«Alloggiare i Pellegrini» (1950)

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Quartiere INA-Casa, 1955

Il Vangelo di San Matteo, al capitolo venticinquesimo, raccoglie il racconto fatto da Gesù dei modo in cui sarà pronunziato il giudizio universale. Quel racconto ha valore anche per noi, che ci accingiamo a ragionare sul dovere di alloggiare i pellegrini. Quindi val la pena di rievocarlo almeno per la parte che ci riguarda. Il giudice divino dirà ai giusti: «Venite, o benedetti dal Padre mio, possedete il regno che v’è stato preparato fin dalla fondazione del mondo … perché fui pellegrino e m’avete accolto». I giusti obbietteranno: «Signore, quando t’abbiam veduto pellegrino e t’abbiamo accolto?». E il giudice concluderà: «In verità vi dico, che tutte le volte che avete fatto qualche cosa ad uno di questi minimi tra i miei fratelli, l’avete fatta a me». Ai cattivi, poi, rimprovererà: «Fui pellegrino e non mi avete accolto». Infine questi saranno dannati alla perdizione, quelli saranno accolti nel gaudio eterno; dandosi così prova del solenne valore del «beati i misericordiosi» lanciato dalla Montagna, o dell’invito «praticate l’ospitalità» fatto da San Paolo ai Romani e, per loro tramite, ai cristiani di tutti i secoli.

La Chiesa insegna da due millenni che tra le opere di misericordia corporale v’è quella di alloggiare i pellegrini. I cristiani han tentato di mettere in pratica quell’insegnamento, praticando l’ospitalità, aprendo per i pellegrini vere e proprie case di rifugio, in ogni secolo, ma specie in quelli del lontano Medioevo, allorché il viaggiare presentava rischi maggiori di adesso. Di tale meraviglioso fiorire di xenòdochi, o alberghi per forestieri, e di ospizi, o ricoveri per i viandanti, resta testimonianza eloquente e ben nota quel monastero del San Bernardo, che sulle Alpi s’apre ancora, a rifugio tepido degli sperduti nella tormenta. In forma continuamente rinnovantesi, l’insegnamento evangelico viene praticato dalla Chiesa per gli smarriti di tutte le tormente umane. E la più recente testimonianza di ciò s’ebbe nella mirabile gara con cui case di singoli cristiani, canoniche, conventi, seminari, palazzi vescovili e pontifici, durante la grande bufera del 1939-1945, in ogni parte del mondo, s’aprirono ad alloggiare e riparare e salvare i nuovi pellegrini dell’epoca contemporanea: perseguitati razziali, perseguitati politici, perseguitati religiosi, vittime dell’intolleranza, dell’odio, della guerra. Ed in questa circostanza l’invito di alloggiare i pellegrini fu praticato con la sublime dedizione di chi vuole fare del bene anche ai propri nemici, anche a coloro che odiano l’ospitante.

Passata la bufera, e in attesa trepida ed orante di altre deprecabili bufere, nell’intervallo, sono sopravvenute altre occasioni ed altri inviti a praticare l’ospitalità: milioni e milioni di senza tetto, perché la guerra lo aveva loro distrutto; e poi altri milioni e milioni di senza tetto, perché le opere di guerra hanno impedito la costruzione di case nuove. E le leggi e le consuetudini hanno costretto alla coabitazione, penosa ed a volte tragica coda dei danni di guerra. Essa poteva essere occasione magnifica per praticare virtuosamente l’ospitalità cristiana; ed invece, troppo spesso, è stata occasione di liti, di impazienze, di ribellioni, di soprusi a tutto danno della carità fraterna e della pace domestica e civile. I lamenti, le pene, i disordini, il raziocinio hanno imposto ai responsabili di provvedere. E la provvidenza è stata tanto più imponente quanto minore è stata la possibilità per i privati di organizzare qualche cosa di veramente efficace. Anche in questa circostanza, non son mancate le novità in senso cristiano. La generosa Milano ha risposto all’appello del suo Arcivescovo, provvedendo, nella Domus Ambrosiana, a rinnovare praticamente gli antichi alloggi dei pellegrini. A Roma, sulla strada di ostia, è sorto il Villaggio San Francesco. In altre località, a qualche cosa del genere si è pensato. Sul terreno internazionale, l’Unrra-Casas ha provveduto a ridurre la penuria di alloggi.

Ma tutti questi sforzi non sono bastati. Donde lo stimolo a più grande sforzo, da noi e altrove. L’Inghilterra cita a vanto lo sforzo grandioso per dar casa ai senza tetto. Migliaia e centinaia di migliaia di abitazioni nuove, in alluminio, in acciaio, in legno, in pietra, in mattoni, costeggiano le strade d’Inghilterra, dal Canale a Londra, e da Londra alla Scozia. E nuovi quartieri modello, vere e proprie cittadine, son sorti a Londra, a Bristol, a Manchester. Su terreni spesso regalati dai proprietari, con fondi provenienti dalle pubbliche entrate, sono state costruite case per centinaia di milioni di sterline. E gli altri paesi d’Europa han cercato di fare altrettanto, seppure in proporzioni minori. Anche l’Italia sta compiendo uno sforzo cospicuo, sia tramite la costruzione diretta delle cosiddette «case per i senza tetto», sia tramite contributi e prestiti previsti da note leggi, sia tramite il Piano settennale per la costruzione di case per lavoratori. Già migliaia di famiglie hanno avuto un tetto: i «nuovi pellegrini» sono dunque alloggiati. Altri «pellegrini» lo saranno tra breve; sicché, entro tre o quattro anni, almeno due milioni di senza tetto, raggruppati in circa cinquecentomila famiglie, per effetto delle varie provvidenze, avranno una casa. Sarà così realizzato, in una forma tecnica confacente con la nostra società, l’invito paolino del praticare l’ospitalità.

L’idea ispiratrice, ad esempio, ed il modo con il quale da tutti sono versati i fondi per realizzare il Piano settennale, consente di dire che esso fa accogliere dalla comunità italiana nel suo complesso l’invito cristiano di alloggiare i pellegrini. Non si vuole, con ciò, affermare che gli ideatori e i contribuenti del Piano, nel giorno del giudizio, si vedranno imputato a merito il contributo finanziario od ideale recato alla concessione di ospitalità a tanti senza tetto; si dice tuttavia che tale merito si vedranno riconosciuto tutti coloro che contribuendo alla stesura, alla esecuzione, alla riuscita del Piano, avranno avuto coscienza, intenzione e volontà di adempiere all’opera di misericordia di alloggiare i pellegrini. Son quindi avvisati del merito soprannaturale ed aggiuntivo che possono procurarsi ideatori, amministratori, architetti, ingegneri, operai, contribuenti che collaborano alla riuscita di questo Piano per la costruzione di case per lavoratori italiani.

Più di un milione di «pellegrini» saranno da esso ospitati; ma parecchi milioni di cittadini potranno di esso aver merito anche dinanzi a Dio, sol che rettifichino la loro intenzione, e partecipando ad esso abbiano la consapevolezza di avere di fronte il milione e più di senza tetto, che attendono finalmente il consolante rifugio di una casa. Lo Stato moderno presta la sua opera a colmare le insufficienze dei privati, a coordinare i deboli sforzi dei singoli cittadini; e così sembra levare ai singoli la possibilità ed il merito delle buone opere. In realtà con la sua opera integratrice, la società civile, spesso rende fertili le buone intenzioni e moltiplica l’efficacia dei singoli; lasciando ad essi la possibilità di guadagnarsi il merito soprannaturale, conservando vigile la coscienza di adempiere ad un dovere, ispirando la società a soddisfare le necessità dei bisognosi, e fornendo, con generoso animo cristiano, alla società i mezzi di cui ha bisogno, per realizzare la giustizia, e ridurre le tentazioni della miseria.

Sotto questa luce, consideriamo l’antico invito ad alloggiare i pellegrini, e pur rinnovando il fermo proposito di non negare benigni il nostro tetto e la nostra casa a quanti, occasionalmente, hanno bisogno di rifugiarsi e sostare in essa, dedichiamo le forze di cui disponiamo a guidare e sostenere la società civile, di cui facciamo parte, nello sforzo che compie per aiutare ogni senza tetto ad avere una casa. E indirettamente, per il lavoro procurato, compiremo anche altre opere di misericordia corporale, vestendo gl’ignudi, sfamando gli affamati, estinguendo la sete degli assetati. L’ordine del mondo crescerà, la giustizia si farà più manifesta, la pace interna ed internazionale correrà meno rischi; e i non pellegrini, coloro che hanno già un tetto, potranno goderselo più sicuramente e soprattutto senza la sofferenza di chi sa troppi fratelli privi di una gioia così indispensabile.

Testo di una conversazione radiofonica trasmessa da Radio Italiana nella serie «Ama il Prossimo Tuo» in occasione della preparazione spirituale al Giubileo 1951; l’Autore da Ministro del Lavoro aveva da pochissimi anni fatto approvare il suo famoso Piano per l’Occupazione Operaia, noto anche come Fanfani Case

Immagine di copertina: Quartiere INA-Casa Harar, Milano (Figini, Pollini, Ponti, 1951) dallo stadio di San Siro

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