Pëtr Kropotkin e il pensiero ecologista

Pëtr Kropotkin, The Ecologist

«Siamo perduti nel presente se ci dimentichiamo il passato senza visione del futuro» scriveva il poeta ghanese Ayi Kwei Armah. Cade quest’anno il centenario della scomparsa del geografo anarchico Pëtr Kropotkin: un protagonista del passato che non possiamo certo dimenticare. Dotato studioso di geografia, pioniere dell’ecologia sociale, socialista rivoluzionario, Kropotkin ci lasciò un autentico «tesoro di idee fertili» per usare le parole del suo amico Errico Malatesta, idee ancora assai rilevanti per il mondo contemporaneo.

Filosofia

Nato a Mosca nel 1842, per una di quelle curiose ironie della storia, Kropotkin prima di diventare uno dei più radicali oppositori di ogni forma di potere statale appartiene alla più alta aristocrazia russa. I suoi antenati sono tra i primissimi potenti della Russia. Dopo campagne di ricerca scientifica nelle più remote regioni della Manciuria e Siberia dopo il 1860, Kropotkin aderisce all’Internazionale dei Lavoratori. Imprigionato due volte per le attività politiche. Arriva in Gran Bretagna nel 1886 dove resterà in «onorevole esilio» usando le parole di Nicolas Walter, per i successivi trent’anni. Fino al ritorno nella terra natia nel 1917 allo scoppio della Rivoluzione. Durante i lunghi anni dell’esilio, Kropotkin diventa uno dei principali teorici del movimento anarchico, oltre a proseguire negli studi scientifici. E un suo ritratto sta ancora appeso nella biblioteca della Royal Geographical Society di Londra. Naturalista evoluzionista come Darwin, Kropotkin era un intellettuale davvero eclettico e versato a varie. Autore di libri sulla Rivoluzione Francese, sulla letteratura russa, il cambiamento climatico e la geografia di Eurasia, biologia evoluzionista e ecologia sociale, e cui negli ultimi anni si aggiungono scritti filosofico-etici.

Forza

Vorrei qui concentrami su un singolo aspetto delle sue ampie e complesse opere, in particolare sui seminali scritti di ecologia sociale. Al cuore dell’esistenza umana, secondo Kropotkin c’è un sostanziale «paradosso», visto che da un lato l’essere umano intrinsecamente appartiene alla natura, è il prodotto di un processo evolutivo, e la sua esistenza dipende completamente dal Mondo Naturale per il cibo, l’acqua, l’aria. D’altra parte però gli esseri umani in un certo senso sono «separati dalla natura»: lo stesso pianeta è esistito per miliardi di anni, molto prima che emergessero gli esseri umani come specie, e specie unica nell’unire un elevato grado di consapevolezza, profonda socialità, e sviluppare forme complesse e simboliche di culture e tecnologie. Gli esseri umani, oggi chiamati «forza geologica» sul pianeta Terra, descritti come «separati dalla natura». La cosa importante di Kropotkin è quanto si impegna a mantenere insieme entrambe le due diverse dimensioni della vita umana sociale.

Sfruttamento

Unisce quindi umanesimo, l’agire e la cultura umana, al naturalismo, riconoscendo pienamente la dimensione ecologica della vita umana, il suo «radicamento nella natura». Come filosofo sociale quindi Kropotkin è fondamentalmente un umanista ecologico, un ecologo sociale. Due dei suoi libri (entrambi da articoli scritti e pubblicati durante gli anni ’90) sono esempi di questa ecologia sociale: Fields, Factories and Workshops Tomorrow (1899), e Mutual Aid: A Factor of Evolution (1902). Verso la fine del secolo Kropotkin si interessa sempre più di incrociare due aspetti. Uno è il crescente «abisso» tra una campagna che si svuota di persone e vita naturale, e una città popolata nello squallore e nella povertà dei quartieri speculativi sovraffollati degli operai che lavorano nelle fabbriche, in malsane condizioni di sfruttamento antidemocratiche.

Colture

L’altro tema è lo sviluppo dentro il capitalismo di una forma industrializzata di agricoltura, sistema a monocolture che impoveriscono la fertilità dei suoli, destinate più alla formazione di profitti che alla produzione di alimenti. Si preoccupa anche del fatto che in Gran Bretagna la terra sia praticamente tutta di proprietà privata, con larghissime superfici destinate a riserve di caccia – fagiani e gallo cedrone – per il divertimento delle classi dirigenti più ricche. Molti, come per esempio Trotsky o altri studiosi liberali, hanno descritto Kropotkin come una specie di intellettuale sognatore utopista, totalmente distaccato dalla «realtà» politica e sociale, mentre in realtà Kropotkin era uno studioso assai empirico e legato alle pratiche. Quanto Marx passava il suo tempo dentro le biblioteche al British Museum studiando economia soprattutto sulle pubblicazioni governative, Kropotkin viaggiava compiendo i propri studi sul territorio e sulle colture agricole, oltre a curare per tutta la vita insieme alla moglie Sophie l’orto. Si costruì da solo anche tutto l’arredamento di casa!

Culture

Nel suo libriccino di riflessioni Fields, Factories and Workshops Tomorrow, che sarà descritto da Colin Ward come uno dei «grandi lavori profetici del diciannovesimo secolo», Kropotkin sostiene che:

  • Tutte le forme di produzione industriale o artigianale devono essere decentrate, auspicando anche quanto oggi chiameremmo una «esistenza urbana più verde».
  • In futuro l’agricoltura debba diversificarsi e intensificarsi, comprendendo orti, campi, pascoli irrigati, frutteti, serre, piccole colture domestiche. Solo così, ritiene Kropotkin, è possibile ottenere al tempo stesso altissime rese e diversificazione. L’autosufficienza non significa ricorso all’agricoltura industrializzata (in regime capitalista), se il contadino è libero dai tre «avvoltoi» dello stato, della proprietà terriera, delle banche. Kropotkin dunque si oppone sia alla collettivizzazione statale dell’agricoltura che alla produzione agricola capitalista.
  • Il lavoro – in agricoltura così come nella produzione industriale – debba e possa essere ridotto a poche ore al giorno, consentendo alle persone tempo sufficiente per ricreazione e attività culturali.

Rozzo

Tutto ciò, ammette Kropotkin, comporta una rivoluzione sociale, la creazione di una società ecologica basata su principi di comunismo anarchico. Val la pena notare quanta influenza ebbe il lavoro di Kropotkin su tanti altri pensatori, tra cui Lev Tolstoy, Ebenezer Howard (e il suo progetto di città giardino), Lewis Mumford o Paul Goodman. Il libro sul «Mutuo Appoggio» probabilmente è l’opera più nota di Kropotkin, ancora ripubblicata. Lavoro di divulgazione popolare, esprime l’impegno dell’Autore alla fine del XIX secolo, mentre emerge quella scuola di pensiero poi nota come «Darvinismo Sociale». La provocazione che scuote Kropotkin è un articolo di Thomas Huxley, noto per essere «il bull dog di Darwin» di cui difendeva le teorie su The Nineteenth Century nel 1888. Il titolo dell’articolo è «The Struggle for Existence and its Bearing upon Man». Citando Hobbes, Huxley descrive la vita in natura – sia la natura organica che la vita sociale delle popolazioni tribali – e la definisce «solitaria, miserabile, cattiva, rozza, breve».

Mutuo sostegno

Dopo Huxley, i Darvinisti Sociali – che comprendono tra gli altri certi spietati imprenditori americani come Rockefeller o Carnegie – applicheranno alcune teorie evoluzioniste, e specificamente il concetto di Herbert Spencer di «survival of the fittest», alla vita sociale umana. A giustificare ideologicamente la spinta capitalista e imperialista, lo sfruttamento coloniale delle società tribali. Una idea che implicitamente considera gli esseri umani naturalmente motivati da impulsi aggressivi, egoisti, competitivi, individualisticamente possessivi. Kropotkin certo era assai critico verso Rousseau, non dubitava dell’esistenza – della realtà – dei conflitti, della competizione, dell’egoismo (espressione soggettiva) sia in natura che nella vita sociale.

Ma combatteva comunque il concetto (capitalista) mutuato da Hobbes sostenendo che fosse esagerato e sbilanciato. Sino a comporre una serie di articoli dedicati al «mutuo sostegno», alle attività cooperative sia negli animali che nella storia delle società umane. La propensione al mutuo sostegno, ovvero ciò che chiama «anarchia» sarebbe assai evidente anche «tra di noi» ovvero nella Società Occidentale. Coesiste con la spinta contraria espressa dallo stato e dal capitalismo. Mutuo sostegno (o anarchia) è ciò che si esprime secondo Kropotkin nelle associazioni dei lavoratori, nei sindacati, nella vita familiare, nella solidarietà religiosa, in varie forme associative o culturali e volontarie. Il mutuo sostegno, sottolinea ancora Kropotkin, è un elemento essenziale dell’evoluzione e della vita sociale.

Predatori

Mutuo Sostegno non è un testo anarchico, né un’opera di teoria politica, ma rispecchia l’idea di nuova società futura di Kropotkin, quella che descrive come libero comunismo anarchico. Che implica una rivoluzione sociale e una politica basata su tre fondamenti o principi:

  • Rifiuto dello stato in ogni forma gerarchica di oppressione ad inibire l’autonomia delle persone in quanto soggetti sociali individuali;
  • Ripudio dell’economia capitalista di mercato, del suo sistema salariale (che Kropotkin considera forma di schiavitù), dell’etica competitiva e dell’ideologia di individualismo possessivo;
  • Infine la visione di una futura società ecologica, basata sul mutuo sostegno, l’associazione volontaria, forme di democrazia partecipata e organizzazione social e comunitaria. Tale società promuove al tempo stesso la piena espressione della libertà individuale ed esprime mutualismo, relazione cooperativa col mondo naturale.

In un’epoca in cui regna trionfante il capitalismo delle grandi imprese, creando le condizioni di terrore, devastazione sociale, enorme diseguaglianza economica, crisi ecologica, la visione di Kropotkin, i suoi concetti politici, hanno ancora notevole rilevanza. Contro i sostenitori del cosiddetto «Green New Deal» come Naomi Klein, Kropotkin avrebbe sottolineato come lo stato capitalista non può essere la soluzione alla crisi ecologica dato che ne costituisce la causa. Come sosteneva tanto tempo fa l’ecologista sociale Murray Bookchin, il capitalismo in relazione simbiotica con lo stato depreda la terra alla costante ricerca di profitto ed è quindi la principale causa della «crisi moderna».

da: The Ecologist, 24 dicembre 2021 – Titolo originale: Kropotkin’s ecology – Traduzione di Fabrizio Bottini

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4 pensieri su “Pëtr Kropotkin e il pensiero ecologista

  1. QUASI UNA RECENSIONE (MA DI UNA RECENSIONE) CONTRO IL COLONIALISMO COMUNQUE MASCHERATO

    Gianni Sartori

    Confesso in anticipo. Non ho letto “Landness. Una storia geoanarchica”. Solo una recensione apparsa su “la lettura”.

    Quindi questa non è altro che la “recensione di una recensione”. Quando – e se – avrò analizzato anche il testo vero e proprio ne riparleremo. Eventualmente.

    Ma mi basta e avanza per qualche osservazione. Intanto sul titolo, forse pretenzioso e fondato, credo, solo sul fatto che qui si parla di due insigni geografi anarchici, Eliseo Reclus e Petr Kropotkin.

    Quest’ultimo arbitrariamente definito “inviso a zar e sovietici” (quasi equiparati, ma si può?). Caso mai si dovrebbe parlare di “bolscevichi” in quanto nessuno nella Russia rivoluzionaria era più “sovietico” (nel senso originario di consiliare) degli anarchici. Basta pensare a Kronstadt e alla machnovščina.

    Senza dimenticare che Lenin nutriva un profondo rispetto per l’illustre libertario e lo incontrò in varie occasioni. Raccogliendo in parte le sue richieste di scarcerazione per alcuni anarchici arrestati (non tutti purtroppo) e consentendo poi a quelli rinchiusi di partecipare ai funerali del Kropotkin stesso. Ne parlava Victor Serge (l’unico bolscevico a cui gli anarchici consentirono di partecipare) ricordando come, sempre purtroppo, molti dopo la cerimonia funebre dovessero rientrare in galera.

    Ma, appunto, si trattava di una responsabilità bolscevica, non dei sacrosanti principi sovietici (ripeto, nel senso di consiliari).

    E credo esista ancora un museo dedicato a Kropotkin, risalente appunto agli anni venti.

    Fosse stato solo per questo non avrei perso tempo a scriverne. Ma nella recensione di Danilo Zagaria c’è di più (e a mio avviso di peggio).

    Parte (e conclude) rievocando la discutibile impresa del colonialista James Cook che grazie al contributo di un nativo (forse suo malgrado e con il senno di poi definibile “collaborazionista”) arrivò a “scoprire” Australia e Nuova Zelanda. Tupaia, questo il nome dell’ingenuo indigeno, era presumibilmente uno sciamano che per l’esploratore realizzò una mappa dettagliata (traduzione grafica della sua “mappa mentale”) dei percorsi tradizionalmente utilizzati dagli abitanti dell’Oceania. Con l’indicazione della distanza tra la miriade di isole e isolette indicata non in miglia, ma in giorni. Quelli necessari (la distanza temporale) per la navigazione e tramandati di generazione in generazione attraverso i canti religiosi. Di tutto questo Cook seppe appropriarsene aprendo la strada alla colonizzazione europea e all’oppressione dei nativi. Talvolta al vero e proprio genocidio come nel caso degli aborigeni australiani. Un’impresa assai discutibile.

    Tracciarne l’elogio (cito testuale: “Resta da capire se sapremo fare come Cook “: madonna, speriamo di no!) mi sembra ben poco “anarchico”.

    Almeno per come la vedo io.

    Gianni Sartori

    • In realtà era solo un articolo giornalistico alla ricerca un po’ generica di precedenti e radici nobili per l’ambientalismo. Magari ricerca fatta in poco tempo e su Wikipedia e dintorni

    • Tra il prendersela legittimamente con gli eccessi del neoliberalismo ed essere «anticapitalisti» dovrebbe esserci comunque una bella differenza. Ma a quanto pare il termine giornalisticamente imposto ormai è quello e teniamocelo fin che dura

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