Nota di assestamento sulla demotorizzazione

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Foto F. Bottini

È certamente vero che, enfasi a parte, né in Italia né altrove si stiano massicciamente riscoprendo tradizioni ciclistiche. La grossa novità sta invece nell’avanzare molto sottotraccia del processo di generale demotorizzazione, ricerca, esperimenti, vaghe e sfumate notizie dai «mercati» (pur piene di incredibili contraddizioni per non allarmare gli investitori). L’allontanamento dal dogma del mondo ruotante attorno all’auto in proprietà individuale pare un percorso decisamente imboccato. E in uno scenario del genere certo anche una eventuale locale riscoperta della vecchia tradizione ciclistica urbana e rurale, del genere che piace alle associazioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio (nei paesi in cui tale tradizione esiste o si può ragionevolmente inventare di sana pianta) non va letta in quanto tale, ma nel filone di un più vasto movimento che ci allontana anche dal modello territoriale che si porta appresso.

La cosa a suo modo divertente – un po’ sorprendente per molti – è che a trascinare tutto sia il «mercato»: non certo quello mitico e sacrale davanti alle cui arcane terminologie si inginocchiano politici e pure scienziati, ma quello terra terra della domanda e dell’offerta. Come quando a furia di studiare le propensioni di consumo dei giovani le case automobilistiche si sono accorte che di avere una bella tonnellata di lamiera attorno ai ragazzi non frega quasi nulla. Per adesso si consolano vendendo qualche macchinone cafone succhiacarburante a personaggi folkloristici da rotocalco e ai loro seguaci, ma per esempio va notato come i ragazzini in fondo (anche per fare i bulletti con le pupe) preferiscano lo smartphone ultimissimo modello alle vecchie quattro ruote rostrate. Insomma muoversi ci si muove ancora, e parecchio per fortuna, ma via via vengono meno tutti gli altri presupposti canonici della civiltà auto centrica.

E per tornare al citato allontanamento dal modello territoriale, pochi piccoli spunti direttamente urbanistici: parcheggi densità e verde. Se cambia anche solo l’aspetto della proprietà della vettura, l’enorme superficie che sinora è stata dedicata dal mercato e dai piani pubblici alle auto in sosta diventa automaticamente obsoleta e pronta a nuovi usi. Superficie enorme, se pensiamo che mediamente, al contrario di quanto sarebbe intuitivo, un’auto sta ferma per quasi tutta la sua esistenza (su base quotidiana, oltre 23 ore) ma lo vuole fare in posti diversi moltiplicando virtualmente la piazzola dal garage di casa, all’angolo della via, all’autosilo del centro commerciale al posto coperto davanti all’ufficio. Per funzionare bene i modelli di condivisione dei mezzi, e le relative reti di rifornimento e assistenza, hanno bisogno di densità media di tipo urbano, di quartieri permeabili con sistema stradale a griglia, magari gerarchizzato tra arterie di attraversamento e raccordo, arroccamento, sistema pedonale e ciclabile di corrispondenza. La domanda di mobilità complessa chiama automaticamente una migliore fruibilità e distribuzione di verde e spazi pubblici sicuri e sani di elevata qualità.

E va sottolineato che tutto questo non è un progetto, un auspicio, un programma politico, ma solo una specie di osservazione «futurologica», e di un futuro assai probabile. Di cui le statistiche a proposito del sorpasso della bici sull’auto (in salita, in discesa, qui non conta molto) sono solo una fettina, come una fettina è anche la passionaccia dei giovani per l’ultimo forse rinunciabile prodotto della comunicazione, che però contestualizzato può aiutare tantissimo ad esempio nel gestire tariffe e informazioni sulla mobilità integrata. Resta di sicuro il problema delle nostre città, che si chiamino Parma o Ferrara ed evochino centro storici e scampanellio di biciclette, o Milano e Napoli col classico ingorgo che crea un’atmosfera … irrespirabile. Ma come ci dicono altri signori e per tutt’altri motivi, certi aspetti delle crisi contengono non solo la soluzione, ma speranze di un futuro migliore. Certo c’è da lavorare, per chi il lavoro ce l’ha, e magari per chi ne troverà uno assai utile e innovativo in quella direzione

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