Sprawl: nel cuore verde della megalopoli padana (1)

Preludio

For my purpose I found the best source of information was the built environment. A great deal of my research has consisted of going out and looking around (Robert Bruegmann, Sprawl: a compact history, 2005)

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Foto F. Bottini

A Voghera passa il 45° parallelo. Niente di eccezionale, visto che passa anche da un sacco di altri posti, ma qui si è deciso di segnalare – con un grande arco colorato – a chi viaggia sull’A21 Torino-Piacenza che si sta tagliando il punto intermedio fra il Polo Nord e l’Equatore. Oltre un guard-rail e una esigua striscia d’erba passa anche, complanare all’autostrada, il tratto della Padana Inferiore che fa da tangenziale a Voghera. Chi percorre quelle corsie nota una cosa curiosa: quasi esattamente all’altezza dell’arco colorato (quasi esattamente a cavallo del 45° parallelo) il comune di Voghera ha piazzato a qualche decina di metri il proprio “Centro Multiraccolta”, ovvero qualche tettoia, e molti mucchi di spazzatura dalla raccolta differenziata. Attorno, su tutti i lati e per centinaia e centinaia di metri, solo spazi verdi. La modesta domanda che sorge a questo punto è: ma non avevano proprio un altro posto, per la pur lodevole multigestione della monnezza?

Una domanda davvero modesta, e che chiunque informato sui particolari del caso probabilmente potrebbe liquidare con una validissima risposta in poche battute. Il fatto è, però, che questo posizionamento casual di spazzatura a cavallo del 45° parallelo assume un valore simbolico per tutto quanto di simile è avvenuto, e avviene, su quella che duemila anni fa qui si chiamava strada Postumia, e ora come strada regionale 10 Padana Inferiore tenta di svolgere un ruolo che potremmo chiamare di parkway della megalopoli. Della megalopoli padana, naturalmente.

Strada parco che attraversa quanto tutti gli studiosi assimilano alla famiglia dei sistemi megalopolitani europei: “regioni definite dai flussi di uomini, di merci, di capitali e di informazioni che si sviluppano al loro interno, che interagiscono con … altri spazi forti”1. Più in particolare, siamo in quello che Eugenio Turri chiamava il “cuore verde della megalopoli”, ovvero la fascia-reticolo agricolo e naturale del sistema, quindi il suo parco2. Ed è a partire dalla casuale constatazione di quei mucchi di spazzatura buttati sbadatamente a cavallo del 45° parallelo, al chilometro 145 della Padana Inferiore, che parte una breve ricognizione sullo stato di quel parco, ovvero su quanto altro le attività umane degli ultimi anni hanno ammucchiato disordinatamente sui lati della strada. Si tratta, di una verifica – soprattutto diretta, ma comparativamente anche su alcuni strumenti della pianificazione territoriale – delle forme assunte dalla cosiddetta “edificazione a nastro” lungo uno specifico asse viario, esaminato nonostante il suo sviluppo di quasi 400 chilometri alla stregua di una strada “urbana”. Gli affacci, i distacchi, i pieni, i vuoti, le vedute e in generale i rapporti con l’ambiente circostante possono essere valutati in modo unitario, soprattutto nelle relazioni e contraddizioni fra questo discontinuo (per ora) nastro di asfalto e cemento, e il “cuore verde” che lo ospita.

La strada

When the roads seem free, the choice is scarcely so (Jane Holtz Kay, Asphalt Nation, 1997)

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Foto F. Bottini

L’asse della Padana Inferiore3 è uno dei grandi sistemi continui che attraversano longitudinalmente la megalopoli. A differenza di altri sistemi (come ad esempio nella fascia pedemontana la Padana Superiore, l’Autostrada Torino-Venezia, e la parallela linea ferroviaria; o in quella pedeappenninica l’asse Emilia) raramente viene presa in considerazione in modo unitario, e anche nei documenti ufficiali della programmazione territoriale è considerata per tratte brevi e con ruoli variamente di connessione “locale” (provinciale-regionale). Comincia in località Sassi, sulla riva orientale del Po ai piedi della collina di Torino, e dopo averla superata attraverso un tunnel percorre buona parte della pianura padana toccando tra l’altro centri e territori di notevole importanza, come Asti e il Monferrato, Alessandria, Tortona (dove inizia a seguire il tracciato dell’antica Postumia romana), il pedecollina dell’Oltrepo pavese da Voghera, a Broni e Stradella, sino a Piacenza dove incrocia la via Emilia (e in molti tratti precedenti il toponimo della Padana Inferiore è: “Via Emilia Pavese”). Dopo aver attraversato il territorio piacentino orientale quasi a ridosso del corso del Po, la strada scavalca il fiume a Cremona, di cui taglia la pianura agricola sino a Piadena, e ai confini del mantovano sull’Oglio. Poco dopo il Mincio e la fascia orientale di Mantova, la Padana Inferiore entra nella bassa veronese a Nogara (incrocio con la strada 12 Abetone-Brennero) e taglia attraverso i centri quasi contigui di Sanguinetto, Cerea, sino a Legnago, dove scavalca l’Adige, e poi ai confini della bassa padovana. Qui, dopo aver rasentato le famose mura di Montagnana, arriva ai piedi dei Colli Euganei, a Este, e Monselice, dove il tracciato si conclude in una rotatoria sulla circonvallazione, dopo 375 chilometri di percorso dalla riva del Po, a Torino.

In tutto questo viaggio, che a velocità di crociera in auto a ben vedere è esperienza di una giornata, la Padana Inferiore presenta vari aspetti di rapporto col paesaggio e gli insediamenti, storici e recenti. La tendenza che però salta immediatamente agli occhi è la vistosa crescita dell’insediamento a nastro, di carattere prevalentemente produttivo-commerciale, che sempre più segna lunghi tratti del percorso, a volte interrotti semplicemente da un confine comunale, per poi riprendere nella circoscrizione successiva. Certo, soprattutto nelle zone più caratterizzate dal punto di vista paesistico e/o agricolo questa tendenza è molto meno visibile di quanto non accada ad esempio nelle fasce esterne dei centri principali. Ma da un lato queste grandi propaggini tendono a prolungarsi, dall’altro anche altri insediamenti puntiformi del medesimo tipo crescono e si moltiplicano: a volte in corrispondenza di centri abitati collocati ad una certa distanza dal tracciato (che viene ad assumere anche un ruolo improprio di strada di distribuzione locale “interna”, oltre che di comunicazione regionale); altre volte in modo relativamente autonomo dal punto di vista spaziale, ma col medesimo rapporto rispetto all’asse viario.

Certo sarebbe forzato affermare che sia in avanzato corso un processo di saldatura dell’insediamento a nastro secondo una fascia continua nel “cuore verde” della megalopoli padana, tale da snaturarne il ruolo di polmone naturale e spina centrale del territorio agricolo e delle varie aste fluviali o reti ecologiche. Ma qualche segnale di questa tendenza appare visibile, pur se diluito sui quasi 400 km e spesso percepito episodicamente come fatto locale, quando locale non è. Può quindi essere interessante iniziare ad esaminare cosa effettivamente c’è, sui lati del tracciato, e provare a leggerlo in questa prospettiva. Quello che segue, è il breve resoconto di questo percorso.

Il viaggio

You don’t know what you’ve got. ‘Til it’s gone. They paved paradise. And put up a parking lot. With a pink hotel, a boutique, and a swinging hot spot (Joni Mitchell, Big Yellow Taxi, 1974)

Torino, il Monferrato, la pianura di Alessandria (circa 120 km)

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Foto F. Bottini

La Padana Inferiore inizia sulle rive del grande fiume, ai piedi della collina di Superga a Torino, nel punto in cui si biforca il corso Casale in uscita verso nord-est. Proseguendo dritti, parallelamente al fiume, si imbocca la statale del Monferrato; voltando a destra la strada inizia a salire, e la città sinora compatta a rarefarsi bruscamente. Un’impressione netta ma sbagliata, che termina altrettanto bruscamente dopo il tunnel di Pino, quando la strada inizia a ridiscendere verso la pianura e ricompare di colpo l’area metropolitana torinese, da cui ovviamente non eravamo mai usciti. Siamo in mezzo ad una delle manifestazioni che il piano regionale piemontese definisce “diffusione sul territorio delle attività compatibili, agevolando la tendenza spontanea al fenomeno di “deurbanizzazione” in atto con lo spostamento di consistenti fasce di popolazione dai centri medi e grandi verso le aree extraurbane in grado di offrire un più elevato livello di qualità insediativa”4. Il piano regionale, come indica l’aggettivo “compatibili”, certo non ignora i problemi del consumo di suoli e della diffusione urbana, indicando “corridoi preferenziali” di attività produttive e terziarie, su cui concentrare investimenti e aspettative. Rinvia poi alla pianificazione locale, provinciale e di settore il compito di approfondire e sviluppare queste linee.
Anche se il tracciato della Padana Inferiore interessa solo una porzione piccola (e tutto sommato abbastanza marginale) della provincia di Torino, è utile un’occhiata al piano territoriale di coordinamento, almeno per fissare un primo parametro di giudizio su questo “corridoio” insediativo e ambientale. Nel capitolo Sistema Insediativo, il piano descrive la nota crisi e riconversione industriale del Capoluogo, e la redistribuzione di ruoli e potenzialità verso altri spazi e sistemi, a valorizzare vocazioni anche secondo un modello di “città diramata” o “città diffusa” (sic) dove alla vicinanza fisica si sostituisce una “prossimità funzionale”. Ovvero “una pluralità di relazioni che contestualizzano la giustapposizione di sistemi diversi, le cui coerenze sfuggono a qualsiasi logica di polarizzazione urbana e metropolitana”5.

Il capitolo Viabilità e trasporti sottolinea l’obiettivo di migliorare la qualità dei centri diluendo sul territorio le attività, per decongestionare il capoluogo e “ridurre l’impatto negativo delle infrastrutture per la mobilità e dei flussi di traffico incompatibili per volume ed intensità con le funzioni urbane”. Quindi si tratta di individuare corridoi per il decentramento, e attraverso i piani locali determinare le forme dei nuovi insediamenti “evitando localizzazioni improprie”6.

Più precisamente, le Norme Tecniche di Attuazione del piano stabiliscono che i comuni debbano:
– favorire la contiguità fisica (o funzionale) con l’esistente;
– verificare la congruenza ambientale, paesaggistica, naturale;
– “tutelare gli assi stradali di livello sovracomunale, evitando di localizzare aree in filiera sugli assi di transito”7.

Anche le indicazioni per le grandi strutture di vendita sottolineano insieme sia le questioni ambientali, idrologiche, storico-paesistiche che quelle (a parere del sottoscritto del tutto sovrapponibili) di tutela del ruolo degli assi viari: prevenire in sostanza la riduzione della strada a struttura di servizio per l’accesso e deflusso, penalizzando quella principale di comunicazione intercomunale e oltre. Si dovrà quindi ad esempio “regolamentare le immissioni sulle strade ordinarie non comunali con la previsioni di rotonde o opportune corsie di accelerazione e accumulo”8. Come, è naturalmente – lo vedremo poi – altro problema del “parassitismo” dell’insediamento rispetto agli assi stradali9.

In definitiva, il piano provinciale torinese sembra affrontare di petto, in modo puntuale e propositivo, molti dei punti chiave connessi al problema dell’insediamento a nastro sugli assi stradali, soprattutto come quando nel caso della Padana Inferiore non si trovano ad occupare corridoi prioritari di mobilità interregionale (qui focalizzati sull’asse autostradale-ferroviario ad alta velocità verso Milano), e interessano aree di tutela ambientale come quelle della collina torinese.

La porzione di territorio provinciale torinese della Padana si riduce comunque alla manciata di chilometri che va dal capoluogo, dopo l’attraversamento in tunnel della collina, a Chieri e Riva. È però possibile anche in questo tratto relativamente breve trovare qualche spunto per il leit-motiv che accompagnerà tutto il percorso da qui alle pendici dei Colli Euganei: una presenza costante, più o meno vistosa, dell’insediamento a nastro. Appare via via in varie forme, da quelle del casale storico con qualche aggiunta laterale, attraverso varie gradazioni e miscele, sino alla forma più evoluta del complesso specializzato ed evidentemente pianificato. Appare in modi vistosi, con la strada improvvisamente e inopinatamente infilata in un imbuto di precompressi, insegne, vetrine, accessi variamente arretrati e pavimentati; o in modi primordiali e quasi indistinguibili, con un edificio industriale sulla destra, uno sulla sinistra, entrambi piuttosto vicini al margine stradale con accesso diretto, ma staccati di qualche centinaio di metri dal centro abitato. In mezzo, spesso, cartelli che pubblicizzano terreni lottizzati in vendita.

Il primo esempio di questi segnali deboli ma costanti sta ai margini orientali della provincia di Torino, al chilometro 21 lungo il tratto di circonvallazione dell’abitato di Riva di Chieri. Per chi arriva dal capoluogo e si dirige verso l’astigiano, la striscia appare allineando su 2-300 metri: un centro “Linea Verde” che vende macchinari e attrezzi da giardino, arretrato di circa 10 m. con accesso diretto da un piccolo piazzale di ghiaia sul bordo stradale; due strutture commerciali, ognuna con accesso proprio, Termoidraulica/Arredo Bagno, e Arredamenti; un piccolo gruppo di abitazioni unifamiliari a schiera con giardino, un po’ più arretrato. Questo sul lato ovest, alla nostra destra. A est, la striscia inizia esattamente di fronte a “Linea Verde”, dove a fare da complemento al negozio di attrezzature stanno un piccolo vivaio, una serra, gli accessi diretti dalla strada, comuni all’imbocco di una via locale. Dopo qualche decina di metri di “vuoto”, circa di fronte al negozio di arredamenti, una pompa di benzina con piazzale, edifici di servizio ecc. Poca cosa, si dirà, ma è il segno di una intenzione, in parte già realizzata: la strada di circonvallazione che riproduce esattamente il problema di congestione e attraversamento che era stata chiamata a risolvere. Perché la moltiplicazione degli accessi indipendenti? Perché la disposizione sui due lati di quelli che sono, di fatto, due pezzi della medesima attività, con ovvio movimento continuo di persone e cose attraverso l’unico canale disponibile, attraverso la strada di circonvallazione? Domande ovvie, e certo risposte altrettanto ovvie, ma resta il dubbio se sia esattamente questo il modello ideale per “tutelare gli assi stradali di livello sovracomunale, evitando di localizzare aree in filiera sugli assi di transito “. Proseguiamo.

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Foto F. Bottini

Dopo parecchie centinaia di metri di spazi aperti dalla breve “strip” sulla circonvallazione di Riva, in comune di Villanova inizia la provincia di Asti. Più o meno in corrispondenza del casello della A 21 Torino-Piacenza-Brescia, che della Padana Inferiore rappresenterà per lunghi tratti complemento viabilistico, e fonte di problemi in quanto alimentatore di traffico locale e aspettative di insediamento.

Per quanto riguarda la pianificazione, a differenza che nel caso di Torino, lo schema territoriale provinciale per Asti sembra molto meno esplicito nell’affrontare i problemi del rapporto fra grande arteria e forme insediative.

Le Norme Tecniche nei paragrafi sugli orientamenti comunali per gli insediamenti produttivi prevedono ad esempio che “gli accessi alle singole aree ed ai comparti nel loro insieme sono razionalizzati, in relazione alle caratteristiche dei flussi di traffico e all’entità delle manovre di svolta, in modo da evitare l’immissione diretta di singoli insediamenti su Viabilità anche di II° e III° livello, nonché di rendere agevole la movimentazione nella maglia viabile di servizio agli insediamenti”10. Un intento di razionalizzazione, certo, ma che non tocca ad esempio il rapporto coi nuclei esistenti, la loro prossimità (“fisica o funzionale”, secondo i criteri regionali). I medesimi contenuti, e lacune, nell’articolo sugli insediamenti commerciali. Si presume, che questo tipo di aspetti sia lasciato implicitamente e interamente agli strumenti urbanistici locali. Viste le caratteristiche generali del territorio astigiano, e in particolare quelle della fascia attraversata dalla Padana Inferiore (con la significativa eccezione del Capoluogo) probabilmente alcune indicazioni sulla qualità dei rapporti strada/insediamento emergerebbero da una lettura “in negativo” delle indicazioni sulle zone agricole o sulla tutela storico-paesistica.

Resta comunque la notevole distanza fra la chiarezza di identificazione e obiettivi del piano torinese, e la sostanziale delega agli strumenti comunali di quello astigiano, che pure interessa un territorio certo diverso, ma limitrofo e sicuramente influenzato dai processi di diffusione e riequilibrio regionale già citati. Processi che appaiono evidenti percorrendo questo tratto della Padana Inferiore, per altri versi fortemente caratterizzato dagli aspetti paesistici tradizionali. A partire proprio dal citato casello della A21 a Villanova d’Asti, attorno al quale si raccoglie una corposa zona industriale, che interrompe il breve tratto di aperta campagna che fa da margine al territorio provinciale di Torino. Un nucleo produttivo ovvio, visto il nodo infrastrutturale, me che poi quasi senza soluzione di continuità si prolunga in complessi più piccoli anche artigianali e commerciali lungo tutta la circonvallazione, a sud dell’abitato di Villanova. A differenza del piccolo esempio di Riva, qui l’insediamento di attività industriali, commerciali, espositive, si limita alla fascia esterna rispetto al centro storico, con accessi quasi sempre organizzati, anche se non mancano quelli diretti dalla strada. Questo nastro prosegue oltre la fine dell’abitato e della circonvallazione, fino al km 35.

Il comune successivo, Villafranca, presenta un’altra variante: il nucleo storico su un’altura, e la strada di grande comunicazione che scorre più in basso, attraverso le “regioni” o nuclei frazionali. Trasformatisi per aggiunte successive in un corridoio continuo, ulteriormente schiacciato dall’A21 che scorre vicinissima a nord, e dove restano ormai solo i cartelli dei toponimi a separare le località, saldate dal nastro delle stazioni di servizio, dei capannoni artigianali e industriali, dei negozi e magazzini. L’ampia sezione stradale e la presenza di rotatorie e profondi arretramenti dei fabbricati, fa pensare che sia questo il modello del piano provinciale in cui “gli accessi alle singole aree ed ai comparti nel loro insieme sono razionalizzati, in relazione alle caratteristiche dei flussi di traffico e all’entità delle manovre di svolta”. Resta il caso del capoluogo Asti, dove il sistema a nastro appare evidente soprattutto all’uscita orientale dal centro abitato, coi primi centri commerciali già nell’area propriamente urbana del Corso Alessandria, e il resto di un insieme ad accessi e scostamenti assai diseguale (moltissimi gli affacci e comunicazioni dirette dal ciglio stradale) che occupa entrambe le fasce della Padana: a nord sino al tracciato della A21, a sud sino a quello della ferrovia, e che pur rarefatto e discontinuo prosegue oltre lo svincolo della superstrada Casale-Moncalvo-Cuneo, fino alla frazione di Quarto Inferiore, al chilometro 64.

L’ingresso nel territorio alessandrino coincide con quello nell’ambiente di pianura vero e proprio, con relativa diminuzione di alcuni vincoli spaziali naturali alle forme dell’insediamento a nastro. Si allontanano dal tracciato stradale sia le alture collinari del Monferrato, sia (anche se non di molto) il percorso della A21 che nel tratto provinciale di Asti si trovava a scorrere quasi di fianco alla Padana. Fra gli obiettivi di sviluppo del piano di coordinamento per l’area di Alessandria, spiccano tra l’altro la valorizzazione dei poli e attività sull’asse di pianura. In ordine da ovest verso est: Quattordio, Felizzano, Alessandria, Tortona e relative “cinture”. È prevalentemente qui che dovrà avvenire la “riqualificazione urbanistica degli insediamenti produttivi e consolidamento delle attività produttive”11. Le Norme Tecniche chiariscono meglio, nell’articolo sul Margine della Configurazione Urbana, che si tratterà di:

● tutelare l’identità dei centri e riqualificare le frange periferiche;
● massimizzare l’efficienza delle infrastrutture viarie;
● limitare il consumo di suolo anche “evitando l’apertura di nuovi fronti di urbanizzazione”
● “evitare la realizzazione di continuum di edificato lungo gli assi viari principali”12.

La pianificazione locale potrà poi dare a queste indicazioni forme specifiche declinate contestualmente: attraverso la verifica di qualità, un’attenzione al disegno urbano, in particolare alle aree ai margini del costruito, a ricomporre e compattare l’insediamento.

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Foto F. Bottini

A questo modello di intenzioni pare corrispondere ad esempio la circonvallazione di Felizzano, al chilometro 77, dove la presenza pur non marginale di insediamenti produttivi non determina né affollamento, né interruzione della continuità stradale con accessi diretti, né indebito “stiracchiamento” dell’urbanizzazione, che si sviluppa abbastanza compatta e ordinata fra le varie funzioni, attorno al centro. Naturalmente anche nel territorio provinciale di Alessandria non mancano eccezioni e/o segnali negativi, sia di carattere puntuale (lavori stradali e cartelli che fanno pensare alla nascita nel futuro prossimo di complessi a cavallo del tracciato), sia più corposi, come l’ingresso ovest all’abitato di Alessandria fino alla “Cittadella” sul Tanaro, che pur senza il caos della periferia astigiana ne ripresenta alcuni elementi. Le cose da questo punto di vista vanno però molto peggio a Tortona, dove dal km 112 della Padana a ovest del centro, ben prima dello svincolo autostradale al nodo A7-A21, comincia un sistema continuo quanto disomogeneo sui due lati, che proseguirà oltre il ponte sullo Scrivia, lungo tutta la circonvallazione a ridosso del nucleo storico, scavalcando due ponti ferroviari e vari nodi stradali a livello, e in uscita dopo un grosso complesso commerciale fino al chilometro 122 verso Pontecurone. Circa quattro chilometri, dunque (senza contare le corpose articolazioni sulle vie convergenti) in cui salta all’occhio soprattutto l’accumulo di modalità d’accesso, arretramenti, qualità del rapporto generale con la strada. Non pare proprio questo, il modo di “evitare la realizzazione di continuum di edificato lungo gli assi viari principali”, e nemmeno di attenuarne gli impatti quando il continuum sia per qualche motivo inevitabile.

(fine della prima parte, segue e si conclude nella seconda parte, con Riferimenti Bibliografici completi)

1 Silvera, 2000: 91
2 Cfr. Turri, 2000, in particolare cap. 9, Il cuore verde della megalopoli: 223-241
3 Ex Statale n. 10, attualmente di competenza delle Agenzie regionali nei vari tratti. Per informazioni puntuali sui vari problemi puntuali di modernizzazione del tracciato e raccordo con altre arterie, si può fare riferimento ai siti web Unioncamere/Infrastrutture, come quello piemontese per il primo tratto o quello lombardo ; altre informazioni sui tracciati e i progetti, ovviamente ai vari siti delle agenzie regionali.
4 Regione Piemonte, 1997, p. 34
5 Provincia di Torino, 2003a, p. 127
6 idem, p. 172
7 Provincia di Torino, 2003b, art. 10: Insediamenti produttivi e commerciali, 10.41 Norme Generali, p. 41
8 idem, 10.52, Direttive, p. 43
9 Cfr. idem, Art. 11, Indicazioni relative alla viabilità, 11.6 Direttive, p.49
10 Provincia di Asti, 2002, Titolo III: Norme relative all’Uso del Territorio, Art. 35, Attività produttive, 5. Indirizzi e criteri di compatibilità, p. 69
11 Provincia di Alessandria, 2002a, Gli ambiti a vocazione omogenea: Ambito 8, La piana Alessandrina, p. 27
12 Provincia di Alessandria, 2002b, Art. 20.1 Margine della Configurazione Urbana, 3, Obiettivi

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