La questione delle abitazioni ha radici urbanistiche lontane

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È un insulto ai newyorchesi che subiscono l’impennarsi incontrollato degli affitti e dei prezzi delle case, il fatto che entrambe le Camere dello Stato di New York a maggioranza Democratica abbiano respinto l’ambiziosa proposta della Governatrice Kathy Hochulla scorsa settimana che avrebbe iniziato ad affrontare la crisi del settore. I legislatori sembrano subire il panico dei propri elettori suburbani e di piccoli ma tenaci gruppi NIMBY che si oppongono a nuove costruzioni a New York City. E che negli ultimi tempi si sono rivelati davvero ostinati. Alcune delle reazioni ai progetti di nuove case nella zona suburbana entusiasmerebbero col loro linguaggio qualche segregazionsta del Sud nell’era delle battaglie sui diritti. «Lo consideriamo un attacco diretto alle comunità suburbane» tuona il Senatore statale Jack Martins, Repubblicano della Nassau County a Long Island, in una assemblea dedicata al nuovo progetto tenuta a inizio marzo. Poco dopo un’altra Senatrice statale, Pamela Helming, ancora Repubblicana eletta nel suburbio di Rochester, spiega che l’opposizione al piano per le case della Governatrice è «tutela della nostra identità».

Donald X. Clavin Jr., consigliere Repubblicano alla Nassau County, ha firmato insieme ad altri una lettera a sostegno dell’opposizione, in cui si afferma quanto «sia essenziale che il governo locale imponga la propria autorità nel più alto interesse dei suoi elettori». La proposta della governatrice Hochul, Democratica centrista, vorrebbe molto semplicemente aggiornare la politica statale per la casa al ventunesimo secolo, costruire abitazioni di cui si avverte una enorme necessità nel suburbio, eliminando norme urbanistiche antiche segreganti. Secondo il progetto, New York City e le periferie devono incrementare l’offerta di abitazioni del 3% ogni tre anni, mentre per le altre circoscrizioni statali si calcola invece una crescita dello 1%. Concentrando più crescita lungo i corridoi del trasporto ferroviario pendolare. In caso di inadempienza delle amministrazioni locali nelle varianti urbanistiche di incremento dell’offerta di case potrà subentrare d’autorità lo Stato.

Lo spropositato allarmismo contro le nuove costruzioni pare imbarazzante. E del tutto inutile. Altri Stati, come Connecticut, Maine, Massachusetts e Oregon, hanno già adottato misure analoghe a quelle proposte dalla governatrice. In alcuni casi, come la California, si è sostanzialmente eliminata la possibilità di prevedere zone omogenee ad abitazioni unifamiliari. Con l’obiettivo non certo di attaccare il modello suburbano ma favorire lo sviluppo insieme al resto del territorio. La crisi della casa nello Stato di New York impedisce a famiglie di ceto medio e giovani di comprarsi un’abitazione, lascia altre migliaia in balia di affitti alle stelle, costringe decine di migliaia di persone che hanno un lavoro e un reddito a vivere nei dormitori pubblici. Su 3.430.000 persone che vivono in affitto nello Stato, oltre la metà, circa 1.700.000, spende più del 30% del proprio reddito per la casa. Eppure invece di sostenere il progetto casa della governatrice Hochul, il Senato statale settimana scorsa ha cercato di affossarlo.

Perché tanta distanza delle istituzioni rappresentative dai problemi reali? Le alternative proposte da entrambe le Camere manterrebbero gli obiettivi della governatrice, ma eliminando il potere di autorità dello Stato. E niente organizzazione dei nuovi interventi lungo i corridoi ferroviari. Tagli ai progetti per New York City, tra cui la conversione in case di seminterrati con requisiti igienici e abitativi verificabili. Bloccato dal Senato anche il programma di conversione degli spazi inutilizzati a uffici di new York in case. Si mettono a disposizione 500 milioni di dollari per le amministrazioni locali che rispettano gli obiettivi di nuove case, ma senza nessuna sanzione per chi decide invece di non costruirne affatto. «Crediamo di poterci arrivare solo con gli incentivi» spiega Andrea Stewart-Cousins, portavoce di maggioranza al Senato di Albany.

Mentre invece insegnano le esperienze in altri Stati, come Connecticut e Massachusetts, che i soli incentivi non si traducono necessariamente in nuove case. Una delle regioni spiega il centro studi sulla casa Furman Center, è che le circoscrizioni più ricche in genere preferiscono mantenere le norme urbanistiche esclusive anziché approfittare di finanziamenti statali di cui non hanno bisogno. I molti casi ci sono lunghissime storie di piani regolatori con norme che deliberatamente impediscono la realizzazione di nuove case di cui esiste la necessità. In una condizione di crisi come quella attuale non è possibile lasciare semplicemente che decidano da soli a proprio piacimento, mentre tra l’altro si avvantaggiano dei cospicui investimenti statali nelle ferrovie suburbane. Ad un certo punto i legislatori hanno in effetti dato qualche segnale di consapevolezza e buon senso, nel tutelare una parte degli inquilini in affitto. Una delle proposte, suggerita dai gruppi e associazioni, vorrebbe contenere gli aumenti dei canoni sul libero mercato al rinnovo entro una volta e mezza di quanto fissato dallo standard Consumer Price Index o 3%, qualunque sia la cifra di partenza, salvo nel caso di edifici con pochi appartamenti e non specificamente destinati all’affitto. Ma coi livelli attuali di inflazione si consentono di fatto incrementi del 10%). I proprietari possono chiedere anche di più nel caso dimostrino di aver sostenuto dei costi, anche se non si può sfrattare l’inquilino salvo che non violi i termini del contratto ai sensi della «Good cause eviction».

Contrarissimo il settore immobiliare. Ma in New Jersey si sono introdotte anni fa norme di tutela degli inquilini simili e la produzione edilizia residenziale continua a superare quella di New York. Tutele urgentemente necessarie a New York, dove dilagano aumenti e crescono gli sfratti. Affrontare la crisi abitativa significa sia realizzare nuove case sia far restare dentro chi le abita. La sola tutela degli inquilini non risolve le radici del problema, ovvero sempre l’inadeguatezza dell’offerta. Per questa ragione le Camere dovrebbero collaborare con la Governatrice per l’abolizione delle norme urbanistiche che favoriscono le zone a case singole rendendo impossibile costruire nuovi alloggi nel suburbio.

Sinora tutte le proposte presentate dalla legislatura non sembrano per nulla utili. Sembrano lontane mille miglia dalle vere esigenze dell’elettorato. In un sondaggio a scala statale finanziato da Open New York e altre associazioni per la casa il mese scorso e condotto da Slingshot Strategies, rilevava un diffuso consenso alla costruzione di nuove case. Oltre i due terzi degli intervistati, il 72%, è favorevole alle realizzazioni vicino alle stazioni ferroviarie. Tra gli abitanti delle circoscrizioni di Westchester e Putnam a nord di New York City, il 56% si dichiara favorevole all’abolizione delle norme di piano regolatore che impediscono tipologie diverse dalla casa unifamiliare. Anche se si tratta di un piccolo sondaggio ne emerge l’intensità della crisi abitativa nello stato, con gli abitanti suburbani di ceto medio e anche medio alto consapevoli di quanto i loro figli non riescano a trovar casa e farsi una propria famiglia dove sono nati e cresciuti. New York non ha mai davvero fatto i conti con la propria storia di politiche abitative fatte anche di discriminazione razziale, che ne hanno fatto una delle regioni più segregate degli Stati Uniti. E anche gli amministratori consapevoli di quell’eredità sembrano impreparati a modificarla.

«Non potrei essere più d’accordo sul fatto che sono state le norme urbanistiche e le convenzioni segreganti: grossi errori» spiega la sindaca Mary Marvin di Bronxville, nella contea di Westchester, in una recente intervista. «Ma credo comunque che la proposta attuale sia un errore ancora più grosso: non si può costruire di più». A parere di Marvin si potrebbero certo realizzare certi tipi di «case per lavoratori» ad esempio per consentire a insegnanti e poliziotti di risiedere vicino a dove operano. Ma che gli piaccia o meno, tutti gli amministratori dello stato di New York favorevoli al mantenimento delle attuali norme urbanistiche esclusive stanno dalla parte sbagliata della storia, difendono leggi e convenzioni scritte apposta per tenere neri, ispanici, ebrei, asiatici, fuori dalle occasioni abitative e di lavoro del suburbio. La governatrice Hochul e gli altri politici che vogliono davvero intervenire nella crisi della casa hanno la grande responsabilità di provare a smantellare questo sistema: milioni di newyorchesi contano su di loro.

da: The New York Times 22 marzo 2023, Titolo originele: NIMBYs Threaten a Plan to Build More Suburban Housing – Traduzione di Fabrizio Bottini

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