Un albero (come un uomo) non è un dato statistico

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Foto M. B. Fashion

Per ogni albero tagliato nell’ambito del nuovo grande progetto di modernizzazione, ne verranno piantati dieci nuovi in loco, e altri cinquanta collocati in grandi parchi altrove. Quante volte abbiamo sentito cose del genere? Probabilmente moltissime volte, in pratica in qualunque occasione di progetti come strade, metropolitane, o interventi di riassetto del territorio dopo qualche evento naturale che rende indispensabili opere di ingegneria. E non c’è neppure da dubitare, che andrà proprio come si afferma nei comunicati stampa delle pubbliche amministrazioni o delle imprese impegnate nei lavori, magari con la partecipazione attiva di associazioni e abitanti dei luoghi. Il dubbio, riguarda semmai un aspetto per nulla filosofico e teorico: siamo sicuri di non proporre il classicissimo improbabile cocktail matematico fra pere e patate? Dubbio che non sembra minimamente sfiorare quelle mega-iniziative e politiche pubbliche di solito intitolate Un Milione di Alberi per Vattelapesca City o simili, tutte col loro cospicui finanziamento, le procedure di partecipazione organizzata, i programmi di ricerca sanitaria, urbanistica, sociologica e agronomica. Purtroppo, come può constatare toccando con mano chiunque vada a dare un’occhiata in loco, o sia costretto a passarci davanti, la differenza tra il dato statistico e la realtà è vistosa, impietosa.

Un prato non è la somma aritmetica del fili d’erba

In tutte le possibili faccende, umane o naturali che siano, a differenza di quelle meccaniche, è fondamentale il fattore tempo. Quando si ha a che fare con una macchina, l’idea è che si schiaccia un bottone e dopo un istante di assestamento tutto va «a regime». Ma le città e i territori, con buona pace delle semplificazioni razionaliste novecentesche, non sono mai state macchine per abitare, o lavorare, o altro: quegli aspetti si devono integrare al resto, come ben sapevano gli antichi quando le energie artificiali scarseggiavano e con la natura toccava coordinarsi per forza. Non solo non è detto che il Milione di Alberi per Vattelapesca City previsti da qualche programma rimpiazzi il ruolo dei centomila spazzati via per costruirla in solido cemento e asfalto, la torreggiante postmoderna Vattelapesca. Ma è addirittura sicuro che la traiettoria nel tempo, di quelli che per adesso sono solo item statistici su una tabella di marcia, ci porterà da tutt’altra parte. Oggi partiamo dall’unico dato certo, secondo cui abbiamo sostituito a un sistema una macchina seppure virtuale, e seppure volenterosa di trasformarsi in altro interagendo col sistema geografico, climatico, sociale, infrastrutturale. Lo farà davvero? Dipende da quanta consapevolezza abbiamo proprio di quel limite, cioè del fatto stesso che, nuovi o sostitutivi che siano, i vari milioni di alberi non rimpiazzano nulla, quello è andato per sempre.

Consapevolezze

Del resto una certa coscienza di questo fatto emerge già dalle proporzioni: chi taglia una pianta adulta, o addirittura ha spazzato via mezzo parco storico per un bypass autostradale, propone come ripristino ambientale coerente la piantumazione di migliaia di altre potenziali piante. Ma potenziali in che senso? Non solo perché non è detto che tutti quegli item statistici diventeranno fisicamente qualcosa di simile alla pianta matura e stabile che dovrebbero idealmente rimpiazzare, ma soprattutto perché mai e poi mai ricostruiranno la filiera di sistema naturale-artificiale a cui afferiva quell’albero maestoso, gli effetti sul clima, la fauna, le reti sotterranee eccetera. Certo un sistema non è tale se non dotato di una notevole complessità, e ancora a differenza di un insieme meccanico possiede una propria implicita capacità di resilienza, non basterà certo eliminarne una fettina per far collassare tutto, ma è certo che quel metodo di lavoro a patchwork delle compensazioni statistiche fa parecchio a cazzotti con qualunque logica di rete, di sistema, di resilienza. Ricorda parecchio, al netto delle buone intenzioni, quelle mitiche lottizzazioni suburbane che si chiamano Salici Piangenti, oppure il Bosco delle Roveri anche se il potenziale acquirente o visitatore potrebbero girare in eterno, alla ricerca di qualunque traccia di salici o querce: il toponimo del costruttore non solo si è sovrapposto agli alberi fisici, ma li ha totalmente sostituiti (sempre che ci siano mai stati davvero). L’insegnamento di queste divagazioni, sta nel non aspettarsi gran che dai programmoni progetto che puntano tutto sul Milione di Alberi per Vattelapesca, miracolosi per la salute e l’abitabilità solo sulla carta o sul web, dato che poi magari si vede qualche albero, ma non la foresta, cioè gli effetti sistemici che ci avevano promesso. Lo dice quel vecchio proverbio: See the Trees – See the Forest. Che si può leggere in tanti modi.

Riferimenti:
Wendy Stueck, Vancouver’s tree count diminishing despite efforts to boost urban canopy, The Globe and Mail, 31 marzo 2016

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