La Strada non è per l’Automobile

Foto F. Bottini

Se siete un automobilista lo sapete che non si attraversa un’autostrada, è vietato. Chi invece non sta su un’automobile si ritrova di fatto vietato molto altro, per tanti specie se con qualche disabilità è quasi impossibile attraversare qualsiasi tipo di strada. Magari manca il semaforo, il segnale di STOP, il passaggio pedonale, il dosso di rallentamento. Oppure c’è il semaforo ma non è dotato di segnale acustico, oppure il verde dura troppo poco, specie quando tocca anche schivare i veicoli che stanno svoltando a destra col medesimo verde nostro. Abbiamo anche timore delle auto che vanno troppo forte o passano col rosso, come quella volta che ci hanno quasi messo sotto, come è successo a qualcuno che conosciamo. Attraversare quelle multi-corsie di scorrimento veloce, anche se tecnicamente non si chiamano autostrade, può voler dire una deviazione da mezz’ora rispetto al percorso ideale, o prenderci quei rischi che poi per qualcuno significa accusarci di essere «pedoni indisciplinati».

Detesto il termine «utenti vulnerabili della strada» perché suona paternalista e con la scusa di proteggerci in quanto non protetti da un veicolo in realtà accetta il fatto che non siamo sicuri proprio per quello. A livello nazionale abbiamo una vera crisi di sicurezza dei pedoni, e come sottolinea il documento di Smart Growth America, Progettate per Essere Pericolose, sono le arterie di comunicazione non autostradali quelle dove si verificala maggior parte degli incidenti gravi o mortali. Come responsabile della sicurezza per Disability Rights Washington, passo parecchio tempo a discutere con altri non-automobilisti disabili: persone che, come me, non possono guidare. A meno di trovare chi ci dà un passaggio, o usare quei servizi particolari del trasporto pubblico porta-a-porta, attraversiamo la città a piedi o a rotelle. In tante conversazioni con quei disabili appiedati, ascolto le sfide che pone questo tipo di struttura stradale auto-centrata troppo spesso sbilanciata verso il flusso veloce rispetto alla accessibilità, penalizzante per chi non guida.

Chris, signora ipovedente che abita a Clark County, sulla sponda opposta del fiume rispetto a Portland, Oregon, mi mostra come si raggiunge la più vicina fermata dell’autobus. Sta su una strada di scorrimento veloce senza marciapiede, traffico a settanta all’ora, nessun semaforo con segnale acustico. Non è un attraversare sicuro normale da incrocio da due corsie quando quelle corsie diventano quattro o cinque» spiega». Chris è disposta ad assumersi il rischio di raggiungerla quella fermata del bus, ma tanti altri disabili decidono che non ne vale la pena. Frank di Benton City, Eastern Washington, mi racconta: «Potrei usare il percorso dedicato ma non ci riesco, non posso camminare troppo e sono molto lento. Mi sento molto molto vulnerabile. Attraverso lentamente, le auto arrivano veloci, tutti sembrano distratti, è un ostacolo enorme». E così Frank deve contare sul trasporto pubblico speciale che richiede viaggi e tempi prenotati.

È certo interessante notare come si stia rallentando la realizzazione di nuove autostrade, o gli impegni a rimediare quanto fatto in passato (anche con sostegni federali) quando si tagliavano in due dei quartieri per farci passare le multi-corsie veloci ad accesso regolamentato, ma bisogna riconoscere che anche le arterie normali non hanno risolto alcun problema. Seattle, dove abito, ha fama di essere una città progressista e attenta all’ambiente. Negli anni ’80 due autostrade che tagliavano i quartieri storici di Southeast Seattle sono state riclassificate normali vie urbane amministrate dalla città. Ma restano comunque due delle tre arterie più pericolose quanto a incidenti (l’altra è Aurora tutt’ora qualificata autostrada). Continua la regola dei pochi attraversamenti, dei semafori concepiti per favorire il traffico veloce delle auto. Tutto nonostante i limiti di velocità urbani di quelle strade. C’è un semaforo pedonale dove attraverso per prendere l’autobus da casa, ma gli automobilisti regolarmente non ci badano, tanto è solo un incrocio pedonale; e tra tutto quel baccano, la situazione penosa del marciapiede, scarsissimi affacci a misura di passante, di pedoni se ne vedono davvero pochi da queste parti.

Qualunque allargamento stradale non solo spinge a guidare di più ma rende la vita difficile a chi sta fuori dalle auto. Chi può guidare sceglierà di farlo perché peggiorano ulteriormente le condizioni da pedone. Chi non guidare può dovrà prendersi più rischi per i medesimi spostamenti o semplicemente ridurli o eliminarli. Non basta demolire autostrade sopraelevate e farci invece ampi viali multi-corsia di scorrimento. Dove certo teoricamente possono esserci dei pedoni, persone che si spostano su rotelle, ma sono costruiti su misura per l’automobilista. Se vogliamo affrontare il problema delle barriere all’accesso, e insieme le questioni socio-sanitarie e climatiche della nostra dipendenza dall’auto, dobbiamo partire dal rendere più semplice la circolazione locale di chi non guida. L’ostacolo sono quei percorsi lungo o attraverso le corsie di scorrimento veloce. Seattle ha qualcosa che non ho mai visto in nessun’altra città americana: vie che in un modo o nell’altro praticamente tutte a senso unico nei quartieri. Coi parcheggi su entrambi i lati della strada, c’è spazio per il passaggio di un solo veicolo alla volta, e quindi quando due auto si incrociano una deve lasciar spazio, accostare o arretrare fino a un incrocio dove è possibile farlo. Ciò vuol dire che nelle vie dei quartieri gli automobilisti non hanno altra possibilità se non di viaggiare molto lentamente, rendendo la via molto più comoda e sicura per tutti.

Perché non fare delle strade lente la cosa più normale delle nostre città? Ci potrebbe volere più tempo di certo per percorrere grandi distanze in auto, ma sarebbe un ambiente più equo dove si può scegliere se e come muoversi, specie se alle corsie per auto più lente corrispondessero poi investimenti in altre corsie dedicate per bus veloci. Insieme ai collegamenti su binari potrebbe spingere chi può farlo a scegliere di non salire in auto. A favore di strade più sicure per chi non sta in un abitacolo, perché chi non guida possa raggiungere più facilmente e in sicurezza le fermate del mezzo pubblico, per avere più affacci commerciali diretti invece di arretramenti per ettari di inquietanti ostili parcheggi, per più vie tranquille e lente dove ci si possa fermare e parlare con un bambino aspettando l’autobus, siamo a un punto di svolta. Ed è necessario far massa critica non solo per impedire nuove autostrade, ma perché in qualunque via si possa camminare o spostarsi su rotelle.

da: Next American City, 12 ottobre 2022; Titolo originale: It’s Not Just Highways. The Time For Street Reform Is Now – Traduzione di Fabrizio Bottini

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