale» adattamento stradale di un quadrato di 113 x 113 m; superficie = 12.370 mq; densità prevista = 250 abitanti ettaro; abitanti per ogni isolato = 300.

Occorrono 25 isolati per formare un quartiere (che quindi in quanto tale inizia a definire le gerarchie viarie di comunicazione interna o di attraversamento) composto da 7.500 abitanti entro un raggio di 300 metri serviti da una scuola e una chiesa, anticipando così lo schema della futura neighborhood unit sociologica americana. Altre attrezzature quantificate saranno una caserma ogni 4 quartieri che definiscono un distretto da 100 isolati 30.000 abitanti raggio di influenza 600 metri. Un mercato serve 4 distretti (400 isolati) ovvero un settore con 120.000 abitanti e un raggio di influenza di 1,2 km) con 2 parchi, 1 ospedale, edifici amministrativi, attività economiche-produttive. L’Ensanche di Barcelona concepito da Ildefonso Cerdà a metà ‘800 si compone di 3 settori, 1.200 isolati «ottagonali» standard, 360.000 abitanti.

Conclusione: il Piano di Mobilità Barcelona 2016

È quindi anche grazie a questo impianto estremamente moderno deciso a metà XIX secolo secondo la Teoria Generale dell’Urbanizzazione, pur lievemente distorto dagli inevitabili sviluppi dei decenni successivi, che ancora oggi a Barcelona è più facile che altrove studiare e sperimentare strategie innovative e sostenibili, come quelle recenti per restituire alcune strade alla vita dei cittadini. Il piano varato nel 2016 punta a ridurre il traffico del 21% e liberare il 60% delle strade da auto e inquinamento realizzando spazi per i cittadini (e non per i flussi veicolari) attraverso la definizione di «mini quartieri» basati sulla griglia stradale di isolati del piano Cerdà, recuperando quelle parti concettuali originarie snaturate nel tempo anche da una eccessiva densificazione edilizia. Da un punto di vista strettamente igienico-sociosanitario con una rete di mobilità diversa si potrebbero ridurre di 1200 unità le 3200 morti premature (calcolate sulla dimensione dell’area metropolitana) per danni da inquinamento; l’incidentalità; la sedentarietà dei residenti (il 20% dei bambini è sovrappeso); recuperare spazi verdi (ora non superiori a 6 mq abitante).

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