Raymond Unwin: il villino, il quartiere, il senso comune (1902)

Oggi le nostre maggiori città sono obbligate a trovare qualche soluzione al problema di rispondere all’esigenza della Casa per Tutti; e in tutto il paese ci si affanna a predisporre piani edilizi. I riformatori sociali concordano in qualche modo sul fatto che si debbano alloggiare queste persone al di fuori delle sovraffollate aree urbane; molti, come la Garden City Association, sostengono la creazione di città completamente nuove. Piani profondamente innovativi e sinora impraticabili per le autorità municipali; che però oggi con la Legge per la Casa del 1900 hanno il potere di costruire anche fuori dalle proprie circoscrizioni: nelle note che seguono sul tipo di abitazioni necessarie si parte dal presupposto che le nostre amministrazioni debbano realizzare degli accoglienti cottage nelle periferie urbane, sempre badando alla comoda accessibilità da queste case ai posti di lavoro e altri servizi del centro urbano.

Nelle costruzioni non bisogna mai dimenticarsi che si lavora per il futuro e non per il presente. È della massima importanza che alloggi destinati a durare almeno cento anni o più siano fatti in modo da conservare il proprio valore per tutto l’arco di esistenza. Per una ragione di semplice giustizia economica verso le generazioni future la cosa è essenziale, specie se si spalma su un periodo piuttosto lungo il pagamento degli edifici. Come ovvio non è giusto da un lato realizzare per il presente ciò per cui si chiede fiducia nel futuro. A una amministrazione cittadina non può bastare perseguire gli obiettivi di un qualunque costruttore o speculatore. E soltanto le scelte di migliore qualità possono affrontare la sfida del tempo, sulla base delle migliori condizioni di salubrità e vita, non certo su qualche moda passeggera o condizioni imposte dalla speculazione.

A cosa serve una casa

Quando si progetta qualunque edificio in genere aiuta moltissimo chiarirne sin dal principio gli aspetti essenziali, come se non ne esistesse affatto un modello di riferimento ripetibile. Solo in questo modo è possibile distinguere i caratteri e situazioni davvero sostanziali da altri puramente convenzionali, e metterli nella dovuta prospettiva di importanza. E così come vale genericamente per qualunque edificio questo dei caratteri essenziali è il modo migliore anche per impostare la progettazione di un cottage. Possiamo partire dal fatto che probabilmente le principali ragioni a spingere l’umanità a vivere dentro le case fossero il ripararsi dalle inclemenze del tempo, dai predatori (animali o umani che fossero), e la ricerca di privacy per la vita familiare. Forse chi cerca casa oggi è spinto da considerazioni molto simili, anche se quella della sicurezza probabilmente ha perduto parte della sua importanza. Nel soddisfare l’esigenza di rifugio, comodità, privacy, si incontra una prima difficoltà: le medesime pareti e tetto che chiudono fuori pioggia battente, vento penetrante e altrettanto penetranti sguardi dei vicini, sbarrano anche la strada ad aria, sole, e al pieno godimento di altre condizioni di una buona e salubre esistenza. A questa prima difficoltà ha il dovere di rispondere il buon costruttore. Contenendo la schermatura agli elementi e agli sguardi a quanto compatibile con adeguata aerazione e soleggiamento.

Aria e luce

I moderni regolamenti edilizi si sono evoluti a sufficienza per assicurare ad ogni alloggio un po’ d’aria, anche se come diremo ci sono modi per cancellare questo vantaggio non affrontati. Ma aria sufficiente è comunque un criterio di base per una abitazione decorosa. La luce solare è invece una necessità che deve ancora ricevere il medesimo riconoscimento; e non c’è alcun dubbio che le attuali conoscenze sull’importanza del soleggiamento per la salute ce lo facciano aggiungere ai criteri di base: ogni casa dovrà avere sole a sufficienza. Almeno, questo, nella stanza dove abita la famiglia durante la giornata. In ogni altro ambiente possibile dovrà entrare il sole, e nessuna casa si costruisca senza una living room illuminata da un po’ di sole: non devono essercene più così, con la luce solo auspicabile, visto che è possibile averla senza sforzo: occorre ribadire che si tratta di una condizione essenziale, subito dopo quella dell’aria, a cui altri caratteri devono eventualmente dare priorità.

Al momento attuale però, se questo aspetto viene considerato importante per le case di una certa dimensione, col cottage sembra sottovalutato, e là dove lo si considera in qualche modo lo si fa in modo superficiale, come nella convinzione che l’edificio debba per forza affacciarsi su una strada e dunque escluderla. La cosa essenziale è che qualunque casa debba essere esposta al sole alla luce ai ai suoi benefici salubri. Direzione delle vie e degli affacci su strada sono soltanto dettagli da adeguare a questa condizione, non di modificarla.

Cortili

In nessun modo la cura che pur si deve per gli aspetti esteriori deve rinunciare ad eliminare i veri e propri abomini rappresentati da affacci sul retro, cortili sul retro, vicoli sul retro, troppo a lungo nascosti proprie dietro quel suffisso retro. Se ogni casa deve essere rivolta al sole molto spesso dovrà avere «il davanti sul dietro» per dirla come usano gli irlandesi. Al piccolo cortile recintato sul retro sono affezionati in tanti: tra orgoglio e vergogna di chi o è troppo attento a non mostrare in pubblico la sporcizia, o la vuole celare altrove. Dubbio il vantaggio di incoraggiare l’orgoglio, mentre è certo positivo che possa spingere a una maggiore pulizia.

Insieme alle legnaie, questi cortili costituiscono una tentazione ad accumulare ciarpame, forse una tentazione troppo forte a cui riuscire a resistere: vecchi cesti, scatole, mobili rotti e altro, trovano comodo spazio per marcire, invece di liberarsene subito. Quei luoghi sono anche pozzi aria stagnante, a cui si mescola l’evaporazione di scarichi e spazzatura. Saranno anche comodi per farci giocare i bambini, ma insomma! Sono davvero inadeguati. Spesso senza un raggio di sole, squallidi, questi cortili posteriori chiusi tra mura perimetrali e degli edifici confinanti sono gli spazi più tristi che si possono offrire come campo da gioco ai più piccoli.

Il fruttivendolo ci tiene il suo carretto, l’ambulante ci mette in ordine le sue cose; se ne può parlare anche come lavanderia all’aperto. Ma si tratta di usi occasionali, a cui non va sacrificato troppo, mentre alle altre esigenze si può rispondere in altri modi. Pare non si capisca che c sono centinaia di migliaia di donne di casa lavoratrici che passano gran parte della propria vita senza nulla di meglio delle squallide possibilità offerte da quegli orribili cortili sul retro, la cui bruttura non è certo alleviata da qualche spruzzo di verde in primavera o foglie che cadono ad annunciare l’autunno.

Città o campagna

Quanto il progresso dei mezzi di trasporto e la soluzione del problema dei terreni possano consentire a chi abita nelle grandi città di disperdersi a densità di circa quindici alloggi per ettaro, come a Bourneville, è cosa ancora da verificare. Senza dubbio, se fosse possibile, la gran parte della popolazione lo accetterebbe. L’ideale di casa di Ruskin, cioè «Non un contenitore o abitazione modello, al civico tal dei tali della Strada per il Paradiso, ma un cottage che sia davvero nostro, con un piccolo giardino, tanta aria salubre, una cucina pulita, un soggiorno, delle stanze da letto». Nella situazione attuale delle grandi città realizzazioni del genere paiono ben oltre le possibilità delle amministrazioni. E occorre quindi considerare oggi le vaste circoscrizioni suburbane, dove dopo tutto già abita la gran parte di chi lavora, né città né campagna, ma qualcosa a mezza strada tra le due: ampie aree percorse da strade con nuclei di case dove pare sempre impossibile dotare ciascuna di un proprio giardino, raggruppate sempre non a quindici alloggi per ettaro, ma quattro o cinque o sei volte tanto, e anche di più.

Spazio aperto

Qualche spazio per ogni casa deve comunque esserci, anche nella città. Se, invece di sprecarlo per ingombranti cortili sul retro o sporchi vicoli, rendessimo quello spazio disponibile raggruppando meglio le case, potrebbe trasformarsi in una piazza o giardino del tutto decoroso. I villini si organizzerebbero attorno a quello spazio, formando dei quadrangoli affiancati l’uno all’altro e separati da una via principale. Ciascuna casa verrebbe poi progettata così che esista un orientamento solare per ciascuna delle stanze principali, e un affaccio gradevole sia sul fronte che sul retro. Mentre oggi pare usuale progettare il cottage dotato di un certo spazio e organizzazione, e poi replicarlo senza variazioni strada dopo strada, che sia orientato verso nord, sud, est, ovest. Non c’è niente di più assurdo che ignorare del questi fatti essenziali. Ogni abitazione dovrebbe essere concepita nello spazio dove sta e nelle sue forme, ed è una cosa tanto più necessaria anche quando le case sono organizzate a schiera.

Il Quadrangolo

C’è qualcosa di intimamente domestico e decoroso nella forma quadrangolare che conferisce un certo fascino anche quando gli edifici sono molto semplici e disadorni. Un senso di unità, completezza, che emerge dal luogo in modo che sarebbe impensabile in una semplice strada a villini. Ciascun isolato può essere concepito con una certa individualità, gli ingressi utilizzati a conferire centralità, e l’effetto di organizzare così gruppi di piccoli villini a comporre qualcosa di più ampio, di dimensioni tali da assumere dignità, è un evoluzione che forse non può essere pienamente compresa da chi non abbia mai visto quel che si riesce ad ottenere semplicemente nei quadrangoli dei college universitari là dove ci sarebbe invece un semplice affaccio stradale. Un college di Oxford o Cambridge altro non è che un insieme di piccoli complessi organizzati a quadrangoli con alcuni edifici comuni centrali. E si tratta indubbiamente della soluzione più logica per quel genere di edifici dove lo spazio è limitato.

Nello stesso modo si possono concepire da cinquanta a settanta case ettaro, a seconda del taglio e al lordo delle strade, senza mai aumentare di troppo le quantità concedendo solo qualcosa di più in caso di urgenza. E se si aumenta meglio farlo crescendo in altezza, con dei piani in più ad appartamenti, invece di diminuire lo spazio scoperto. Un solo spazio libero è meglio della somma di tanti spazi a cortile più piccoli. Quadrangoli del genere di quello descritto, saranno sempre accoglienti e arieggiati, aperti alla luce ma protetti dal vento. La distanza tra due lati, impedisce di guardare all’interno attraverso le finestre e assicura privacy agli alloggi n cambio della rinuncia al cortiletto sul retro. Nello spazio centrale possono crescere alberi, si possono piantare aiuole, è un posto dove i bambini possono giocare al sicuro, oltre ad essere un gradevole affaccio per i villini.

Nella progettazione e realizzazione di queste corti quadrangolari meglio pensare alla varietà dei gusti e concepire varietà di aspetti. In certi casi potrà essere meglio riempire lo spazio con orti per chi li desidera; in altri un prato per giocare a tennis o a bocce; in altri ancora una fascia a verde separa il campo da gioco per bambini al centro; oppure verde pubblico, o una pubblica via che passa attraverso lo slargo e lungo i giardini privati dei villini. In alcuni casi si tratta di un quadrangolo con tre lati chiusi dagli edifici e uno aperto a sud. Se il costo dei terreni fa sì che si debba costruire su più di due piani, è sempre vantaggioso mantenere il lato sud comunque più basso per consentire ai raggi del sole di penetrare all’interno della corte. Talvolta gli alloggi d’angolo sono vietati dai vigenti regolamenti edilizi; in questi casi c’è l’occasione di pensare a piccoli giardini recintati, che interrompono la monotonia della strada, e negli angoli possono trovare posto botteghe, depositi, laboratori e altre attività.

Alloggi indipendenti

Prima di passare all’organizzazione interna pare necessario soffermarsi sul tipo di piccoli alloggi a pronunciata sporgenza sul retro, comuni in tante città e universali a Londra. Quei prolungamenti impediscono molto efficacemente alla luce solare di raggiungere le stanze e ostacolano anche l’aerazione. Ci sono anche case ad appartamenti realizzate dai municipi che sono concepite in questa deprimente maniera. Coi soggiorni, larghi solo tre metri, uno di fronte all’altro su quei prolungamenti, a una distanza di quattro. Che un comune possa costruire spazi giorno in fondo a un vicolo profondo poco più di sette metri, con le finestre della casa di fronte a meno di tre metri e mezzo, e chiamare ciò «abolizione del tugurio» certamente ci può dare un’idea di cosa sia, il vero tugurio. Da stanze del genere il sole è del tutto escluso, comunque siano organizzate, entrerà poca aria da quei vicoli ciechi, e l’aspetto sarà tra i più tristi e squallidi che si possano concepire. Anzi, diciamocelo: è stato progettato così; e in normalissimi luoghi della zona di Londra troviamo case di quel tipo, con cucine (certamente sfruttate come soggiorno) dalle finestre affacciate sul vicolo largo un paio di metri. Finestre sporgenti, le facciate stanno vicine le une alle altre e ancora più vicine alla recinzione annerita che le separa, a meno di un metro!

Case concepite espressamente per ospitare due famiglie, con due soggiorni e affaccio sul retro. Per capire quanto sia sbagliato occorre considerare come questi edifici vengono conformati nei regolamenti comunali più permissivi, col passaggio dall’ingresso al prolungamento, trasformando tecnicamente in due cottage gli alloggi abbinati. Alcune municipalità giustificano l’abbattimento di questi edifici per consentire di soleggiare e arieggiarne altri. Si tratta praticamente di casa appoggiate una all’altra «back to back» su vie larghe tre metri e mezzo a fondo chiuso. Se gli edifici si devono realizzare a schiera, è comunque difficile illuminare e arieggiare a sufficienza; diventa possibile soltanto evitando i prolungamenti che provocano aria stagnante e ombra. Ciascuna abitazione deve contenere tutti i propri ambienti sotto una unica copertura, ed affacciarsi a sole e aria su entrambi i lati. Se così realizzata poi non importa su che lato della strada si colloca, o della corte, dato che entrambi sono adeguati; l’organizzazione poi determina la disposizione delle stanze senza i condizionamenti superstiziosi della distinzione tra fronte e retro.

L’alloggio indipendente non è soltanto migliore ma anche più economico. Risulta meno costoso realizzare una data cubatura definita da pareti perimetrali e copertura unica. È necessaria una maggiore ampiezza del fronte, e se la strada è già stata tracciata ci possono essere costi del terreno aggiuntivi decisamente superiori a quanto si risparmia sulla costruzione. Ma la casa stretta e la forma prolungata richiedono di occupare più spazio a spese della via laterale. Quando si prepara la lottizzazione, se si adotta il metodo del quadrangolo non si spreca spazio delle vie dato che ci sono affacci ovunque, e ciò riequilibra i costi superiori delle strade per ciascuna abitazione grazie al maggiore sviluppo del fronte, a cui si aggiunge la notevole economia sui mancati prolungamenti dell’edificio e cortili sul retro.

Un cottage per gli abitanti

Nel regime attuale dei terreni, costi di costruzione e affitti degli inquilini, dobbiamo purtroppo ammettere come sia impossibile pensare a un cottage completo di tutto quanto sarebbe in teoria auspicabile. Ma non si tratta di una ragione valida per abbandonare ogni riflessione sulla forma del villino ideale, che rimane un doveroso tema di studio. Per quanto limitati possano essere i mezzi a disposizione, la cosa importante è riuscire a usarli in modo equilibrato perché la casa si avvicini il più possibile a un modello ideale. Anche se tutti forse speriamo di superare in un modo o nell’altro questo regime di ristrettezze, al momento attuale è necessario ricordare che a un affitto contenuto pagherà solo uno spazio altrettanto contenuto. Ed eccetto che con un attento studio dell’esistenza che verrà ospitata in quel rifugio, non pare possibile progettare una casa adeguata alla vita che vi si dovrà svolgere. Solo rendendola adatta alle vite degli occupanti sarà possibile arrivare a un uso economico di quello spazio. Occorre dedicare la quantità maggiore delle superfici disponibili alle funzioni più frequenti e continue. Quando l’umanità iniziò a usare le case queste consistevano di una sola stanza: e iniziando a progettare il cottage occorre tenere a mente che il suo abitante usera una medesima stanza per la maggior parte della giornata, stanza che si chiama non a caso living-room. [non sono comprese in questi estratti le descrizioni dei singoli locali e servizi interni, vista la rilevanza igienico-comportamentale ma di certo non prioritaria per l’organizzazione urbana n.d.t.]

[…] Cooperazione

Nei complessi coordinati dai municipi e che discendono dall’impegno cooperativo delle amministrazioni, pare coerente promuovere anche una azione associata da parte degli inquilini. Aspetto tanto più urgente perché soltanto attraverso questa associazione si può sperare di riuscire ad offrire quelle comodità di vita oggi ottenibili soltanto da chi è individualmente ricco. Abbiamo già sottolineato quanti vantaggi derivano dall’uso e godimento comune delle poche superfici di pertinenza dei cottage. È stato rilevato come sia abbastanza facile nei complessi ad appartamenti rendere associato l’uso di lavanderie, stenditoi, retrocucine e via dicendo, anche per gli appartamenti più penalizzati. E non si vede alcuna ragione per cui una organizzazione del genere non si possa applicare anche ai complessi di cottage. Il quadrangolo si presta in modo particolare a collocarci piccole lavanderie, bagni, sale di lettura e altre forme semplicemente gestibili di spazio condiviso.

Lavanderie

Una ben attrezzata lavanderia con disponibilità di acqua calda e fredda da ogni rubinetto, macchina per lavare e centrifugare, ambiente riscaldato per asciugare, non è certo nella disponibilità di nessun singolo cottage per quanto lussuoso. Ma non esiste alcun motivo perché non debba esistere in ciascuna corte; nessuna ragione perché s debbano intasare di fili da bucato e panni stesi tutti gli affacci di una cucina; nessuna ragione perché le donne di casa debbano impiegare l’intera giornata sul bucato settimanale che si potrebbe sbrigare semplicemente in un paio d’ore con meno fatica usando spazi appositamente attrezzati. O perché debba essere indispensabile ingombrare la stanza da soggiorno con stiratoi e sbuffi di vapore. Quanti risparmi si potrebbero fare nei costi di costruzione evitando di dedicare spazio individuale a ciò che si può concentrare in una lavanderia comune. Con un minimo incremento dell’affitto si copre poi il costo di acqua calda e asciugatoio riscaldato.

Spazio giochi coperto

Alla lavanderia comune si può annettere una piccola stanza divisa da una parete trasparente attraverso cui le mamme possono guardare i bambini che ci giocano. E che sono una delle ragioni per cui tante mamme quella lavanderia pubblica a volte non la usano, insieme alla distanza dalla casa, al trasporto di panni per strada, tutte difficoltà eliminate collocando il servizio dentro l’isolato a quadrangolo.

Bagni e acqua calda

Dalla medesima sorgente di calore della lavanderia si possono alimentare uno o due bagni, mentre dalla stessa caldaia sarebbe anche possibile far partire condotti verso i cottage. È stato realizzato dalla Liverpool Corporation nelle proprie abitazioni di Dreyer street, dove da ciascun rubinetto di casa esce un flusso costante di acqua calda al prezzo di due pence la settimana per ciascun complesso. Con una organizzazione così diventa poi più semplice attrezzare eventualmente di bagno ciascun alloggio, dato che si risparmia comunque di installare la fonte di riscaldamento dell’acqua. Per quanto certamente auspicabile sia il bagno con acqua calda, comunque è meglio di niente e un buon progresso anche quello con solo l’acqua fredda; e nella realizzazione delle case per artigiani si deve fare ogni sforzo alternativo per cercare di inserire qualche genere di bagno. Se non è possibile farlo adiacente alla stanza da letto, talvolta c’è l’alternativa del retrocucina. E ci sono anche varie possibilità alternative per ottenere l’acqua calda da qualche bollitore. Ma se risulta comunque impossibile un bagno per ciascun alloggio, se ne può comunque collocare uno o due colelgati alla lavanderia. Aggiungiamoci una stanza di ricreazione o lettura (viene sperimentata a Dreyer street) ed ecco per ciascun isolato a quadrangolo un piccolo centro servizi comuni, frequentabile ad un piccolo costo da qualunque inquilino.

Centro comune

Il complesso di uso comune è un impegno cooperativo, e avvantaggia i singoli alloggi di servizi che non potrebbero permettersi individualmente, con un modesto costo settimanale in più sull’affitto. A partire dai più essenziali e sperimentati servizi di lavanderia e bagni, questi centri comuni cresceranno sulle esperienze degli abitanti di sostegno al lavoro domestico. La sala comune che si aggiunge allo spazio insufficiente del soggiorno delle case, il forno o anche una cucina condivisa, saranno cose dipendenti dalla disponibilità e spirito cooperativo. Man mano cresce l’importanza di questo centro comune ne cresce l’interesse anche per l’architettura, dato che va a costituire un carattere determinante di ciascuna corte che le conferisce unitarietà. Sino a poter pensare a qualche tipo di collegamento coperto tra i cottage e lo spazio comune.

Forse stiamo troppo speculando sul futuro, ragionando più sull’auspicabile che sul realistico. Però è seguendo questa linea di ragionamento che si possono trovare soluzioni alla questione della casa nel suburbio, soddisfacenti dal punto di vista della salute, dell’economia, e al tempo stesso affrontare in qualche modo l’argomento dell’evoluzione graduale del cottage con la sua bellezza e dignità, uno sviluppo necessario non solo per coltivare al meglio uno dei migliori istinti dell’uomo, ma per marcare la differenza tra un semplice rifugio e ciò che chiamiamo casa.

Titolo originale: Cottage Plans and Common Sense, Fabian Society, Londra 1902 – Estratti e traduzione a cura di Fabrizio Bottini

Le illustrazioni – re-impaginate dal medesimo opuscolo – sono di Raymond Unwin e Barry Parker

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