Un Piano per la Grande Londra (1944) – Parte 1

Premessa del traduttore

Il Greater London Plan, elaborato nelle ultime fasi della seconda guerra mondiale da un complesso gruppo di lavoro coordinato da Patrick Abercrombie, è senza dubbio uno dei «manifesti», se non il manifesto, della pianificazione territoriale e urbanistica del Novecento. Emblematico, perché affronta per la prima volta in modo adeguato e complesso alcuni paradigmi: la Metropoli nei suoi vari aspetti di forma di governo, bacino di pianificazione, spazio di interazione fra vari soggetti sociali ed economici, e non ultimo spazio di convivenza fra valori di sviluppo, conservazione, ambiente naturale e antropizzato.

Emblematico, ancora, perché affronta – a differenza delle esperienze che in un modo o nell’altro l’hanno preceduto, nella Ruhr, a New York o altrove – davvero l’intreccio fra tutte queste tematiche, recuperando e fondendo in un solo obiettivo complesso problemi che erano già emersi, ma in modo disgiunto, anche ad esempio nel lavoro delle grandi Commissioni governative che del Greater London Plan e delle esperienze successive sono alla base istituzionale: quella sul Decentramento Industriale (Barlow); quella sul rapporto fra agricoltura, paesaggio, e sviluppo urbano e industriale (Scott); infine quella sulla questione dei suoli e del rapporto fra uno stato liberale capitalista e il governo del territorio (Uthwatt).

Del dibattito precedente, il Piano recupera il meglio, a partire dallo spirito riformista del Garden City Movement, di cui non a caso riprende e rilancia il tema della Green Belt (e comunque del verde come strumento di costruzione del territorio urbanizzato, anziché area residua), e della Città Satellite come grande politica di piano nazionale anziché forma spontanea o volontaristica di crescita. Del piano, riporto qui la mia traduzione italiana del «Preambolo», in cui Abercrombie delinea quanto nei capitoli tecnici sarà sviluppato nei dettagli. Ma bastano sicuramente queste poche pagine introduttive a cogliere lo spirito del progetto, che va molto oltre il piano urbanistico, per quanto inteso in senso ampio, coinvolgendo un’idea ampia di società, sviluppo, identità e ambiente.

(Fabrizio Bottini)

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«Ogni cosa è pronta, se lo sono le nostre menti»

Un piano per Londra e l’intera Regione di influenza metropolitana, era da lungo tempo ritenuto improcrastinabile quando la Commissione Reale per la Localizzazione della Popolazione Industriale presentò il suo rapporto nel 1939. Di conseguenza, Londra fu individuata per una immediata azione. La guerra, oltre alla completa cessazione della normale vita e crescita, portò tre nuovi fattori sulla scena: la distruzione di vaste aree, in particolare nel centro; l’evacuazione di ampie proporzioni di abitanti; l’incremento industriale dovuto alla quasi universale produzione bellica. Non soltanto divenne allora ovvia la necessità di qualche tipo di piano d’azione, ma si presentò l’opportunità di localizzare popolazione e industria più logicamente, di migliorare radicalmente i trasporti, di determinare un più corretto uso del suolo. La stessa dimensione di Londra fu, inevitabilmente, coinvolta. Questo Piano è un tentativo di utilizzare l’opportunità. Continua senza interruzione il piano predisposto per il London County Council e deve essere letto e studiato insieme ad esso. Si spera possa portare qualche contributo al futuro stato di questa nazione, e consentirle di stabilire una vita di pace.

INTRODUZIONE

Dall’inizio di questa guerra sono stati preparati tre piani, relativi a parti della Regione di Londra, ciascuno complementare agli altri due. La City of London ha preparato proposte per la pianificazione e ricostruzione del vitale Miglio Quadrato nel cuore della Metropoli. Il Piano per la Contea di Londra, del 1943, riguarda l’area fino ai confini amministrativi di Contea. A partire da questa linea e oltre, fino ad una di stanza di approssimativamente 30 miglia dal centro, inizia questo studio, il Piano per la Grande Londra del 1944. Ma questi tre studi complementari sono, ciascuno, un’indagine dentro a singole parti dell’unica e indivisibile Metropoli, i cui confini sono invisibili ad occhio nudo, incompresi dal cittadino comune – salvo quando significano aumenti di costi – e privi di significato per il pianificatore.

Queste tre aree sono, tutte, di primaria importanza sul versante amministrativo. La compatta unità della City, e il più ampiamente disteso controllo del Consiglio di Contea, sovraimposto salvo che per alcune funzioni minori sulle aree dei Metropolitan Boroughs, contrasta vivamente con la molteplicità delle strutture amministrative della Grande Londra, con le sue 2.599 miglia quadrate suddivise tra 143 autorità locali. Nella stessa area, opera anche un vasto numero di enti, le cui funzioni in un modo o nell’altro si intrecciano con la pianificazione, come l’Autorità Portuale di Londra, la Thames Conservancy, gli enti responsabili per le fognature, gli ospedali, le forniture di gas ed elettricità, le compagnie ferroviarie e di navigazione interna, ecc. Quasi ognuna delle 143 autorità locali ha un piano regolatore approvato, o in corso di redazione, che non tiene in alcun conto i vicini. La carenza di pianificazione coordinata si è resa evidente, qui, più che in ogni altra area urbana della nazione. Nonostante vari Comitati, consultivi o esecutivi, abbiano lavorato su questo tema, si è sempre deprecabilmente mancato di comprendere la necessità di coordinamento della pianificazione attorno a Londra. Uno sguardo retrospettivo si rende qui necessario, per riassumere i validi tentativi operati per superare questa crisi, ma è certo con profondo rammarico che si osservano gli anni trascorsi, di sforzi sprecati e opportunità perdute.

Una retrospettiva dei tentativi di coordinamento

Durante l’ultima guerra la London Society fu strumentale alla preparazione di un piano per Londra ricco di indirizzi per il futuro, in particolare riguardo alle strade e agli spazi aperti.
Nel marzo del 1920, il Comitato per le Aree Insalubri, presieduto da Mr. Neville Chamberlain, rese pubblico un rapporto di massima che riguardava specificamente le aree londinesi, e nell’aprile del 1921 fu pubblicato il rapporto finale. La Raccomandazione 11 di questo rapporto stabiliva che una persona o alcune persone competenti, fossero autorizzate a redigere un piano per la ricostruzione di Londra e della campagna circostante, incluse le Home Counties così come i Distretti di Polizia cittadina e metropolitana.

La Raccomandazione 12 stabiliva che si dovesse svolgere immediatamente un’indagine sulla natura, scopi e funzioni di una nuova autorità, o combinazione di autorità, per dare effetto cogente a questo piano, con le modifiche che si fossero rese necessarie, a controllare i trasporti e porre in essere gli aggiustamenti finanziari tra le autorità locali interessate, nei modi richiesti.
Poco dopo, si formava il Greater London Regional Planning Committee, su iniziativa del Ministero della Sanità, di cui fu nominato Consulente Tecnico generale il Dr. Raymond Unwin. Questo Comitato, composto da un gran numero di persone rappresentanti le autorità locali di piano, non riuscì sfortunatamente a giungere ad alcuna decisione di ampio respiro. I rapporti pubblicati consistettero principalmente in una serie di validi contributi del Dr. Unwin, e se su queste basi si fosse intrapresa qualche azione, i problemi di pianificazione della Greater London sarebbero ora più ampiamente inquadrabili oggi. Ma entro il 1931 si interruppe il flusso di fondi per continuare le attività del Comitato su una base soddisfacente, e la sua utilità terminò poco più tardi.

Dopo che il Comitato ebbe cessato di esistere, fu costituita dal Ministero della Sanità Conferenza Permanente sulla pianificazione regionale di Londra, che tenne la sua prima riunione nell’ottobre del 1937. L’area di lavoro della Conferenza fu definita essere la London Traffic Area. Il gruppo era composto da uno o due rappresentanti di ciascuno dei County Councils, della City of London e dei County Boroughs, da due rappresentanti della Association of Municipal Corporations, da due della Urban District Councils’ Association, da due della Rural District Councils’ Association, e anche da un rappresentante del Ministero della Sanità. Sir Kingsley Wood, il Ministro della Sanità, dichiarò a quella riunione che la Conferenza sarebbe stata diversa da precedente Comitato, in quanto non doveva prendere in considerazione l’idea di fare proposte di pianificazione regionale ab initio, ma solo di prendere in considerazione i problemi che gli venivano presentati. Suggerì che il metodo migliore per la Conferenza fosse quello di nominare un comitato tecnico, composto da quadri delle autorità rappresentate, che avrebbe presentato rapporti sulle varie questioni.

Fu nominato un Comitato Tecnico composto dal Capo Ufficio Tecnico di ciascun consiglio costituente, tre Ingegneri Municipali nominati a rappresentare rispettivamente i Boroughs, Urban Districts e Rural Districts, e il Vice-Capo Ispettore per l’Urbanistica del Ministero della Sanità. Periodicamente, la Conferenza Permanente, attraverso il suo Comitato Tecnico, affrontò le varie questioni che le venivano poste, ma fu solo poco prima dello scoppio della guerra che si fu in grado di far approvare dal Ministero la decisione di chiedere al Comitato Tecnico di riferire su:

a) modi e metodi di preparazione di un Piano Regionale o Piano Generale per la Regione di Londra; e
b) possibilità di istituire una cintura agricola attorno a Londra.

A questo punto, la preparazione della guerra rese impossibile al Comitato Tecnico di esercitare le proprie funzioni, e prima che potesse riprendere le proprie attività, si verificarono due ulteriori importanti eventi. Nel 1941 il Ministero dei Lavori Pubblici e dell’Edilizia chiese al London County Council di preparare un Piano (pubblicato l’anno scorso come County of London Plan 1943) e nel 1942 chiese alla Conferenza Permanente se fosse d’accordo (e lo fu) sulla nomina di un esperto per preparare un Piano di Massima e Rapporto sulla Grande Londra. Le istruzioni del Ministero includevano l’indicazione che il Piano dovesse essere predisposto in collaborazione con il Comitato Tecnico della Conferenza Permanente. Con questa collaborazione istituita, libera, fruttuosa durante tutto il periodo di preparazione, e con il Piano ora presentato, si può sperare che nella pianificazione di questa regione vitale stia finalmente iniziando a prendere forma una nuova, necessaria unità.

CARATTERI DELLA CRESCITA ESTERNA DI LONDRA

Tra le due guerre, durante i vari tentativi abortiti di pianificare unitariamente la crescita di Londra, nonostante la pianificazione frammentaria caratteristica di un periodo ineguagliato nella produzione di piani, di indirizzo e approvati, una corsa sfrenata allo sviluppo edilizio stava procedendo al galoppo nelle Home Counties, praticamente incontrollata dai cosiddetti controlli urbanistici, che nei migliori casi erano solo superficiali, in assenza di poteri per preservare i terreni agricoli senza incorrere in enormi richieste di indennizzo.

Abitazioni e Industria

La relazione fra abitazioni e industria era quasi completamente ignorata. Le autorità locali attuavano enormi piani di residenza decentrata, e l’impresa privata creava grandi quartieri, mentre senza alcuna relazione gli insediamenti industriali, o «parchi» industriali da un lato, o fabbriche isolate dall’altro, in gran parte abbandonando le localizzazioni industriali tradizionali, guazzavano nel mare della residenza suburbana. La mancanza di punti di riferimento per la nuove vita comunitaria divenne tragicamente evidente. Le due tendenze opposte producevano solo confusione; l’industria, trovando residente già esistenti, le seguiva nella speranza di reclutare manodopera locale, mentre altrove le fabbriche arrivavano per prime e le case si sparpagliavano attorno. Ancora, apparve un’altra anomalia, ovvero il paradosso di case per lavoratori della City costruite vicino alle fabbriche, mentre le case dei lavoratori industriali erano ancora nel centro città. Le abitazioni suburbane erano di solito costruite per essere vendute; quelle da affittare, a parte gli interventi di cottages di iniziativa comunale, stavano nei vecchi centri urbani.

Abitazioni e Trasporti

Anche qui, un dilemma simile al precedente sollevava la testa; i trasporti moderni attirano la gente a vivere lontano dal posto di lavoro, dove l’abitazione costa di meno, e così si incoraggia l’espansione suburbana; ma troppo spesso l’espansione residenziale, arrivando per prima, crea una ulteriore domanda di trasporto; e in ciascun caso, la ruota compie sempre un completo, vizioso giro. Il London Passenger Transport Board, ora in veste di pioniere, ora in veste di secondo arrivato, gioca un vigoroso, anche se qualche volta ambiguo, ruolo. Crea nuovi sobborghi e si trova incapace di misurarsi col traffico: le estensioni della rete in altre direzioni mirano ad una ulteriore espansione della popolazione sul territorio. Su strade sovraffollate, oltre ogni possibilità di manutenzione, si chiede al «penzolare» [mi si perdoni il giochetto di parole sull’originale straphanger n.d.t.] di esercitare una pazienza senza limiti.

Miglioramenti stradali

Su un altro lato della questione trasporti, il miglioramento delle vie di grande comunicazione, si iniziò a lavorare energicamente durante l’ultima guerra, con il risultato di qualche migliore strada radiale, la realizzazione della North Circular Road e l’abbozzo di una South Circular Road, e i più ampi progetti da cento miglia della North Orbital Road (in parte costruita nell’Hertforfshire) e della South Orbital Road (al momento dotata di esistenza solo cartacea). Ma qualunque speranza di un programma di costruzioni stradali veramente integrato è stata, sinora, vanificata dall’assenza di sostegno governativo. L’idea che il denaro speso in strade saggiamente pianificate salvi vite umane ed eviti sperperi non è stata ancora pienamente assimilata, e successivi Ministri dei Trasporti stanno ancora mendicando per i finanziamenti. Anche quando una strada molto necessaria, come la North Circular Road o la Western Avenue, è costruita, nei lotti laterali si concede di ammucchiare fabbriche, edifici ad appartamenti, negozi e case, che scaricano veicoli e persone ad intervalli frequenti nella corrente principale di traffico, intralciando così la funzione principale dell’arteria. In generale, il caso tipico è quello di un viaggiatore da Londra, che attraversa miglio dopo miglio, dentro e oltre i sobborghi, strade di grande comunicazione che non sono ancora state allargate a sufficienza per consentire più di una corsia per ogni senso di marcia, o ancora peggio, lo spazio per tre corsie, con la lotta perpetua per sorpassare l’auto che precede, evitando la collisione frontale con qualcuno che sta tentando la stessa manovra nella direzione opposta. Il movimento veloce è così impossibile; ne risulta congestione, e gli incidenti abbondano. Nel bel mezzo di queste generali condizioni di caos, è già qualcosa che il County of London Plano 1943, con l’aiuto dell’indagine Bressey, recuperi l’idea di un sistema stradale, sul quale il Piano per la Grande Londra 1944 prosegue a costruire.

Usi agricoli del suolo

È stato, sinora, trascurato un aspetto dell’affrettata estensione di Londra. Se la terra era disponibile per le costruzioni, poca o nessuna attenzione era riservata alle sue qualità su base agricola; la differenza fra i migliori terreni coltivabili e quelli poveri era sovrastata dai valori edificatori, e anche i terreni a orti, con il loro spesso insostituibile valore nel fornire alimenti freschi per i Londinesi, non sono stati immuni da insistenti richieste di costruzioni, come fonte di maggiore profitto. E se le costruzioni non arrivavano direttamente a distruggere orti e frutteti, le necessità indirette dell’edilizia erano sin troppo spesso espresse con la rimozione di sabbie, ghiaie, gessi, che comportavano egualmente distruzione di valori agricoli. Per tutto questo, nessuna adeguata protezione è stata ottenuta attraverso i piani regolatori, vigenti o in corso di redazione.

La Cintura Verde

La grandiosa concezione di una Cintura Verde attorno a Londra, perseverantemente coltivata dalla London Society per molti anni e attivamente ripresa da Raymond Unwin nel suo Rapporto sugli Spazi Aperti, pubblicato nell’ambito del Greater London Regional Planning Committee, iniziò a prendere forma negli anni seguenti al 1931; si deve al London County Council l’iniziativa per un Green Belt Scheme nel 1935, e nel 1938 il Green Belt Act divenne legge. Se l’obiettivo del legislatore era principalmente rivolto all’uso ricreativo, si provvedeva comunque alla tutela continuativa, nello stato presente, di terreni utilizzati per l’agricoltura, riconoscendone il valore mantenendo aperti larghi tratti di territorio per il godimento visuale, e nello stesso tempo salvaguardando le aree agricole dalle costruzioni. Questo primo assaggio di pianificazione cooperativa della regione circostante Londra, fu intrapreso congiuntamente dai Consigli di Contea interessati. I due milioni di sterline votati come quota del London County Council, insieme alle parti sottoscritte dagli altri Consigli, stanno già pagando bellissimi dividendi in salute e felicità, oltre ad altri probabili ritorni in termini monetari.

Servizi Pubblici

Servizi come l’acqua potabile, le fognature, l’elettricità, il gas, la raccolta della spazzatura, la manutenzione delle strade ecc., sono in generale ben gestiti, come ci si aspetta in una importante area extra-metropolitana, ma ci sono parecchi sprechi in piccoli progetti di fognature, che potrebbero essere combinati. I servizi agiscono, in questa regione, non come fattori determinanti della pianificazione, ma piuttosto al seguito della crescita.

INDICAZIONI DI STRUTTURA

Esaminando le caratteristiche principali della crescita esterna di Londra, è discernibile una struttura, nell’apparente espansione amorfa? Si possono scoprire ancora vecchie comunità che, nonostante l’accrescimento, mantengono vivi i loro punti focali, come St. Albans, Watford, Kingston, Gravesend, Brentwood e altre. Si possono trovare vecchie comunità che rimangono ancora più o meno immutate, come Hertford, Denham, Dorking o Epping. Ci sono comunità interamente nuove, come Letchworth, Welwyn Garden City e Becontree. Ce ne sono altre completamente sommerse, come Wembley, e per finire ci sono ampie aree residenziali appena abbozzate, incoerenti, come quelle che si possono trovare a sud di Harrow, a nord di Hayes nel Middlesex, a sud del By-Pass di Kingston o attorno a Hornchurch.

Se si osserva in modo più generale, emergono alcune tendenze ad anelli concentrici, misurabili in termini di densità residenziale. La sovraffollata massa urbana centrale di Londra non è chiusa in sé stessa, ma in alcuni punti salta oltre i limiti amministrativi del County Council. Al di fuori di questa massa stanno i sobborghi pienamente sviluppati, alcuni all’interno dei confini di contea, molti di più al di fuori, con densità in generale tollerabili. Poi inizia una zona con spazi aperti sufficienti da aver consentito i tentativi per realizzare una Cintura Verde, una zona dove le comunità mantengono ancora qualche sembianza di distinta individualità. Infine, c’è la zona esterna, dove le comunità vecchie e nuove sono ancora collocate in uno sfondo agricolo.

Questa vaga indicazione di struttura richiede una decisione. Deve essere mantenuta, ravvivata e rafforzata nella forma presente? Devono ancora, le ossa della valle, accettare il richiamo ad alzarsi e vivere? Oppure, al contrario, lo scheletro deve subire modificazioni e alterazioni? Oppure, in definitiva, la forma attuale è senza speranza, e solo romperla è un atto adeguato? L’immagine di Londra è ben riassunta nel paragrafo 352 del Rapporto Barlow:

«L’ovvia attrazione che la Grande Londra possiede in quanto mercato, centro di potenziale manodopera, di distribuzione, area in cui l’energia elettrica è universalmente disponibile, inevitabilmente tende ad attirare molte industrie rivolte al consumo, che si collocano all’interno o nelle vicinanze. L’occupazione aggiunta dalle nuove fabbriche, aumenta ulteriormente l’importanza dell’area in quanto mercato. In questo modo si inducono tassi più alti di attività industriale e maggiore potere di acquisto. L’attrazione magnetica sull’industria è rafforzata e, riguardo alla popolazione industriale, le ampie opportunità di impiego si aggiungono al potere di attrazione che Londra esercita naturalmente attraverso i vantaggi posseduti in quanto Città Capitale. In questo modo il processo di crescita continua: popolazione e mercato agendo e reagendo uno con l’altro a costruire una sempre più grande aggregazione di persone e industrie. Niente ha più successo del successo».

Quello cha abbiamo di fronte, è il risultato combinato di due opposte tendenze. C’è stato un esodo dal centro di lavoratori londinesi, persone che si muovevano verso l’esterno in un processo di decentramento volontario di abitazioni, se non di lavoro, e nello stesso tempo l’attrazione di Londra ha generato immigrazione da varie parti del paese. La frangia-Regione ha costituito il luogo di incontro di questi due gruppi, che vi hanno per forza di cose formato insieme insediamenti disagiati. I dati stanno nelle Tabelle del Censimento dal 1921 in poi. Slough ne costituisce un eccellente esempio. Qui i vecchi abitanti sono raggiunti dagli immigrati, principalmente da Durham e Sud Galles

ASSUNTI

Questo Piano si basa su alcuni assunti. Non si possono fare proposte positive se non ci sono un programma definito di richieste, oppure in alternativa alcuni assunti da parte del pianificatore. Se per esempio dovessimo fare piani per una Base Navale o un Porto, sarebbe essenziale sapere se si intende proseguire la funzione di base o di porto, e se debba essere incrementata o attenuata. Ma nel caso presente non esiste una funzione dominante, ma tutta la complessità della Capitale e dei suoi dintorni. Nell’ambito della City e della Contea di Londra una proposta appare per certi versi più semplice; qui abbiamo di fronte certi precisi problemi per cui possono essere avanzate delle soluzioni (anche se non necessariamente condivise!): fissare densità di popolazione per provvedere condizioni soddisfacenti di salute e lavoro; alleviare la congestione da traffico; isolare e integrare le funzioni; ricostruire le strutture monumentali e commerciali nelle aree distrutte. Londra in quanto Capitale assume un certo grado di definizione, per quanto riguarda le sue zone centrali.

Ma nella circostante Regione, l’immagine deve essere completata in assenza di qualunque precisa cornice di limiti, a dare compiutezza alla composizione. Per continuare la metafora, al posto di un quadro incorniciato, è necessario tentare piuttosto un affresco che includa non solo le pareti e il soffitto, ma anche lo schema del pavimento, e il tutto sfumatamente teso al di fuori, nel panorama circostante. L’area di pianificazione regionale attorno alla capitale non può, a dire il vero, essere delimitata nemmeno da una linea come quella della London Passenger Transport Area. Necessariamente, un’area deve essere definita, in prima istanza, ad abbracciare la totalità di tre Contee, e parte di altre cinque. Middlesex, Hertfordshire e Surrey sono inclusi completamente; il Kent, fino a Gravesend e oltre Sevenoaks; l’Essex, fino ad oltre Ongar, Shenfield e Wickford; una piccola porzione di Bedfordshire attorno a Luton e Dunstable; una parte del Buckinghamshire, fino ad Amersham e High Wycombe; una parte di Berkshire, incluse Windsor e Ascot. Ma, mano a mano la proposta prende forma, siamo portati a considerarne gli effetti su città distanti fino a 50 miglia; a dire il vero dobbiamo considerare il decentramento di popolazione anche più lontano.
Quindi, se le proposte per questa vasta e varia area, questa entità nebulosa che chiude ad anello la Capitale, non hanno un valore definito, devono essere basate su assunti definiti.

Assunto 1

Il primo assunto, è la raccomandazione contenuta nel Rapporto Barlow, che nessuna nuova industria debba essere ammessa a Londra e nelle Home Counties, eccetto in casi speciali. Questo implica la considerazione del futuro industriale di Londra e dei suoi dintorni. Deve essere prevista una graduale riduzione dell’industria? Ogni anno scompaiono imprese industriali; se non se ne consentono delle nuove a prenderne il posto, c’è la prospettiva che Londra diventi un’area di tensione occupazionale, oppure molte delle industrie esistenti hanno la possibilità di espandersi e continuare a farlo?

Assunto 2

Inseparabile dalla questione del futuro industriale di Londra, esiste quella del decentramento di industrie e popolazione dal centro congestionato, già raccomandato nel County of London Plan, e questa raccomandazione costituisce il secondo assunto. Gli autori del piano di Contea, pure preferendo una densità di 100 persone per acro, hanno raccomandato una densità di 136, ritenendo che «le quantità reali da decentrare difficilmente sarebbero eguagliate dall’ammontare di industrie di cui ci si può aspettare l’emigrazione». Se si assume un alto grado di decisionalità nella localizzazione industriale, si può perseguire la quota di densità più bassa, con il decentramento di 817.750 persone, ma per gli obiettivi di questo Rapporto è stata assunta una densità di 136, che implica il decentramento di 618.000 persone. A questo va aggiunta la cifra nel presente Rapporto di 415.000 persone travasate dalle aree sovraffollate esterne al London County Council, il che dà un totale generale di 1.033.000 persona decentrate, ovvero spostate dalla massa centrale. Un costante esodo di popolazione, stava già avendo luogo prima della guerra, ma se questo movimento fosse semplicemente accelerato, senza un corrispondente spostamento di posti di lavoro, ne risulterebbe un peggioramento nella congestione dei trasporti e maggiori perdite di tempo, denaro, energie.
Il mutamento principale risultante da questi due assunti, sarà un riassetto di popolazione e industria all’interno della Regione. Le quantità nel centro diminuiranno, quelle nelle aree esterne cresceranno, anche se non più a tassi spettacolari, né in modo sporadico.

Assunto 3

Il terzo assunto, già implicito negli altri due, è che come risultato delle raccomandazioni Barlow, e in assonanza alle tendenze nazionali, la popolazione totale dell’area non si incrementerà, ma al contrario sarà in qualche modo ridotta. In altre parole, e in consonanza con il desiderio di un più logico raggruppamento di industrie secondo linee nazionali, la redistribuzione di popolazione e industria procederà fino e anche oltre i limiti fisici dell’area in discussione.

Assunto 4

È necessario un assunto riguardo al futuro di Londra come Porto. Se il Porto di Londra cessasse i suoi traffici, Londra decadrebbe. Si assume di conseguenza che, per gli obiettivi di questo Rapporto, il Porto di Londra continuerà ad essere uno dei maggiori del mondo.

Assunto 5

Si assume che saranno messi a disposizione nuovi poteri di pianificazione, inclusi quelli per il controllo dei valori fondiari.

NATURA DEL PIANO

Il Piano per la Regione di Londra, basato su questi assunti e predisposto in stretto accordo con il piano per la Contea, deve necessariamente consistere di idee generali anziché di proposte dettagliate. Se comparato con il piano di Contea e quello per la City è di natura estensiva anziché intensiva, e in generale le sue caratteristiche saranno ricettive e di sviluppo, anziché di decentramento e ripianificazione. Ancora, questi due piani per l’area centrale sono largamente basati sulle richieste di due individuate autorità, naturalmente con i dovuti riferimenti ai vicini e ai corpi amministrativi di cui si compongono – per esempio i Metropolitan Boroughs. Il Piano Regionale è costruito sulla base di un numero di Contee, County Boroughs e County Districts, molti dei quali con statuto di municipalità, e della dimensione e importanza di distinti centri urbani. Il Piano Regionale non è la somma dei voleri e delle proposte di queste singole autorità, per quanto concepite secondo linee di pianificazione.

Abbiamo, è vero, ricevuto e rivolto la più viva attenzione alle «valutazioni del futuro», che molte di queste autorità ci hanno fornito: esse sono state di eccezionale importanza per illuminare i nostri primi passi nell’esplorazione dell’area. È sempre molto più soddisfacente, per il planner, avere a disposizione proposte positive elaborate localmente, che essere lasciato completamente libero di farsi un’idea. Ci sono elementi imponderabili di rilievo che anche un’analisi scientifica perfettamente preparata può non registrare. Ciò è particolarmente vero quando si tratta di ampi tratti di campagna, e alle considerazioni di tipo agricolo si aggiungono quelle di carattere paesistico e anche quelle sentimentali: per questi motivi, può essere meglio abbandonare anche possibilità di «apertura allo sviluppo» per mantenere determinate caratteristiche di valore per tutta la Grande Londra.

Per la stessa ragione ci possono essere perplessità nelle comunità più recenti e in crescita, per le quali l’idea di decentramento ha fatto intravedere prospettive di industrializzazione e incremento di popolazione – la lodevole e naturale ambizione di una energica autorità locale che si sente capace di misurarsi con un’enorme crescita e dirigerla attraverso canali locali dentro il pieno flusso della prosperità nazionale. Abbiamo anche osservato in certi ambienti la tendenza a immaginare che nel momento in cui la guerra finisse Londra riprenderebbe il processo di assorbire sproporzionate quote di sviluppo nazionale (che può rappresentare un incremento in un’area, controbilanciato da un corrispondente decremento altrove, anche se non necessariamente un letterale trasferimento). Per queste persone, Barlow potrebbe non aver mai presentato il suo rapporto, né il tasso di natalità aver mai gettato l’ombra della diminuzione. Ad un certo punto delle nostre ricerche, sarebbe stato possibile aggiungere le fiduciose previsioni di intraprendenti autorità, per una popolazione metropolitana fortemente incrementata.

Quindi ci sarà, inevitabilmente, qualche perplessità: ci potrà anche essere, all’inizio, qualche sorpresa di fronte alla raccomandazione di abbandonare i grandi piani di costruzioni residenziali non coordinate, che avanzavano di gran carriera in ogni direzione attorno a Londra. Il familiare argomento secondo cui siccome c’è una tale carenza di sistemazioni residenziali a scala nazionale, qualunque casa, di qualunque dimensione, ovunque costruita (e a volte comunque costruita) è un contributo da accettare con gratitudine e senza troppe domande, non deve più valere. Né i conseguenti brontolii delle Società Civiche e di Conservazione per il modo con cui le case sono state realizzate – sparpagliamento, incoerenza, basso livello di progettazione, totale assenza di unitarietà – devono essere presi come commenti privi di relazione l’uno con l’altro. Questo Piano propone una concezione totalmente diversa del programma di gigantesca ricostruzione centrale e decentramento della nuova edilizia che Londra nel suo insieme si troverà ad affrontare; uno sforzo che richiederà la cooperazione di tutte le organizzazioni legate all’edilizia, tecniche e finanziarie, per realizzarsi.

Ci sono anche errori da correggere: in alcuni casi la localizzazione industriale senza dovuta considerazione di tutti i fattori; in altri, raggruppamenti sciolti e instabili di attività correlate, ma non coordinate; ancora, proposte per urbanizzazioni (su basi abbastanza appropriate) senza considerazioni riguardo al valore agricolo; e più frequenti di tutte, vaste aree di residenza che non possiedono né unitarietà, né confini definiti. Siamo stati parsimoniosi nelle nostre proposte di demolizione totale e immediata, e in alcuni casi abbiamo usato il suggerimento di Uthwatt di concedere un periodo di «vita». Siamo stati, naturalmente, attratti dai progetti non ufficiali che proponevano demolizioni all’ingrosso di intere comunità, vecchie o nuove, che interferivano con la simmetria dei propri schemi: ammiriamo certo l’audacia di un’organizzazione che propone come primo passo per la ricostruzione nazionale l’abbattimento di 400.000 case di recente costruzione. La nostra impostazione è più modesta: abbiamo smorzato, contenuto, quanto appariva decisamente sbagliato ad un esame approfondito, anche quando è stato profuso denaro in servizi preliminari – e si vedrà che questi contenimenti interessano opere di autorità locali, enti pubblici e imprese private. Ma dovunque possibile abbiamo mostrato come sia fattibile il recupero e l’integrazione di quanto consideriamo sbagliato.

Questi e altri più costruttivi studi di dettaglio sono stati realizzati esclusivamente come esempi, al fine di illustrare le nostre proposte generali. Non c’è stato né il tempo né il personale necessario a produrre raccomandazione dettagliate a scala dell’intera Regione: né sarebbe stato corretto o utile usurpare gli sforzi dell’iniziativa locale. Si può dire che quasi ogni città o comunità nella Regione abbia bisogno in qualche misura di ripianificazione delle zone centrali: se si tratta di un borgo congestionato c’è bisogno di una completa revisione dello stato di fatto residenziale e industriale; se ha sofferto di distruzioni, non c’è bisogno solo di una politica di decentramento, ma di immediati piani di ricostruzione con nuovi standards; se si tratta di un borgo «esterno» che è destinato ad accogliere popolazione e industria aggiuntiva decentrata, ci sarà bisogno di un approfondito esame del suo centro di affari, commerciale e civico; molte di queste città esterne sono cresciute negli ultimi 25 anni attraverso grandi aggiunte suburbane, restando nel cuore antiquati centri di campagna, con il centro commerciale esteso con sviluppi a nastro lungo le arterie di traffico principali, o con un’intensiva ricostruzione sul sito originario senza alcun riguardo per il traffico aggiuntivo che si generava: anche le località che non si sono grandemente accresciute e che potrebbero voler preservare la propria integrità cittadina, hanno avuto le proprie strade principali trasformate in vie di traffico che nei fine settimana può raggiungere picchi di frenesia tali da massacrare, storpiare gli abitanti, e scuotere a pezzi gli antichi edifici; l’attenuazione di tutto questo nella zona esterna, deve essere accompagnata da una ripianificazione delle aree centrali che riconosca come un distretto commerciale non debba essere un’arteria di traffico.

D’altra parte, se si assume uno sguardo ampio e selettivo, non è naturalmente sufficiente indicare X acri di terreno, all’interno di una certa cerchia di Londra che, ad una densità di Y persone potrà alloggiare e dare lavoro all’intera popolazione della Grande Londra ad una densità sbalorditivamemente bassa. Ci sono vaste aree che nell’interesse di Londra nel suo insieme devono essere mantenute come riserve di spazi aperti, e i trasporti e altri servizi non sono ovunque ugualmente presenti. I siti disponibili per città completamente nuove sono sorprendentemente limitati. Se si deve tentare l’esperimento di un reale e radicale decentramento creando un certo numero di città nuove e ingrandendo alcuni centri esistenti, deve essere posta ogni attenzione al fatto che siti e centri contengano in sé i semi del successo. Il bisogno di stimoli artificiali è un segno di debolezza, trascorsa la fase di infanzia civica. Le condizioni capaci di assicurare il successo nella creazione o ingrandimento di città sono state accuratamente studiate da tutte le angolazioni: la dimensione delle comunità; la loro interrelazione e separazione l’una dall’altra; la loro connessione con fonti di approvvigionamento di materie prime e coi mercati; la loro capacità di attrarre persone a viverci e industriali e imprenditori a lavorarci; la loro capacità ad accogliere alcuni affari e lavori; il loro equilibrio fra varie occupazioni, e il lavoro maschile e femminile; i loro mezzi di trasporto, per via aerea non meno che per altre vie; l’adattabilità topografica dei siti, ecc. La complessità è immensa, ma è affare dell’urbanistica valutare l’importanza dei molti fattori in gioco, per giungere a un equilibrato giudizio.

Da: Greater London Plan 1944, by Patrick Abercrombie, His Majesty’s Stationery Office, London 1945, pp. 1-20. Estratti e traduzione a cura di  Fabrizio Bottini – Fine della Parte 1 Segue Parte 2  

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