Anche i ricchi piangono: uno sprawl di lacrime da coccodrillo

swimming rich

Foto M. B. Style

Anche i ricchi piangono, per forza. Ma ci sono vari modi per essere ricco, e il peggiore possibile è quello di recitare consapevolmente la parte del pesce in barile, ovvero circondarsi solo di propri simili, e magari di una solida muraglia contro i poveracci. Spesso, e con qualche ragione, ce la prendiamo coi politici che non hanno la più pallida idea di cosa possa significare la vita normale quotidiana delle persone. Ma come, si dice, voi state lì a salire e scendere da auto blu e aerei privati, e perdete del tutto di vista le proporzioni, che differenza fa anche una piccola somma nel bilancio familiare, o la qualità dei servizi, dell’aria, dei trasporti collettivi. E non a caso poi ci sono politici abilissimi nel praticare (o nel fingere di praticare) una specie di full immersion nazionalpopolare fra mercati rionali, scuole dell’obbligo, competizioni sportive dilettantesche ecc. Quanto sia poi vera la voglia di partecipare e capire, spesso lo si tocca con mano nei fatti, o anche solo nelle dichiarazioni alla stampa. Resta il fatto che una vita volente o nolente separata dagli altri, una vita in cui il diverso da noi con la distanza si riduce a dato statistico o a immagine confusa sui media, ci rende refrattari all’empatia.

Anche l’urbanistica fa la sua parte peggiore nel rafforzare la tendenza, quando cede troppo a certe perverse tendenze del mercato immobiliare, favorendo separazioni che non sarebbero state mai pensabili nella città tradizionale. Il micidiale cocktail si compone come al solito di un paio di ingredienti base: articolazione per zone e trasporti. Si comincia a dire che certe attività danno fastidio, segregandole da qualche parte, e trascinandosi appresso ovviamente anche chi le svolge, quelle attività. Il resto lo fa la rete sempre più efficiente (si fa per dire) delle comunicazioni e della mobilità, allontanando all’infinito queste zone l’una dall’altra. Al punto che si perdono metodi e sensibilità di convivenza, fino a produrre muri invalicabili: notoriamente nulla di sofisticato o psicologico, ma solide pareti di calcestruzzo come quelle delle famigerate gated communities nelle varie versioni classica suburbana o neo-centrale.

La cultura della paranoia in seguito cresce ancora, alimentando leggende metropolitane, magari poi facendole pure diventare realtà, o pompando la domanda di armi di distrazione di massa, dalle telecamere a circuito chiuso alle automobili di taglio militare per accompagnare a scuola i figli o andare al centro commerciale. Risultato finale: una ottusa insensibilità, che di caratteriale ha poco o nulla, prodotto di questa serie di fattori esterni. Oltre che piuttosto intuitive se ci si guarda un attimo attorno, queste considerazioni sono scientificamente confermate da una curiosa recente ricerca statistico-geografica delle associazioni filantropiche americane. Si sono chiesti, i ricercatori, se fosse possibile ricostruire criticamente chi, quanto, e da dove, versa denari per fini caritatevoli. E i risultati sono lì evidenti: il benestante incarognito chiuso nel soggiorno blindato in fondo al giardino con piscina e box triplo è il più taccagno di tutti.

Intendiamoci: quando i ricchi versano, versano parecchio, qui non ci sono dubbi (anche quello in fondo è abbastanza intuitivo), ma i rapporti percentuali col reddito non solo precipitano man mano questo reddito cresce, ma scendono a precipizio via via si adotta quello stile di vita caricaturale hollywoodiano del villone recintato, del macchinone a vetri fumé, dello shopping in qualche posto altrettanto esclusivo ecc. Per dirla alla lettera «Chi ha mezzi potrebbe fare molto di più. Una cosa che non succederà mai finché se ne staranno ad abitare tutti insieme nelle loro enclave». Il tutto ovviamente non vale solo per gli imitatori di stili di vita da telefilm, né solo per l’aspetto circoscritto e tangibile dei versamenti monetari, ma si estende proporzionalmente a tutti i ceti sociali dotati di qualche mezzo e proprietà, nonché a vari aspetti dell’esistenza quotidiana e ai relativi comportamenti. Ci risiamo, insomma. Non per fare a tutti i costi l’apologia della città tradizionale, dove di guai ce n’erano fin troppi, ma una maggiore convivenza fra fasce di reddito, istruzione, età, preferenze, non farebbe altro che bene. Per dire: la metafora non funziona forse anche traslata all’idea dell’automobilista «ricco» che non si accorge del «povero» ciclista e lo tira sotto? Ma questa è un’altra storia …

Riferimenti:

Il rapporto in tempo reale da cui è tratta la breve citazione tra virgolette, e che sviluppa sistematicamente il tema è intitolato «How America Gives», e sta sul sito Philantropy

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