Copenhagen, 1948: il Piano delle Cinque Dita

Nel 1948 Copenhagen avvia il poi celebrato Finger Plan, il «Piano delle cinque dita», così denominato per la forma della futura città che tanto somiglia ad una mano aperta. Alle sue origini una proposta piuttosto radicale elaborata alcuni anni prima da un gruppo di professionisti indipendenti, che nel 1947 sarà poi sottoposta ad un team di esperti appartenenti all’Istituto di Urbanistica danese. A partire dall’anno successivo, anche se non formalmente approvato e di valore puramente consultivo, dunque privo di stato giuridico per molti anni, il progetto – firmato da Peter Bredsdorff (1913-1981) che allora presiede il Comitato per la Pianificazione Regionale della Grande Copenaghen, sotto la supervisione di Steen Eiler Rasmussen (1898-1990), un’autorità nel campo dell’urbanistica danese – diviene lo strumento guida della pianificazione dell’area metropolitana, governando, con rilevante successo, le trasformazioni della struttura della regione urbana della capitale danese nell’arco degli ultimi settant’anni. L’idea originale del disegno del piano risale peraltro a parecchi anni prima: già tra il 1915 ed il 1920 viene, infatti, proposto uno schema di sviluppo dell’area vasta attorno alla città fondato su una stretta relazione tra nuovi centri satellite posti all’intersezione di una rete autostradale a maglie larghe che si diparte radialmente dal centro, intersecata da tratti trasversali.

Nel 1948 Copenhagen conta circa un milione di abitanti, otto volte meno di Londra, ma il problema che ci si propone di risolvere è assai simile a quello della metropoli inglese: decongestionare una città cresciuta in modo denso con una classica forma radiale-concentrica, che ha oramai raggiunto un punto critico nel suo sviluppo. L’area urbana si è, infatti, talmente dilatata che i terminali più esterni delle linee di trasporto metropolitano distano 45 minuti dal centro, la stessa situazione di Londra che vanta però una popolazione ben maggiore.

Bredsdorff, che si è molto interessato alla soluzione delle new towns britanniche, ne trasferisce l’idea alla capitale danese declinandone i principi in forma più compatta e lineare, ovverosia concentrando residenza, industrie e servizi in piccoli centri satelliti lungo alcuni assi infrastrutturali che si dipartono dal centro città verso l’hinterland metropolitano. Invece di ricorrere allo sviluppo di nuove città – come nei modelli delle grandi capitali europee, Londra e Parigi – si opta qui per la realizzazione di corridoi di crescita serviti da infrastrutture di trasporto pubblico, sui cui nodi innestare quartieri di nuova formazione – uno dei primi esempi di ciò che in seguito si chiamerà Transit Oriented Development TOD pianificato  – con strade circonferenziali che corrono lungo i margini esterni per connettere rapidamente tra loro gli insediamenti più periferici.

Ogni direttrice di sviluppo lineare (finger) ospita un certo numero di quartieri satelliti (unità di vicinato) posti a non oltre 45 minuti dal centro città al fine di mantenere l’integrazione con il core urbano, organizzati attorno alle stazioni dei cinque rami suburbani della ferrovia metropolitana, parallelamente ai quali corrono arterie autostradali. Nella parte più centrale dell’area metropolitana, entro un raggio di 8-9 km, il trasporto pubblico viene affidato a tranvie, mentre le ferrovie elettriche si spingono oltre, fino a 17-18 km. L’industria viene localizzata tra il centro di Copenaghen e i fingers e connessa alle reti ferro- viarie e autostradali. Questa posizione baricentrica favorirà la riduzione dei tempi di spostamento verso i luoghi di lavoro, anche se i centri satellite saranno comunque dotati di opportunità occupazionali per renderli, almeno parzialmente, autosufficienti. Tra gli assi di sviluppo, cunei verdi saranno preservati – mantenendoli scarsamente accessibili, ad esempio non realizzando nuove strade e lasciando bianche quelle esistenti – al fine sia di impedire alle diverse «dita» di saldarsi tra loro, sia di portare la campagna, il verde e gli spazi aperti, il più vicini possibile al centro della città.

Attorno alle stazioni ferroviarie poste lungo i finger vengono rea- lizzate le unità di vicinato (Forstad) grandi quartieri residenziali dotati di servizi e attrezzati con piccole aree industriali interposte tra i diversi satelliti. Il riferimento all’idea di unità di vicinato di Clarence Perry è esplicito: vivendo in una comunità ben pianificata, nella quale siano rappresentati tutti gli aspetti della vita urbana, osserva Rasmussen, l’individuo potrà godere di condizioni più favorevoli per uno sviluppo completo e armonioso della propria personalità. Il vicinato dovrebbe ospitare persone appartenenti a tutti gli strati sociali, così che il ricco possa diventare il vicino del povero, l’intellettuale del lavoratore manuale. Essi dovrebbero conoscersi frequentando il parco e le attività culturali e sociali del centro comunitario. Insomma, assetto urbanistico e vita sociale sono inscindibili, così che una buona organizzazione del primo favorirà lo sviluppo della seconda.

Il Forstad si estende su una superficie di circa duecento ettari e ospita una popolazione di 10mila abitanti. La forma dell’unità è, quando possibile, circolare e contenuta entro un raggio di ottocento metri dalla stazione ferroviaria centrale, permettendo di percorrere a piedi la distanza necessaria per raggiungerla in non più di 12-15 minuti dal punto più periferico. Attorno alla stazione della ferrovia metropolitana sono ubicati il centro commerciale ed edifici di carattere pubblico e sociale: scuole, giardini d’infanzia, biblioteca, ufficio postale, centro sociale, cinematografi, stazione di polizia. Più oltre si dispone il primo anello residenziale ad alta densità: 5200 abitanti collocati su di un’area di 35 ettari, con una densità territoriale di 150 p/ha e tipologie abitative a schiera o comunque compatte. Sempre procedendo verso l’esterno vi è poi una zona destinata ad attività culturali e ricreative, per lo sport ed il tempo libero che occupa 25 ettari, compresi i parchi ivi ubicati. Ancora più all’esterno, la zona residenziale a bassa densità, che ospita i restanti 4800 abitanti distribuiti su 120 ettari, con densità di 40 p/ha e tipologie residenziali unifamiliari isolate. La zona industriale posta a cavallo della linea ferroviaria che attraversa l’unità occupa un’area di 20 ettari. All’esterno del sobborgo si potranno loca- lizzare funzioni comuni destinate a più unità, come cimiteri, istituti per l’educazione superiore, ospedali ed aeroporti.

La cosa funziona talmente bene che negli anni Sessanta gli urbani- sti danesi ripropongono – con modeste differenze – il medesimo mo- dello di crescita: la città ha raggiunto 1,5 milioni di abitanti (la soglia prevista dal Finger Plan del 1948) e si calcola potrà arrivare a 2,5 milioni di residenti nel 2000. Il problema non può dunque più essere affrontato solo in termini di miglioramento dell’accessibilità dell’area centrale: una tale dimensione implica necessariamente il decentramento di posti di lavoro e dunque di popolazione. La soluzione individuata, maggiormente «espansiva», si colloca tuttavia nella logica origina- ria del Finger Plan. Attraverso una sua estensione dimensionale e concettuale vengono così proposte delle nuove «sezioni di città», ovverosia delle grandi città satellite di circa 250mila residenti – una dimensione che in Danimarca corrisponde a un centro che svolge funzioni equivalenti a quelle di un nostro capoluogo di provincia – ciascuna con le sue opportunità occupazionali, ma sempre poste lungo le estensioni di alcuni fingers. In tal modo i loro abitanti potranno trova- re occupazione vicino alla propria residenza, mentre per coloro che continuano a lavorare nelle aree più centrali di Copenhagen sarà comunque disponibile un efficiente servizio di trasporto pubblico, lo stesso che sostiene i fingers. Nella successiva revisione del 1973 il piano continuerà ad evolversi sempre in assoluta coerenza con le scelte operate inizialmente, concentrando lo sviluppo lungo due nuovi corridoi infrastrutturali (uno verso sud e l’altro in direzione est-ovest), alla cui intersezione con gli originari fingers è prevista la realizzazione di nuovi centri di importanza sub-regionale.

Oggi la Greater Copenhagen ha raggiunto 1,8 milioni di abitanti, in pratica raddoppiando la propria dimensione rispetto al 1948. I fingers sono diventati più numerosi e si estendono in maggiore profondità rispetto a quanto previsto inizialmente e se gli spazi aperti dei cunei verdi hanno impedito la loro saldatura, tuttavia l’esplosione della motorizzazione post-bellica e la conseguente domanda di residenza diffusa hanno prodotto alcune smagliature rispetto al disegno originario. I corridoi sono divenuti più larghi di quanto programmato, includendovi anche grandi distretti industriali e centri urbani regionali, mentre è cresciuta la quantità di suolo pro-capite consumata per usi residenziali e produttivi. Tuttavia, il piano ha avuto un rilevante successo nel governare la crescita insediativa delle 29 municipalità coinvolte, divenute, con la revisione del 2013, 34. Un successo reso possibile anche grazie ai corposi investimenti infrastrutturali: la Greater Copenhagen Railway Network è una rete fortemente integrata di ferrovie nazionali e regionali (connesse alla rete europea), che si sviluppa per 600 km con 200 stazioni, servendo ogni giorno circa 300mila dei 700mila pendolari che complessivamente ricorrono al trasporto pubblico (incluso quello su gomma), anche se il decentramento di molte funzioni dalla capitale, pur nel rispetto del disegno, ha incentivato la realizzazione di nuove autostrade anulari ai margini della regione metropolitana.

Agli inizi del nuovo millennio la proposta di una Loop City – una visione sostenuta dall’importante studio di progettazione BIG (Bjarke Ingels Group) – ha iniziato a farsi strada: in pratica un anello regionale sovra-nazionale attorno all’Øresund – il braccio di mare che separa Danimarca e Svezia – composto di insediamenti attestati lungo le infrastrutture che lo circondano. Il Fixed Link, ponte di 16 chilometri che dal 2000 scavalca l’Øresund e collega la capitale danese alla città di Malmö ne è l’elemento portante. Ospita un’autostrada a quattro corsie e una doppia linea ferroviaria e registra oltre dieci milioni di passaggi/anno (la Danimarca ha 5,5 milioni di abitanti, la Svezia 9,5).

Ørestad è un nuovo quartiere urbano vicino all’aeroporto della capitale, posto tra il centro di Copenaghen – da cui dista meno di dieci minuti – ed il Fixed Link, e rappresenta oggi il centro della regione dell’Øresund: dalla Ørestad Station è infatti possibile, con un treno regionale, raggiungere Malmø Central Station, in Svezia, in poco me- no di 30 minuti. Nella originaria logica dei finger, il corridoio si sviluppa lungo 5 chilometri: dal limite della città sino ad una riserva na- turale, con un’ampiezza di 600 metri ed una superficie di 310 ettari (in origine destinati a usi militari) di cui un terzo a parchi, verde, acque. Il progetto vincitore del concorso suggeriva una chiara strategia di sviluppo per attrarre residenti ed imprese, fondata su tre elementi: la qualità architettonica, una forte infrastrutturazione portante (linea metropolitana di superficie), una elevatissima accessibilità agli elementi naturali (acqua e verde). Così gli edifici sono stati concentrati in quattro distretti ad alta densità, creando masse edilizie compatte e mantenendo molte aree inedificate che si infiltrano tra i volumi stessi, lasciando ampi spazi verdi: un insediamento costruito attorno all’acqua ed alla natura e servito da una veloce ed efficiente linea di trasporto pubblico con sei stazioni, nonché da una pista ciclabile continua.

Attualmente vi risiedono oltre 7mila persone che possono godere di una variegata offerta tipologica in grado di soddisfare ogni esigenza per famiglie giovani, anziane, piccole, grandi, singles, mentre una quota è destinata all’edilizia residenziale pubblica sociale, cooperative edilizie, residenze studentesche, residence e shared housing. A regime la popolazione dovrebbe raggiungere le 20mila unità ed i posti di la- voro – attualmente 10mila, concentrati soprattutto nei settori high- tech, delle telecomunicazioni e della farmaceutica – sono destinati a diventare 60/80mila, mentre già oggi oltre 20mila giovani studiano nell’area.

Numeri di successo, ancorché il quartiere risenta ancora, per taluni, di una certa perifericità rispetto al centro di Copenhagen e la vita sociale soffra di un certo anonimato. Purtuttavia, la coerenza rispetto al modello originario del Finger Plan e gli elementi costitutivi ne confermano l’indiscussa potenziale qualità urbana.

Estratto da: A. Galanti, Città sostenibili – Cento anni di idee per un mondo migliore, Aracne Editrice, Roma 2018; dal medesimo libro si veda qui su La Città Conquistatrice anche la Prefazione, F. Bottini, Idee di città sostenibile

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