La suddivisione in zone nel Piano Regolatore (1918)

Quando si deve realizzare un edificio concepito per funzioni residenziali, commerciali o industriali, si ritiene normale che il progetto venga predisposto da architetti e ingegneri in modo da adeguare la struttura costruita agli scopi previsti. Si riconosce ovviamente che agire con un metodo diverso potrebbe rivelarsi disastroso. Ma quando invece si tratta di applicare questa idea di puro buon senso a un progetto di insieme di analoghe strutture — l’organizzazione fisica complessiva di città e cittadine intese nel loro insieme — sembra che tutti diventino stranamente più distratti. Anche l’osservatore occasionale avrà notato quanto casualmente gli edifici si affiancano l’uno all’altro: poca attenzione all’accostare le strutture a seconda delle funzioni; grande concentrazione qui, moltissimi spazi lasciati vuoti là; e certamente tutti i proprietari di immobili deplorano la diffusa tendenza ad una instabilità dei valori. Un disagio così grave e incombente da far pensare molti che il vero male non stia tanto nel non poter procedere senza regole quanto nella passiva accettazione di quello che altri ritengono un difetto implicito inevitabile del nostro sistema economico e sociale.

L’urbanistica ha come oggetto il superamento di questi difetti. E opera su due piani distinti. In primo luogo, consapevolmente e intenzionalmente regolando le proprietà pubbliche come strade, parchi, edifici pubblici e spazi per il tempo libero, oltre che eventualmente il traffico e i mezzi di trasporto. In secondo luogo, regolamenta anche la proprietà privata, per quanto risulti necessario a conservare il benessere generale e della città. La prima funzione dell’urbanistica, quella riguardante la proprietà pubblica, è chiaramente definita tra i diritti riconosciuta alla pubblica amministrazione locale, e non comporta altro se non di considerare la città nel suo insieme, riconoscerne ufficialmente l’organicità complessiva, avvicinarsi al problema da una prospettiva generale di tutti i bisogni, che è ben diversa da progetti scoordinati di trasformazione locale.

La seconda funzione dell’urbanistica, la regolamentazione della proprietà privata, si considera nei termini di «azzonamento» o «distrettualizzazione». Si tratta di un aspetto forse meno noto di quello relativo agli spazi pubblici, ma di riconosciuta importanza, per la semplice ragione che la proprietà privata costituisce la gran parte dell’organizzazione fisica della città, e che un suo uso o abuso possa o contribuire a costruire o danneggiare il tutto. Naturalmente esistono anche dei limiti al diritto di una amministrazione di imporre limiti e controlli sulla proprietà privata, e qualunque forma essi assumono essa deve rientrare negli obiettivi e poteri delle città, così come definiti regolati dalla legge.

I DANNI DERIVANTI DALLA MANCANZA DI AZZONAMENTO

Sovraffollamento sul territorio

Entro determinati limiti, il valore di una porzione di terreno cresce al crescere della quantità e dimensioni degli edifici che ci stanno sopra, al crescere del numero di persone che in quegli edifici abitano o lavorano. Ma il fatto più significativo è che esiste un limite allo sfruttamento intensivo delle superfici, oltre il quale i valori iniziano a scendere. All’aumentare della densità di popolazione, deve crescere lo spazio per pedoni e traffico veicolare, e visto il conflitto tra i due tipi di spazi, esiste un punto in cui la densità delle trasformazioni si deve fermare, per garantire una certa efficienza. Ma oltre queste considerazioni di tipo economico, esiste anche quella di ordine sociale, sanitario, morale contro il sovraffollamento. La densità di popolazione comporta danni come elevata mortalità infantile, tubercolosi, aumento della criminalità e delinquenza giovanile, comportamenti immorali.

Edifici che alloggiano troppe persone, troppo vicini al punto di schermare la luce del sole dai cortili, con poco o niente spazio per far giocare i bambini ai loro innocenti passatempi a cui si dedicano spontaneamente, spingono poi quando se ne presenti l’occasione alla criminalità giovanile, già definita come una specie di gioco perverso, conseguenza inevitabile. Le città hanno consentito il verificarsi di queste situazioni per negligenza e scarsa lungimiranza. Oggi si devono curare questi mali e prevenire il loro perpetrarsi. Carceri, ospedali e manicomi, sono pieni di persone in gran parte vittime di ambienti poveri e malsani del tutto prevedibili, ma quelle istituzioni non risolvono certo i problemi che le rendono necessarie. Se il denaro che spendiamo oggi per la cura fosse dedicato a misure correttive e alla realizzazione di ambienti di vita adeguati, la necessità di carceri ospedali e manicomi, le forti spese che comportano, verrebbe superata, e contemporaneamente infinitamente migliorato il benessere della comunità intera.

Inflazione e instabilità dei valori immobiliari

Come già affermato, il valore di una proprietà cresce sino ad un certo punto incrementando lo sfruttamento dello spazio. Ma quando si eccede un certo limite di congestione inevitabilmente per reazione i valori scendono. Ne sono un noto esempio i tanti settori urbani dove domina il grattacielo. Coi primi edifici alti che godono di un certo vantaggio formale visivo coi complessi ad appartamenti che chiamiamo orgogliosamente quartieri di classe superiore. Seconda causa di instabilità dei valori, probabilmente più grave, è il mescolarsi indiscriminato di strutture senza nulla in comune una con l’altra. Le zone residenziali hanno un forte potenziale di valore, che dura però sin quando non avviene l’invasione di qualche attività commerciale, produttiva, o anche edificio con troppi appartamenti, che innescano l’anomalia del declino. Se esistono localizzazioni inadeguate a causa di crescita non prevista o errori di progettazione, queste invasioni sono anche giustificabili. Ma molto più spesso quando entra in una zona un edificio di tipo totalmente diverso dagli altri non ha alcun vantaggio. Certo ci sono i vantaggi economici dell’invasore, però controbilanciati dalle perdite di chi viene invaso. E diventa di grande importanza che la città riconosca e cerchi di regolamentare una crescita casuale e i suoi danni economici. I singoli perdono, ma perde soprattutto la pubblica amministrazione. Si riduce il gettito fiscale, gli affari e gli scambi ne risentono, si rallenta lo sviluppo.

COS’È LO ZONING?

La pratica del «districting» o «zoning» è il potere della pubblica amministrazione di controllare, entro determinati limiti, il tipo di trasformazioni edilizie sul proprio territorio. Vuol dire decidere alcune restrizioni su altezze, superfici (massa) e funzioni dei fabbricati. Azzonamento è utilizzo lecito dei propri poteri di controllo e repressione nell’interesse della salute della sicurezza e del benessere generale. Imporre un piano per zone significa stabilire modalità di crescita e sue tendenze, così da sostituire stabilità al caos, ed eliminare in massima parte l’incertezza distruttiva nell’espansione della città. Adeguate densità e forme nello sfruttamento dello spazio assicureranno prevedibilità, vitalità, risorse, abitabilità.

Altezze

La gran parte delle città pone dei limiti alle altezze degli edifici. I limiti di altezza nelle città europee si basano quasi sempre sulla larghezza delle vie dove essi si affacciano. Sostanzialmente nessuna città in Europa ha edifici che superino i 24-26 metri di altezza. Quelle americane adottano in genere un criterio arbitrario di limitazione dell’altezza che nella gran maggioranza dei casi si è rivelato insoddisfacente, dato che l’unica ragione sarebbe di evitare di togliere aria e luce ad altri edifici. Ovvio quindi che l’altezza debba essere commisurata alla larghezza della strada e dall’angolo su cui si proiettano i raggi solari sull’arco di un anno. La luce non raggiunge i piani più bassi quando i fabbricati risultano indebitamente alti su entrambi i lati della via.

Gran parte delle case di St. Louis si affacciano su vie che vanno da est a ovest e sfruttano le brezze prevalenti sud-sud ovest dei mesi estivi. Gran parte degli edifici su queste vie non hanno soleggiamento facile come avviene invece per le strade nord-sud. La durata dell’illuminazione su una strada est-ovest è maggiore che su una nord-sud nelle giornate più brevi dell’anno, ma la proiezione dei raggi sui piani inferiori risulta difficile che nelle vie nord-sud là dove esistono fabbricati alti su tutti e due i lati. In altre parole, con case troppo alte il sole non illumina i piani bassi. Quanta altezza possa essere consentita agli edifici perché il sole arrivi ai pianterreni, è schematizzato nella seguente tabella organizzata su diverse zone a vie diverse della città.

Altezze massime degli edifici in alcune vie per consentire illuminazione diretta ai piani inferiori dei fabbricati (*)

Strada

Direzione

Larghezza della strada

Altezze massime

Delmar Boulevard (ovest di Kingsh’hway)

Est-Ovest

30 m

16 m

Washington Avenue (fino a Grand)

Est-Ovest

18-24 m

10-14 m

St. Louis Avenue (a ovest di Grand)

Est-Ovest

18-24 m

15-20 m

Arsenal Street (a ovest di Grand)

Est-Ovest

18-24 m

10-13 m

Bates Street

Est-Ovest

18-20 m

20 m

California Avenue

Nord-Sud

18 m

36 m

(*) Calcolata per le giornate più brevi dell’anno

Dati che che dimostrano le ragioni di una limitazione non arbitraria imposta agli edifici di St. Louis. Masse

Se le limitazioni alle altezze regolano una adeguata quantità di luce e aria agli affacci e in parte anche al retro, sono necessarie altre restrizioni alla massa degli edifici per garantire aria e luce a tutti i lati. A questo di solito si provvede coi cortili e arretramenti. Norme contenute già nei vari regolamenti edilizi e per le case in affitto, anche se non sempre in modo adeguato. Ovviamente, gli edifici in un medesimo isolato devono occupare proporzionalmente i propri rispettivi lotti in modo tale da garantire egualmente la quantità di luce e aria. Se un fabbricato occupa la totalità del lotto e si eleva per parecchi piani, per consentire aerazione e soleggiamento dipende da quelli vicini. Ma se ce ne sono parecchi realizzati così non si potranno assicurare sufficienti luce e aria, e tutti nell’insieme diventeranno dannosi per la salute di chi ci abita o ci lavora. È necessario che si pongano dei limiti alle masse di ogni tipo di strutture, non solo di quelle residenziali. Non si tratta di penalizzazioni, ma nella maggior parte dei casi di vantaggi, perché ciascun edificio può coprire le necessità di aria e luce da solo, senza dipendere per queste fondamentali necessità dalle proprietà confinanti.

Funzioni

Esistono cinque tipi di zone o distretti a seconda delle funzioni a cui sono destinati gli edifici: (1) residenziale, (2) commerciale, (3) industriale (con l’esclusione di attività nocive), (4) senza restrizioni, (5) indeterminata. Può essere vantaggioso articolare la zona residenziale a sua volta in due o tre classificazioni, in ciascuna delle quali si sostenga la realizzazione di strutture più uniformi, ovvero rispettivamente: piccole case unifamiliari singole, mono o bifamiliari a schiera, palazzi ad appartamenti o in affitto. Nei quartieri residenziali non sono consentite attività commerciali produttive o uffici di nessun genere, permesse invece scuole, chiese, sedi associative e analoghe.

In un quartiere commerciale sono consentite attività residenziali se si desiderano, oltre ad ogni genere di negozi e magazzini all’ingrosso. Nelle zone industriali consentite tutte le funzioni, residenza, commercio, produttive, salvo quelle che producono fumi vapori rumori nocivi. Il che riguarda gli impianti chimici, termici, di riduzione, produzione di gas, mattatoi, fabbriche di sapone, lavorazione di marmi e simili. Nelle zone senza restrizioni sono ammesse tutte le tipologie di residenza, commercio, industria. I distretti senza determinazione sono semplicemente quelli dove lo sviluppo urbano non ha ancora dato luogo alla necessità o possibilità di prevedere il genere di regolamentazione da applicare.

DEFINIZIONE DI «DISTRETTO» O «ZONA»

Per Distretto o Zona si intende una parte di isolato o gruppi di isolati contigui. In generale, la superficie più piccola sarà quella di tutti i lotti di un isolato che si affacciano sulla stessa via. La grande zona o distretto soma invece vari isolati urbani adiacenti. Le regole di zoning da imporre a St. Louis non saranno retroattive, ovvero in altre parole non verrà richiesta la demolizione o uso funzionale di un edificio esistente che non ricada nelle nuove norme.

L’AZZONAMENTO NELLE VARIE CITTÀ

Le città europee applicano norme di azzonamento da parecchi anni. In quelle americane soltanto di recente si è compreso che nei cortili è possibile imporre qualcosa di simile. Nel 1904 l’amministrazione di Boston ha imposto un limite di altezza a tutti gli edifici nel proprio territorio individuando due zone omogenee chiamate District A e District B, in cui viene contenuta l’altezza rispetto al piano stradale, a 38 metri per District A e 24 metri per District B. Imposizione di limiti sostenuta costituzionalmente davanti al tribunale statale e alla Corte Suprema federale. Nel 1909 l’amministrazione di Los Angeles ha approvato una ordinanza che divide la città in due zone, una a funzione residenziale, l’altra a usi commerciali e industriali anche senza proibire la residenza. Una delibera diversa da quella di altre città perché con valore retroattivo, obbligando una serie di attività commerciali e almeno una grossa industria a spostarsi. Anche questa ordinanza è stata sostenuta davanti al tribunale statale e alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

Minneapolis, Minnesota, e Berkeley, California, applicano regole di azzonamento solo su richiesta delle proprietà, e sono state imposte così diversi tipi di zone omogenee di tipo residenziale o industriale. La città di New York ha adottato un piano di zoning tra i più avanzati sia nel paese che all’estero. Qui i limiti alle altezze degli edifici si basano esclusivamente sulla larghezza delle strade, rispettivamente alti due volte e mezzo, due volte, una volta e mezza, una volta e un quarto, una volta la larghezza della via su cui si affacciano i fabbricati, con le altezze maggiori nelle zone commerciali-finanziarie e quelle minori nelle zone residenziali. In alcuni casi particolari vengono consentiti superamenti alle limitazioni di altezza secondo il criterio che non riguardino più di un quarto del lotto edificabile, e autorizzate con arretramenti dalla linea stradale.

Esistono cinque classi di limiti di massa o area, in cui si consente agli edifici di arretrare a gradoni, dal 100% al 30% di occupazione del lotto fabbricabile, oltre ad alcune restrizioni sulle dimensioni di cortili e affacci. Limiti imposti in genere alle zone a funzioni industriali o magazzini, strutture commerciali e terziarie, complessi residenziali ad appartamenti e in affitto, piccoli alloggi organizzati in case a schiera, o case singole di maggiori dimensioni. Cinque le distinzioni funzionali: (1) residenziale, (2) terziario-commerciale, (3) industriale (escluse attività nocive), (4) senza restrizioni, (5) indeterminato.

L’ordinanza sulle zone è stata approvata da New York nel luglio 1916. Non ne sono derivati problemi particolari, la sua applicazione ha incontrato pressoché unanime approvazione pubblica, e gli effetti positivi si possono già osservare in diverse parti della città. Washington, D. C, ha adottato alcune restrizioni per l’altezza degli edifici che consentono ai fabbricati di superare la larghezza della strada di affaccio al massimo di 6 metri. Nelle zone a destinazione residenziale della città non si può andare oltre i 24 metri.

VANTAGGI DELLO ZONING PER ST. LOUIS

Le incertezze per lo sviluppo di St. Louis stanno diventando un grave problema. Ampi quartieri stagnano in attesa di capire più chiaramente se sia meglio una crescita del tipo industriale che richiede spazi di espansione; le industrie invadono zone adesso in gran parte occupate da residenze; è avvenuto un grave crollo dei valori immobiliari in parecchie vie tra la Dodicesima e Grand Avenue; la residenza si sposta costantemente verso ovest lasciando ampi vuoti immobiliari funzionali che non possono essere assorbiti dalla crescita commerciale o industriale. L’assenza di norme chiare e permanenti causa instabilità dei quartieri. Ne risultano solo molti edifici realizzati in economia e bassa qualità. Situazioni del genere non possono certo contribuire alla crescita e al progresso della città o al benessere dei suoi abitanti. Occorre prendere provvedimenti per rendere impossibile la diffusione, l’esistenza stessa, del malessere urbano di cui soffriamo oggi. Ognuno ha diritto a una certa quantità di luce, aria, raggi di sole, a una casa lontana da attività nocive. E nei limiti delle proprie possibilità è un dovere dell’amministrazione locale intervenire a creare le condizioni adeguate.

L’AZZONAMENTO È CONFORME ALLE LEGGI NAZIONALI?

I limiti alla proprietà sono stati sinora imposti nell’ambito di transazioni o convenzioni private. Si tratta di limiti precari e in genere abbastanza inefficaci, visto che vengono spesso ignorati e non rinnovati alla scadenza. Le convenzioni private vengono redatte allo scopo di tutelare specifici immobili, e non concepite con l’idea di considerare invece il benessere di una città. Le norme di azzonamento predisposte da una amministrazione sono invece, quando ben studiate, un uso del tutto coerente di del potere locale nell’interesse della salute pubblica e dei cittadini. Per tanti anni abbiamo considerato del tutto normale che un proprietario usasse del proprio immobile senza alcuna considerazione delle altre proprietà vicine. Oggi i tribunali riconoscono come la libertà individuale nello sfruttamento della proprietà privata trovi un limite nel danneggiare o minacciare salute, sicurezza, benessere della comunità tutta.

Le prime norme municipali alla proprietà immobiliare privata accettate dai tribunali sono state quelle anti incendio, a tutela della sicurezza di chi abitava in prossimità. Poi si sono affermate le restrizioni alle forme degli edifici privati o in affitto coi regolamenti edilizi su masse e organizzazione complessiva per la salute pubblica. Più tardi ancora sono arrivate le norme che governano le altezze, confermate dai tribunali nell’interesse della sicurezza e salute, insieme a quelle sulle industrie e altre attività potenzialmente o certamente nocive e fastidiose. Insieme a queste altre prescrizioni contro trasformazioni che alteravano il carattere riconosciuto dei quartieri.

Appare così evidente che qualunque tribunale non potrà evitare di sottoscrivere norme che governano altezze, masse, funzioni degli edifici, là dove evidentemente esse siano ben studiate e promuovano salute, sicurezza, benessere generale, ovvero le considerazioni fondamentali che stanno alla base di qualunque esercizio del potere di controllo ed eventuale repressione. Se lo scopo dell’urbanistica per zone omogenee può apparire come limitazione all’agire di alcuni individuali membri della comunità, si tratta semplicemente di un caso, nell’intenzione generale di aumentare la sicurezza e stabilità collettiva. Sinora sono stati i singoli, a volte, ad approfittare a spese della comunità.

Titolo originale: Zoning for St. Louis – a Fundamental Part of the City Plan, Nixon-Jones Printing,St. Louis 1918 – Traduzione di Fabrizio Bottini

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