Roadtown: la città dei flussi (1910)

roadtownCome era logico aspettarsi, la nostra civiltà che si sviluppa in modo sconnesso significa un certo modo di organizzarsi della popolazione sulla faccia della terra. All’inizio c’erano dei selvaggi che vagavano per pianure e foreste alla ricerca di cibo. Con la civiltà, l’industria, la cooperazione sociale, gli uomini hanno imparato il vantaggio di raccogliersi dentro le città. E in un primo tempo queste città si rifornivano dalle campagne grazie ai trasporti umani o delle bestie da soma, poi ci furono i trasporti via acqua che consentirono la crescita di centri più grandi sui fiumi o nelle baie. Con l’avvento della ferrovia, che si aggiunge ai metodi già detti, l’unico limite per le città diventa la loro capacità di sostentare sé stesse e il bacino territoriale e di popolazione del proprio distretto.

La gente di città si occupa principalmente di produrre e commerciare, approfittando vuoi di chi coltiva vuoi di altri cittadini. Con l’invenzione della macchina a vapore diventa conveniente concentrare lavoratori dentro le fabbriche, e ciò significa ulteriore crescita delle città. Col vapore chi lavora non lo fa più in casa ma nella fabbrica, più economica, e si sviluppa un nuovo sistema. Le città crescono riempiendo di edifici il territorio, affollandosi, a caccia di spazio. Le case si ammassano sempre più vicine le une alle altre, escludendo luce e aria, per non aumentare troppo le distanze fra il lavoratore e la fabbrica. In un primo tempo lo spostamento dall’abitazione al lavoro avviene a piedi, più tardi si usa il tram a cavalli, poi un veicolo a vapore, e oggi quello elettrico. Le linee di trasporto per portare materie prime verso la città e prodotti finiti fuori da essa, non solo sono utilizzate dai lavoratori per spostarsi, ma lo sviluppo della città inizia pure a seguirle.

I trasporti determinano la forma delle città

Ciò che determina le distanze dal cuore della città, è soprattutto il tempo e costo dello spostamento dei lavoratori, e con l’uso di linee fisse le costruzioni si allineano lungo strade e binari di tram e ferrovie. La popolazione sia in città che tra le città si distribuisce linearmente. Questo lo stato delle cose al giorno d’oggi, per quanto riguarda la distribuzione della popolazione. Una situazione imperfetta: col tram si arriva sino all’angolo delle vie, ma non ancora a casa, non si portano le derrate nella dispensa, o il libro dalla biblioteca alla stanza di lettura, o la medicina dal farmacista al malato. Il modo di portare tutto ciò che serve alla nostra civiltà è lungo binari, tubi, cavi. I primi servono a persone e cose, i secondi ai liquidi e ai gas, i terzi all’elettricità nelle sue varie forme.

Questi strumenti tecnici sono stati posati lungo vie che erano costruite per i carri. Tubi e cavi devono essere sepolti nel sottosuolo con forti costi. Lungo i medesimi percorsi, spesso con curve e angoli che non presentano alcun problema al veicolo trainato da cavalli, i binari si piegano e altri veicoli rallentano per affrontare le irregolarità. Dal sottosuolo tubature e cavi devono essere portati dentro le case uno a uno, e poi su per i vari piani fino agli appartamenti. Dentro questi edifici ci sono anche linee verticali pe veicoli chiamati ascensori, e così la città diventa un luogo di trasporti tridimensionali, dai treni che provengono dall’esterno, ai tram dei collegamenti interni, agli ascensori per quelli verticali, reti separate che richiedono passaggi, perdite di tempo, doppioni, enormi spese e sprechi colossali.

Mentre oggi, binari, tubature, cavi, si potrebbero assai economicamente posare in linee rette e continue. Nel caso delle ferrovie, maggiore la velocità senza fermate, maggiore la necessità di tratti rettilinei. Un vagone che corre a settanta all’ora ha una potenzialità di deragliamento sedici volte maggiore di quando procede a quindici all’ora, e l’incremento è analogo per i costi in energia e tempo di frenata. Inoltre, per essere efficiente la ferrovia dovrebbe stare dove non c’è nulla che ostacoli il passaggio dei treni. Le tubature devono essere protette dal gelo, i cavi che portano energia messi in sicurezza, ma al tempo stesso disponibili per collegamenti e manutenzioni. Oggi nessuno di questi requisiti è soddisfatto dalle città come sono, ma si potrebbe se la città si sviluppasse secondo la logica dei binari, dei tubi, dei cavi, invece di seguire la civiltà pedonale ed equestre del passato.

Costruire a una dimensione

Il progetto Roadtown è un piano per riorganizzare produzione e uso dei trasporti secondo un sistema. Nell’epoca dei cavi e dei tubi, delle ferrovie veloci, è importante questo progetto perché ragiona a una sola dimensione anziché tre: distribuisce la popolazione in linea invece che su un piramide. La civiltà binario-tubo-cavo, l’incremento delle velocità di spostamento, di sicuro determinano una redistribuzione della popolazione, visto che significano incalcolabili economie di tempo e costi di costruzione e gestione. Si potrà tornare alla Madre Terra, come in fondo tutti desiderano, e non perché lo dice qualche magnate commerciale o re delle ferrovie o utopista sociale.   Nella vita moderna un fabbricato a uffici, negozi, appartamenti viene considerato di pregio quando sta vicino a una stazione, meglio ancora se la contiene al suo interno. Tutti gli abitanti di Roadtown saranno sopra la linea principale e vicino a una stazione. Ci abiteranno perché è molto più economico avere così quei benefici della nostra civiltà. Ma l’organizzazione lineare ha anche un altro aspetto di estrema importanza di quanto non siano la migliore e sana distribuzione di persone, cose, fluidi, elettricità.

Lo sviluppo originario delle città si deve al desiderio degli uomini di stare vicini per motivi sia economici che sociali. La necessità di rapida comunicazione e buona distribuzione di uomini e cose, così come l’ho descritta, si può ottenere con una città organizzata in linea. In altri termini, sono le medesime necessità che hanno portato alle attuali metropoli sovraffollate, a spingere verso la nascita di Roadtown e alla sua successiva disseminazione. Si tratta di tendenze già evidenti, che però non si sviluppano per l’isolamento fra trasformazioni edilizie e trasporti lineari. Mettiamo il trasporto dentro le case, pieghiamo su un lato il grattacielo, puntiamolo verso l’aperta campagna anziché contro la forza di gravità, con le splendide tecniche di spostamento oggi disponibili, e vedremo la città diffondersi magicamente nei campi. Sarà una magia economica, una forza naturale, del tipo a cui sempre risponde prontamente l’umanità.

Oggi l’altezza di un grattacielo è limitata dalle sollecitazioni a cui è sottoposto l’acciaio, dalle sollecitazioni delle fondamenta, dal sovraffollamento degli ascensori. Un grattacielo disposto in orizzontale non ha alcun limite del genere, costruito su saldo terreno, nessun problema di luce o aria. La rete dei trasporti ha un servizio sia rapido che locale, è fatta di treni e non di singoli ascensori, che si possono spostare in serie senza occupare un intero condotto, nessun vincolo come nei pozzi verticali. Uno sviluppo per mille metri, o per mille chilometri, e ancora ciascun «piano» sarà collegato a tutti gli altri con binari, cavi, tubature.

Una Città Lineare attraverso le campagne

Roadtown prende il via ai terminali delle attuali metropolitane o altri sistemi di trasporto veloce delle città, o attira le medesime linee a distanza sufficiente a ottenere terreni a basso prezzo, e iniziare a costruirsi verso altre città, passando vicino a centri minori, cittadine e villaggi, attirandone la popolazione. Un processo che significa «inizio della fine» dei privilegi di pochi e degli sprechi energetici e non per tutti. Una città lineare attraverso le campagne, che porta al contadino l’edificio ad appartamenti della città, e al tempo stesso lo libera dalla necessità di scambiare coi cittadini ciò che produce in cambio di pezze di stoffa da quattro soldi, ora potrà usare la fermata per i suoi traffici, potrà comprarsi il giornale, o stare in compagnia sul marciapiede un sabato pomeriggio.

Per l’abitante del suburbio c’è tutto ciò che desidera della campagna, e insieme tutto quanto rimpiange della città. Può giocare a fare il contadino, o farlo sul serio, il contadino, o continuare a fare l’impiegato. Si torna alla terra, portandosi con sé le cose migliori della città, tutto ciò che ha di buono oggi, e anche tutto ciò che ancora non è stato sfruttato, nascosto fra le case, fra quei sentieri tortuosi che si chiamano strade, da quelle persone che «non è ancora il momento», da quei politici che rallentano le grandi innovazioni per tutti.

Cap. III estratto da: Roadtown, Roadtown Press, New York 1910 – Scelto e tradotto da Fabrizio Bottini

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