Stiamo annegando ma non ditelo a nessuno

Quando si parla e si pensa al cambiamento climatico, complice probabilmente un certo tipo di informazione assai politica per non dire politicizzata, si finisce sempre per focalizzarsi vuoi sulle posizioni dei vari leader mondiali, dai più attivi e propositivi ai micidiali negazionisti, vuoi su alcuni dettagli delle politiche di contrasto e contenimento delle cause, dall’abbandono dei combustibili fossili a varie anche radicali trasformazioni dei nostri stili di vita quotidiani. Meno si tratta invece, salvo quando colpisce l’evento traumatico «anomalo», degli enormi cambiamenti, ineluttabili, già avvenuti e che toccano molto ma molto da vicino il nostro rapporto col pianeta inteso in senso stretto, ovvero il territorio su cui poggiamo i piedi ogni mattina scendendo dal letto. Uno dei più vistosi è quel progressivo restringimento delle superfici terrestri abitabili determinato dall’innalzamento del livello degli oceani, soprattutto se teniamo conto che gran parte delle nostre armature urbane, socioeconomiche, produttive, la nostra vita insomma, si svolge quasi da sempre proprio lungo la trincea sotto inesorabile attacco. Man mano si sviluppano gli studi sull’innalzamento delle temperature medie e quello parallelo del livello del mare, appare sempre più chiaro che la velocità dei processi probabilmente non è quella del lento sgocciolio, ma ricorda di più una vera e propria catastrofica alluvione.

Capitano, imbarchiamo acqua sia a prua che a poppa!

In altre parole, senza balzare appunto ad altro ogni volta che si sfiora l’argomento, pare rilevabile che gli effetti dell’innalzamento del livello degli oceani sui territori costieri, le città, le infrastrutture, le coltivazioni eccetera, siano e possano essere molto peggiori di quanto previsto. Ovvero un conto è il calcolo dei gradi e dei centimetri, un conto la valutazione complessiva di cosa significano concretamente quelle variazioni, e gli studi indicano da un lato un vuoto mentale e di politiche ancora piuttosto inquietante, dall’altro che proprio «incrociandosi sul territorio» quella prospettiva possa essere un ottimo campo di lavoro interdisciplinare e intersettoriale. Sul territorio, sugli insediamenti, per esempio, l’innalzamento del livello del mare non arriva in teoria, ma in pratica, e si esprime in onde, le quali onde hanno effetti assai più deleteri di un’acqua che semplicemente sale come marea. Secondo i calcoli dei ricercatori, in alcuni casi il fattore onde accresce dal 50% al 100% le alluvioni, e questo, a spanne, vuol dire che anche innalzamenti di pochi centimetri come quelli previsti al minimo entro la metà di questo secolo (vuol dire tra una generazione: in termini territoriali un battito di ciglia) ci pongono da oggi in una situazione di emergenza: una specie di uragano Katrina o Sandy, che non solo colpisce con inusitata frequenza, ma che colpisce col doppio della forza per via delle onde, fa davvero paura.

Tocca organizzarsi o soccombere

Le ricerche hanno prodotto conoscenza sistematica e verificabile in ogni contesto locale, per esempio nelle molto esposte città della fascia tropicale, ma anche in casi in cui alla non eccessiva forza dell’impatto corrisponde un contesto molto delicato, in un senso o nell’altro. Come occorre intervenire? Quali sono i fronti privilegiati di trasformazione o adeguamento su cui lavorare? Intervenire sulla conformazione delle coste? Nonostante l’apparente enormità, a parere degli scienziati quella potrebbe essere solo una soluzione temporanea nelle aree più vulnerabili, e resta del tutto aperta la questione economica: non solo per finanziare gli interventi di adeguamento in sé, ma anche per verificare se davvero ne vale la pena, in modo integrato ovviamente. Quanto converrebbe, invece pensare a un grande processo di trasferimento delle popolazioni, attività colture, in zone diverse da quelle attuali? E su quali tempi? Pare davvero una cosa al di là della dimensione umana, ma ci stiamo proprio dentro in mezzo, e ci tocca.

Riferimenti:
AA.VV. Doubling of coastal flooding frequency within decades due to sea-level rise, Nature/Scientific Reports, maggio 2017 (pdf scaricabile da Città Conquistatrice-Drive)

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