Larga è la foglia stretta la via: più alberature arredi e meno carreggiata per strade sicure

Quando si parla di sicurezza stradale e in genere di migliore abitabilità delle vie, che rappresentano la porzione principale del nostro spazio pubblico di relazione urbana, subito spunta la divisione teorico-politica fra chi vorrebbe «diverse regole comportamentali» e relativi controlli ed eventuale repressione poliziesca, e chi prova recuperando il senso profondo dell’urbanistica modernista a suggerire come «a ciascuno spazio corrisponde una funzione». Nel senso originario tecnico-sociale di provare pur in modo meno brutale e meccanico di quanto tentato a suo tempo, di influire sui nostri comportamenti individuali e collettivi. Certo senza negare l’indispensabilità degli altri approcci diciamo così discendenti che riguardano la progettazione e commercializzazione di veicoli, le regole e controlli sul loro uso e consumo, le specifiche su materiali, accessori, fino ad esempio agli standard urbanistici connessi.

Emerge da ricerche sul campo come manchi nella progettazione stradale una piena consapevolezza dei rapporti tra alcune forme accettate e sicurezza, per esempio l’uso di alberi e verde organicamente inseriti, il rapporto degli edifici con la via (arretramento o affaccio diretto) e altri caratteri tali da riuscire rallentare le velocità medie, e determinare in qualche misura anche la larghezza stessa di vie e carreggiate. La larghezza delle vie ovvero la dimensione trasversale di questo spazio pubblico essenziale, sono il campo in cui si sviluppa una vera e propria «libera concorrenza» d’uso tra veicoli, pedoni e altre modalità di trasporto. Notoriamente vinta nei decenni dall’automobile anche perché ampiamente sostenuta da una fortissima filiera tecnica, normativa, decisionale e culturale, a scapito dello spazio fisico e immateriale degli altri soggetti. Come sarebbe possibile invece «restringere la strada» nel senso di contenere a scopo principale di sicurezza (ma non solo ovviamente) la carreggiata dedicata in esclusiva allo scorrimento veloce dei veicoli a motore?

Il primissimo dispositivo, indiretto apparentemente, da mettere in campo, è la reintroduzione diffusa delle alberature stradali che tanto furono combattute proprio nella grande boom automobilistico di massa novecentesco. Pensiamo in genere agli alberi per la loro funzione ambientale, climatica, estetica, di abitabilità e addirittura valorizzazione immobiliare, ma mai come fattori di rallentamento efficace del traffico. Sia per rilevato sul campo condizionamento dei comportamenti alla guida, sia come parte componente di un nuovo concetto di arteria stradale ed equilibrio tra carreggiata e altri spazi/corsie. Si diceva poco sopra del ruolo degli spazi di sosta (che quantitativamente per esempio vengono sostituiti a volte da superfici verdi) stradali sul ciglio, che secondo alcuni svolgono un importante ruolo di sicurezza «schermando» una corsia dall’altra, così come vengono a volte usati in certi progetti. C’è però da aggiungere che sono i dati stessi sugli incidenti a dirci come spazi e comportamenti di parcheggio siano alla base della minore sicurezza. Come le portiere spalancate addosso ai ciclisti che ne costituiscono una quota rilevante. Quindi anche senza necessariamente discutere gli standard quantitativi di sosta è certo da ripensare il loro ruolo nella progettazione stradale.

La diminuzione della velocità con qualunque mezzo, regolamentare, tecnico o fisico-spaziale, è certamente un metodo indiscutibile e condiviso per accrescere la sicurezza stradale. E riprogettare corsie, carreggiati, rapporti con gli affacci edilizi, meccanismi della sosta, se orientato consapevolmente alla diminuzione della velocità (anziché come fatto per decenni a «fluidificare il traffico») è quindi un obiettivo sicuro, di cui cartelli di Zona 30 o meccanismi del tipo Autovelox sono poco più che simboli e feticci a fronte della riconversione spaziale. Che comprende anche una riflessione meno contestuale sulle tipologie di pista ciclabile, sinora troppo viziata da quell’idea «autostradale» e poco integrata al resto delle componenti e funzioni urbane. Un calcolo sommario del numero di incidenti rafforza questo aspetto, pur quantitativamente premiando come ovvio il costoso e tradizionale tipo a sede protetta riservata quando unito a infrastrutture dedicate agli incroci. E rinviando in generale a riconsiderare in senso prestazionale e funzionale lo stesso impianto urbano-territoriale. Tutti i dettagli tecnico-scientifici a cui queste brevi note introducono, nel recentissimo studio della Johns Hopkins University su sicurezza e sezioni di carreggiata.

AA.VV. Narrowing Travel Lanes as an Opportunity to Promote Biking and Pedestrian Facilities Within the Existing Roadway Infrastructure, Johns Hopkins University, nov. 2023 (free download)

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